Viviamo in un incubo ad aria compressa. Siamo belve voraci di consumo sistematico. Non ci accorgiamo della desolazione venale e nichilista in cui sprofondiamo ogni giorno. Desideriamo emozioni forti ma poi paghiamo catene di noia. Non vediamo il sottile legame tra uno snack al cioccolato e la mina anti-uomo che fa saltare un bimbo dall’altra parte dell’emisfero. Ancora una volta i Godspeed You! Black Emperor costruiscono la colonna sonora perfetta per questi nostri tempi malati e dannati. Quale dovrebbe essere la principale differenza tra musica indipendente e musica mainstream? L’intensità e la profondità dell’arte pura senza giochetti sporchi. Il potere evocativo della musica nella sua essenza più catartica. I canadesi GYBE sono tutto questo ed altro ancora. Sono rivoluzionari in attitudine e sostanza. Uno dei pochi gruppi al mondo che ha stracciato il velo dell’ipocrisia tra industria musicale ed industria militare nel retro-copertina del precendente album Yanqui U.X.O. Dopo dieci anni la band di Montreal ci riprova senza piani promozionali megagalattici, solo con il passaparola della libertà e della resistenza. Il loro post-rock è andato oltre il concetto di “post”. Siamo in una zona estetico-musicale dove l’uomo approda ad un’esperienza mistica, dove trascende l’ignoto vuoto dell’asfalto che lo circonda e forse apre gli occhi verso la verità e la rottura delle catene della mediocrità. Cinquantatrè minuti di sfogo esistenziale, d’introspezione allucinogena. Il confine tra culture diverse è completamente abbattuto. I GYBE ce lo mostrano in quei droni, in quelle soluzioni d’archi, in quegli impeti rock, in quelle spirali ascendenti, in quei silenzi sporcati da echi in bilico tra colori d’oriente ed d’occidente, dove gli oceani si riconoscono in uno stesso nome acqua, dove comprendiamo di scorrere la nostra vita come fuochi preoccupati. In questo disco c’è il punto d’arrivo dell’evoluzione musicale umana? Non lo so, ma certo c’è quel punto nascosto dell’universo dove la musica di Mahler si incrocia con le ultime frontiere del rock strumentale. Per favore, quando parlerete di questo disco non usate la parola post-rock: siamo già oltre. Per chi vorrebe evadere da questo pianeta. Allelujah! Non piegamoci! Ascendiamo!
Credits
Label: Constellation – 2012
Line-up: Produttori: Thierry Amar – David Bryant – Bruce Cawdron – Aidan Girt – Efrim Manuel Menuck – Michael Moya – Mauro Pezzente – Sophie Trudeau – Karl Lemieux.
Tracklist:
1. Mladic
2. Their helicopters’sing
3. We drift like worried fire
4. Strung like lights at thee primtemps erable
Links:Sito Etichetta
Mladic – Streaming
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