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Hold fast – The Crookes

Nuova prova per il giovane quartetto di Sheffield: dopo Chasing After Ghosts (2011) i Crookes (da non confondersi con i quasi omonimi The Crookers – quanta differenza può fare una erre) si ripresentano al pubblico con un nuovo album. Hold fast non si discosta da quanto già espresso con il precedente disco perseverando con il loro pop a tratti spensierato o romantico.
I Crookes sono dei grandi affezionati della musica che fu e che il Regno Unito ci ha donato in almeno 60 anni di storia musicale, e si sente, ma a molti può apparire banale citazionismo e mancanza di originalità. Trovo però inutile fare i bacchettoni integralisti, almeno nel loro caso: una volta visti dal vivo (in Italia al BOtanique di Bologna, poi Perugia e Roma) si può avere la certezza che l’approccio vintage nostalgico, lo sguardo da piacione del frontman George Waite ed il loro pop non sono altro che un genuino modo di essere. Questa è l’impressione, e probabilmente la chiave del successo di una band tecnicamente mediocre capace però di infilare in un album cinque-sei brani che nella loro semplicità sono praticamente perfetti.
Non sfavillante come il precedente Chasing After Ghosts, il nuovo Hold fast si fa ascoltare con piacere e solo da un paio di brani ci si poteva aspettare qualcosa di più. The I Love You Bridge, per esempio, pecca decisamente di presunzione: un brano che vorrebbe essere una scarna ballatona strappalacrime e che viene caricato eccessivamente da una straziata chitarra che in fondo fa più male alle orecchie che al cuore, non offrendo il giusto supporto ad un brano potenziale ciliegina sulla torta.
Per il resto i Crookes ci sanno fare: il loro pop attuale e patinato appare sgargiante di colori nell’apertura di Afterglow e Maybe in the Dark poi, come passato con un filtro fotografico di stampo vintage, cambia registro nella bella Stars e nei cori e claphands di The Cooler King.
Oggettivamente educata ed affascinante, la voce di George Waite si mette maggiormente in mostra nei brani  melodici, come la lenta Sal Paradise o la più vibrante Sofie.
Verso la fine del disco, l’unico brano da segnalare è Where did our love go, con la freschezza saltellante del basso (il frontman cantante è anche il bassista della band, e ciò dà una direzione netta al suono dei Crookes).
Questo nuovo album è un’altra prova convincente per la band. Ovviamente stiamo parlando di un gruppo che non brilla di originalità ma che riesce a proporre bene ciò che ama della musica. Senza pretese da star che riempono stadi e palazzetti, probabilmente i Crookes sono ben consapevoli che ormai la bolla di british pop degli anni 2000 si è esaurita e per loro resta solo il divertimento ed un medio successo. E forse la garanzia di continuare a sfornare dischi piacevoli finchè ne avranno voglia, senza rimanere impigliati negli  affilati ingranaggi della grande industria discografica.

Credits

Label: Fierce Panda Records – 2012

Line-up: Russell Bates (batteria) – Daniel Hopewell (chitara) – Tom Dakin (chitarra) – George Waite (vocals/bass)

Tracklist:

  1. Afterglow
  2. Maybe in the Dark
  3. Stars
  4. American Girls
  5. The Cooler King
  6. Hold Fast
  7. Sal Paradise
  8. Sofie
  9. Where Did Our Love Go
  10. The I Love You Bridge
  11. Collecting Skies (Bonus Track)

Link:
Facebook, Sito ufficiale

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