Il nuovo tour degli Amor Fou ha toccato anche la calda Bologna nella sempre bella cornice del BOtanique. In questo verde polmone pulsante del centro cittadino la band milanese ha presentato il suo ultimo disco Cento giorni da oggi. Un disco rivoluzionario per la storia della band, e con le dovute proporzioni, anche per la musica italiana rock e pop, che forse troverà in questo inedito crocevia nuovi spiragli di luce e boccate di aria fresca.
Mentre il sole ormai è calato lasciando il trono al blu intenso del cielo, i cinque componenti della band sono saliti sul palco con il volto celato da maschere colorate e dalle forme bizzarre.
Uno spettacolo vero: quello di questi “nuovi” Amor Fou è uno spettacolo che si distribuisce in modo orizzontale seguendo contemporaneamente differenti canali espressivi ed interpretativi. La voce (sempre più importante e precisa), i suoni (più freschi, con l’aiuto dell’elettronica), l’estetica (immediata e di forte impatto), un’attualizzazione voluta ma non meno spontanea dei contenuti (gli Amor Fou vestono i panni di esploratori della società moderna) e perfino una certa teatralità (nelle movenze e nei gesti): questi sono i fattori che rendono il live della band nettamente differente da quelli dei precedenti tour.
É la terza data che propone al pubblico italiano questa profonda e forte virata di stile. Come è normale che sia, certi automatismi sul palco non si sono ancora affinati: un inizio un po’ ingessato si fa dimenticare dopo un paio di pezzi.
Gli zombie nel video di Thriller, La primavera araba, Una vita violenta sono i primi brani di questo concerto che mostra la costante maturazione della band, particolarmente spiccata e evidente nel suo frontman; il canto e l’espressività di Alessandro Raina sono estremamente migliorati in qualità, ed è un piacere osservare queste dinamiche di crescita che fanno apprezzare ancor di più il percorso di un progetto artistico.
Da sottolineare anche la batteria e le percussioni di Leziero Rescigno che si sono reinventate al nuovo suond, senza perdere il ruolo fondamentale che hanno sempre avuto.
Le guerre umanitarie è un magnifico esempio della qualità musicale degli Amor Fou, con il suo preciso e vibrante basso, la chitarra solista di Dottori, e un uso curatissimo dei cori in una deflagrazione pop che ridisegna i confini di genere con il cantautorato.
Con Dolmen, invece, si attacca il suono più duro e potente che il gruppo milanese abbia mai proposto, in parte rivisitandolo ed impreziosendolo. La bellissima ed amata canzone-simbolo del precedente album, De Pedis, si presenta al pubblico vestita con nuovi colori senza intaccare la sua elegante e provocatoria forza.
I colori più sgargianti danzano nella bella e coraggiosa Alì, un brano che coinvolge il pubblico portando tutti ad alzarsi dal fresco prato dei giardini di Filippo Re, per avvicinarsi, sfiorarsi e vivere appieno la musica nella sua essenza comunicativa e sociale.
La funkeggiante Padre Davvero continua a catturare, donando sorrisi anche a chi sul palco riesce finalmente a tagliare la tensione e donarsi completamente in totale libertà.
Un’azzeccata cover di This must be the place (Talking Heads), insieme al caratteristico accenno musicale di Figli delle stelle di Alan Sorrenti, divertono e offrono nuove chiavi di lettura al caleidoscopico mondo degli Amor Fou.
Intensa ed emozionante I volantini di Scientology. Si raggiunge il picco con la bellissima e sognante Vero.
Il concerto si conclude lasciando sul palco il passato che ha preso forma in dinosauri gonfiabili, attaccati alle tavole di legno, legati da un cordino come guinzaglio: si alzano, si abbassano, cadono e si rialzano, buffi e “fuori luogo”. Colorati e innoqui, alcuni un giorno hanno dominato il pianeta. E chissà se pure questi dettagli rappresentano qualcosa di preciso nel complesso immaginario poetico e comunicativo degli Amor Fou? E se fosse solo un gioco? E anche se fosse? (Lost Gallery)
Home / Editoriali / Vero, estremamente e volutamente vero: Amor Fou @ BOtanique 3.0 (Bologna) 25/06/12
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