All we need Festival inizia il suo percorso itinerante dall’Estragon di Bologna. Un festival che promuove la musica emergente e brinda alla sua “prima” con band e personaggi che però emergenti lo son ben poco: Mariposa all’attivo da più di dieci anni, così come Bugo e Marta sui tubi, mentre i Diaframma da circa una ventina. Insomma, non si parla di emergenti, semmai di musica underground, di nicchia o come volete, ma non “emergente”, un termine che a mio parere si potrebbe dare solo a chi ha all’attivo uno/due pubblicazioni (compresi demo ed ep).
Un’altra piccola critica è da segnalare: non può un festival musicale iniziare alle 21 se la location scelta è un luogo fuori dal centro cittadino perchè sarà ben poco il pubblico che arriverà prima delle 22.
Inevitabilmente giungo al locale qualche minuto dopo “l’ora x” e sento dal parcheggio la musica dei Mariposa: hanno già iniziato!
Dentro all’Estragon siamo ancora in pochi, ma nel giro di un’ora tenderà a riempirsi di pubblico, specialmente giovane attirato da Marta sui tubi e Bugo. Il set dei Mariposa riprende lo stile e gli intenti promossi in Semmai Semiplaya, ultimo disco sfornato dalla band e da Trovarobato. Vecchi brani ripresi in una versione semiacustica e “portatile”, priva di batteria, basso e chitarra elettrici, ma ricca di percussioni elettroniche, tastiere e fiati. Poi ovviamente la voce della nuova cantante Serena Altavilla che dal vivo esalta fortemente i brani più dinamici senza riuscire comunque a spiccare in questa dimensione musicale ridotta all’osso.
E’ giunto il tempo di un pezzo di storia: Federico Fiumani continua a portarsi addosso il nome dei mitici Diaframma e con sé le canzoni di tanti anni di carriera. Il suono è ruvido, proprio come te lo aspetti, proprio come ragazzi della mia età non hanno mai sentito suonare con tanta naturalezza e originalità. Un live dei Diaframma è un tuffo nel tempo, sia per chi l’ha vissuto già e ne vive la nostalgia, sia come per chi ne ha solo sentito le note e le parole dalle cuffie di un iPod, ed ora è stordito, estasiato. Un live breve ma intensissimo, dove ogni cosa sembra essere al suo posto, dove ogni brano in scaletta è un vero e proprio diamante grezzo, che nelle sue asperità brilla di colori persi nel tempo. La cosa che più stupisce è certamente la personalità di Fiumani, che pare essere nato per stare sul palco e non si riesce ad immaginarlo fare altro che suonare e cantare per quanto ciò gli venga naturale.
Al termine del live dei Diaframma la serata segue con Bugo in un quanto mai bizzarro avvicendamento.
La band in gran carriera, poi lui zompando qua e là sul palco dell’Estragon. Un live certamente ben congeniato, che dà però molto peso al lato di puro intrattenimento personale più che musicale. Bugo non sta fermo un istante, si dimena, balla, salta, gira, gesticola e l’attenzione viene completamente catturata da questo, mettendo in secondo piano la band (bravi musicisti che offrivano un suono davvero ottimo) oltre che quella manciata di brani meritevoli che ha in repertorio. Questo è Bugo, ed evidentemente a molti piace ma mi piace pensare che anche la leggerezza deve avere un minimo di classe, cosa che questa sera non ho trovato in un cantante novarese troppo preso a strappare sul momento applausi effimeramente divertiti, piuttosto che belle emozioni che verranno ricordate.
Conclusa la lunga esibizione di Bugo il palco si trasforma ed un tendaggio leggero va a dividere il pubblico dagli strumenti sul palco, pronti per essere suonati. Si spengono le luci del locale e si accende un proiettore. Sul tendaggio le immagini appaiono nitide e sgargianti mentre altre luci illuminano sapientemente i musicisti che si intravedono dietro il velo. L’effetto è affascinante ed il complesso gioco di luci e proiezioni offre uno spettacolo di notevole qualità e fattura. Il concerto va avanti coniugando magnificamente la musica alla curatissima scelta grafica e visiva.
A lungo andare però il peso del velo a dividere chi sta sopra e sotto il palco si fa sentire in termini di partecipazione del pubblico, dettaglio non marginale in un live di una band come i Marta sui tubi: manca la possibilità di seguire ed incrociare gli sguardi dei componenti della band e creare quell’alchimia diretta, che scorre adrenalinica in tutte le direzioni.
Dopo una lunga e contemplativa parte di concerto, fortunatamente il velo viene raccolto e l’esibizione esplode definitivamente.
I Marta sui tubi si confermano un’ottima live band che ha dalla sua una notevole versatilità che la porta a provare nuove interessanti soluzioni di spettacolo, che per ora continuano a tendere all’innalzamento della fondamentale componente musicale, e non a sminuirla a sottofondo.
Terminato il live dei Marta sui Tubi (per la verità un po’ più corto delle aspettative) il palco viene preparato per il dj-set dei Motel Connection. I potenti bassi picchiano nelle casse e bussano alle orecchie di quella parte di pubblico più incline all’elettronica.
La serata si conclude lasciando un pizzico di amarezza per la realizzazione di un evento forse un po’ troppo ambizioso, con una scaletta eccessivamente ricca rispetto al ridotto tempo a disposizione; questo ha portato a condensare le esibizioni di tutte le band non appagando completamente parte del pubblico. (Lost Gallery)
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