Nel sesto disco dei Sigur Rós, band islandese considerata da uno come Lucio Dalla tra le migliori tuttora attive (il primo album risale al 1997), non incontriamo quei picchi lirici che si associano al loro volto più noto. Al primo ascolto si ha come un’impressione di staticità, di un decollo che non avviene mai e che si fa aspettare a lungo. Valtari non ha fretta, ma poi sorprende come tutti gli album del gruppo. La stessa magia innata e distintiva, il senso del bello e l’essere indefinibile che appartengono solo alla grande arte. Se non un volo, è un addentrarsi, in boschi freschi d’equilibrio, fra luci che filtrano e richiami sonori (la fotografia che fa da copertina è un’immersione nella natura). L’anima di questo disco ha vari raggi per un unico cerchio come il pianoforte di Kjartan Sveinsson nei suoi respiri profondi (Ég anda, Ekki múkk) e nei tocchi cristallini (Varðeldur, Valtari ) o la voce di Jón Þór Birgisson che filtra bianca attraverso situazioni sempre dilatate. Valtari è un disco che colpisce meno al primo impatto rispetto agli altri della band, ma ad esso ci si può legare in modo ancora più viscerale.
Credits
Label: Parlophone – 2012
Line-up: Jón Þór Birgisson (voce – chitarra) – Georg Holm (basso) – Kjartan Sveinsson (tastiere – pianoforte) – Orri Páll Dýrason (batteria)
Tracklist:
- Ég anda
- Ekki múkk
- Varúð
- Rembihnútur
- Dauðalogn
- Varðeldur
- Valtari
- Fjögur píanó
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