Essere italiani e mostrare un’attitudine rock internazionale non è da tutti. Ogni giorno escono dischi di band italiane che cercano di trovare una propria identità, seguendo le orme stilistiche di band straniere rinomate, del presente e del passato. Ma quante di queste band riescono a costruire un disco credibile in ogni brano? Veramente poche… e tra quelle emergenti di questo 2012 ci sono sicuramente i romani Confield che già al primo ascolto non hanno nulla di invidiare ai capisaldi della nuova onda post-punk revival, provenienti dalla terra di Albione e dagli USA. Il loro primo disco (omonimo) ha una densità e intesità che ha sorpreso critica e pubblico. Non siamo davanti ad un esercizio di stile, siamo davanti alla sostanza di chi crede nel rock come unica energia rigenerante della vita. LosHighways, che li ha fortemente voluti sul palco del Rockalvi Festival, non poteva non presentarli ai propri lettori con un’intervista che suona come un il miglior invito a entrare nel loro mondo.
Fin dal primo ascolto colpisce un’attitudine musicale puramente britannica. E’ stato sorprendente scoprire che siete una band romana. Il vostro progetto in lingua inglese risulta credibile ed esportabile. Ne siete consapevoli?
Il nostro è sicuramente un suono internazionale, è vero, perché in Italia ci sono pochi gruppi che usano certe sonorità, e non si può negare che sia molto legato alla scena britannica. Inoltre abbiamo scelto di cantare in inglese, sia perché Gianluca, il nostro cantante, ha vissuto diversi anni a Londra e Washington, quindi si esprime con naturalezza in inglese, sia perché volevamo che la nostra musica fosse apprezzata in Italia e all’estero.
Le mire live dei Confield saranno sicuramente oltre la nostra penisoletta?
Stiamo prendendo contatti con alcune booking agency estere e ci piacerebbe moltissimo riuscire a organizzare un mini tour in Europa al più presto possibile. Nel frattempo attraverso i social network riceviamo molte attenzioni dalla Germania, dalla Spagna, dalla Russia, dal Perù. Ci divertiamo però a suonare anche in Italia, ma quando dici “penisoletta” immagino però che tu intenda quanto sia difficile per la musica “alternativa” avere un seguito nel nostro paese e su questo ci trovi sicuramente d’accordo.
È esattamente quello che intendevo con quel termine! Il vostro sound, pur affondando le radici nell’epoca post-punk/new-wave degli anni ’80, risulta moderno e originale in molte soluzioni. In pratica non si esagera se vi si paragona a gruppi come The National. Mi raccontate questa musica che vi ispira?
Siamo senza alcun dubbio legati alla tradizione new wave e post punk ma con un ascolto attento, però, ci si rende conto che nel nostro disco le influenze vanno ben oltre la new wave e ci piace considerare Confield come un disco rock a tutti gli effetti, senza associarlo per forza a un genere specifico.
Ascoltiamo musica molto eterogenea, dai Fugazi ai National, dagli Einstürzende Neubauten agli Arcade Fire, passando per Autechre, Clash, TV on the Radio e Pulp, senza mai abbandonare le pietre miliari del rock e del blues. E ovviamente se veniamo paragonati a un gruppo come The National non possiamo che esserne lusingati, anche se abbiamo ancora molta (troppa) strada da fare.
Quali sono le principali tematiche delle liriche dei Confield?
Le principali tematiche sono sicuramente la vita, la ricerca della verità, l’amore e inevitabilmente anche la politica.
Gli intarsi di chitarre riescono a raggiungere quel giusto equilibrio tra uncini melodici quasi di marca mainstream e impeti e sussulti più di stampo alternative. Scrivere canzoni di questo tipo non è facile. Come nascono le canzoni dei Confield?
Non c’è un “protocollo” compositivo. Le nostre canzoni nascono da un’idea melodica che può essere del cantante o un altro membro del gruppo. Diamo una prima struttura alla canzone, poi inizia tutto il lavoro di arrangiamento, alcune canzoni sono state stravolte da come erano originariamente concepite. È vero che nei nostri brani c’è una componente mainstream, un tocco “pop”, pur avendo delle sonorità assolutamente alternative, perché cerchiamo di comporre canzoni che riescano ad entrare dentro alla testa e al cuore, canzoni che ti venga voglia di cantare e che ti porti con te anche a musica spenta. Riuscirci e farlo bene, è la “sfida”.
In particolare, mi raccontate la genesi di Hidden Away?
Hidden away è proprio un brano che è cambiato molto nelle varie fasi. All’origine aveva un’impronta shoegaze, alla fine è diventato un pezzo ballabile. Siamo particolarmente legati a questo brano perché è nato in una delle prime prove con la line up completa.
Parlateci del video di questo brano e della collaborazione con il regista Cosimo Alemà…
Cosimo Alemà è un nostro amico. Gli è piaciuto il brano e ha deciso di avviare questa collaborazione. Io (Gianluca-voce) gli ho proposto di girare il video a Sabaudia, dove ho passato la mia infanzia e quindi abbiamo fatto insieme dei sopralluoghi. Le location lo hanno attratto da subito e in una notte ha buttato giù lo script che abbiamo approvato all’istante. Cosimo ha dato una sua interpretazione al mio testo che ho trovato estremamente interessante e originale. Dopo essere stato rifiutato dalle tv di settore per la presenza di un bacio gay e per un minimo di violenza (più sottintesa che esplicita), Rolling Stone Magazine l’ha voluto fermamente e l’ha presentato in esclusiva sul suo sito internet. Ora è visibile su YouTube.
Ci parlate della presenza nel brano nel trailer del film francese 17 ragazze di Delphine e Mouriel Coulin. Cosa pensate del film?
Per quanto riguarda 17 Ragazze, la proposta di inserirla nel trailer del film ci è arrivata dal direttore marketing della Teodora Film che essendo fan dei Confield ha ben pensato di provare a inserire Hidden Away nel trailer italiano. Il risultato ha soddisfatto tutti. La regista del film ha approvato l’esperimento e si è risentita del fatto che non ci abbia conosciuti prima, perché avrebbe voluto inserirla nella colonna sonora del film stesso. 17 Ragazze è un film bello e duro allo stesso tempo. È un film da vedere perché ricorda in maniera intelligente la forza e l’incoscienza di un’adolescenza ormai andata dove non si è disposti a scendere a compromessi.
LostHighways è un sito molto legato alla figura di Ian Curtis. Voi avete partecipato a An Unknown Pleasures Celebration, per il trentennale della morte di Ian Curtis. Nel 2008 in occasione dell’uscita in Italia del film capolavoro Control di Anton Corbijn abbiamo chiesto a diversi artisti dell’underground italiano cosa avesse significato la musica dei Joy Division e la figura del leader nella loro vita. Ecco, che importanza hanno avuto nella vostra vita i Joy Division ed in particolare la figura di Ian Curtis?
I Joy division sono tra i gruppi che hanno segnato la musica di questi ultimi 30 anni. Lo devono sia alle loro sonorità, ma soprattutto al carisma di Ian Curtis, al suo timbro di voce e allla sua capacità di scrittura. Noi tutti ne abbiamo subito il fascino, chi più, chi meno. E suonare con Peter Hook nel suo primo tour in Italia è stata un’esperienza importante e una grande emozione.
Il vostro disco è stato in free-download su soundcloud. Perché questa scelta?
Il disco è stato in free download per un periodo limitato e ora in accordo con la nostra etichetta è stato rimosso. La scelta ci ha portato un’ottima visibilità e il buon passaparola non ha fatto altro che incrementare i download a un numero che veramente non ci aspettavamo. Tante persone ci hanno ringraziato e tante persone hanno acquistato poi il prodotto fisico dopo averlo scaricato.
Il 14 settembre sarete al Rockalvi Festival con cui collaboriamo da anni, cosa dobbiamo aspettarci dal vostro live?
Un live coinvolgente, intenso e all’altezza delle altre band che parteciperanno al Festival. Abbiamo sposato la causa del Rockalvi all’istante e siamo onorati di poter contribuire con la nostra presenza a un’iniziativa così unica e lodevole.