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Oceania – Smashing Pumpkins

Dopo lo scioglimento della band, le avventure soliste di Corgan (The Future Embrace) e Chamberlin (Life begins again), dopo l’esperienza Zwan (Mary Star of the sea) c’è stato anche il tentativo di non seppellire il marchio SP (Zeitgeist ed il travagliato – ed ancor misterioso – Teargarden by Kaleidyscope). Pubblico e critica si sono estremamente divisi in questi anni del “post” e “new” Smashing Pumpkins per via del peso di un passato glorioso e mitico per la band di Chicago (facilmente infangabile), ma anche per reali ed enormi passi falsi compiuti da Corgan.
Sono lontanissimi i tempi di Siamese Dreams, Adore, Melloncollie…, ma in questo 2012 Billy Corgan dimostra di essere testardo come pochi, e all’inizio dell’estate è arrivato Oceania. Il tempo, così si dice, cura ogni male, e chissà che non sia la volta buona che riusciremo ad ascoltare gli Smashing Pumpkins con orecchio vergine senza pensare a ciò che è stato.
Impossibile, ovvio. Il bagaglio musicale e tutto il mondo creato da Corgan è davvero troppo imponente per ignorarlo, ma forse è proprio con lo sguardo sulla storia della band che si può osservare e capire meglio questo nuovo disco.
Quasar parte in quinta: un pezzo indiscutibilmente “alla vecchia maniera” dove chitarra e batteria ricalcano fedelmente le sonorità taglienti che hanno reso grandi gli SP.
Chitarra distorta ed un canto che si innalza portano Panopticon ad aprirsi ad un rock-pop gradevole più vicino a quanto proposto dagli Zwan.
Corgan imbraccia la chitarra acustica per l’inizio di The Celestials: un brano intigrante con la voce  protagonista.
Tastiere ed effetti aprono il Violet rays. L’inimitabile canto di Corgan si stende su una batteria dal suono morbido, seconda voce femminile e sempre quelle tastiere di fondo a mantenere il clima cupo e freddo. Il ritornello si accende e la coda del brano si impenna: doloroso e straziante, Violet Rays è una pezzo in cui si riconoscono gli Smashing Pumpkins di una volta, ma con una veste completamente differente; un pezzo di notevole intensità e fattura.
My love is winter prosegue sulla nuova strada senza aggiungere molto di più, ma è in One diamond, one heart che giunge la sorpresa: un tappeto sonoro di tastiere e synth dipingono un paesaggio stellare che nel ritornello si apre ed esplode nei colori. Dolce (probabilmente troppo, veramente al limite, ma comunque piacevole), prosegue con il suo passo leggero, ben progettato ed efficace; peccato per l’arrangiamento generale (specialmente nel finale) che poteva fare la differenza e rendere il sesto brano del disco un piccolo capolavoro pop.
Continua la strada del suono elettronico nell’ossessiva intro di Pinwheels: raggi di sole giocano dietro le fronde degli alberi, fino a quando il vento si placa lasciando spazio ad una brano delicato, quasi una ballata che trova un po’ di energia in qualche classicissimo assolo di chitarra.
Estremamente interessante, il pezzo che dà il titolo all’intero disco, nei suoi nove minuti cambia registro molteplici volte, prima ipnotico, poi nuovamente arioso e leggero.
Lenta e mistica, Pale Horse incanta con eleganza ma non stupisce, a differenza della successiva The Chimera, che pur essendo molto ammiccante, con un rock che punta fortemente al ritornello più orecchiabile e a sonorità immediate e frizzanti, almeno riesce a fissarsi nella mente e stampare un sorriso sul volto.
Ambiente scuro e claustrofobico per l’apprezzabilissima Glissandra; ricerca di luce ed ossigeno nella successiva Inkless.
Chiude il disco il canto libero di Corgan in Wildflower. Sostenuto esclusivamente da tastiere, il corvo nero degli Smashing Pumpkins pare mostrarsi a tutti. Scrolla il suo corpo, e come fuliggine che si dissolve nell’aria il nero lascia il posto al più maestoso candore.
Corgan è e rimane un bravo artista e compositore di brani rock e pop, ma dimostra anche di essere una persona e non una leggenda: le persone cambiano come cambia la vita, mentre le leggende sono fatte apposta per rimanere inossidabili.
Tralasciando ogni, ormai sterile, polemica sull’uso del nome originario della band dal solitario Corgan, ignorando le discussioni proprio di recente sostenute dallo stesso frontman sulla deriva commerciale di talune reunion piuttosto che altre (Corgan attaccò i Soundgarden sostenendo di avere dalla sua un album nuovo da proporre al pubblico, e non solo un nome redditizzio da vendere), lasciandosi solo emozionare e rapire dalla musica, resta che Oceania si offre all’ascoltatore come un buon album. Non convince in pieno, non è un capolavoro, ma riesce a suonare incedibilmente genuino nonostante la forte virata sonora ed un alleggerimento dei testi. In Oceania c’è qualità e sostanza, manca però d’urgenza e impeto, facendosi comunque apprezzare come pochi dischi in questa estate.

Credits

Label: EMI – 2012

Line-up: Billy Corgan (voce, chitarra, tastiere) – Mike Byrne (batteria, voce) – Jeff Schroeder (chitarra) – Nicole Fiorentino (basso, voce)

Tracklist:

  1. Quasar
  2. Panopticon
  3. The Celestials
  4. Violet Rays
  5. My Love is Winter
  6. One Diamond, One Heart
  7. Pinwheels
  8. Oceania
  9. Pale Horse
  10. The Chimera
  11. Glissandra
  12. Inkless
  13. Wildflower

Link:
Facebook, Sito ufficiale

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