Vengono da Prato. Hanno una certa attitudine alla scrittura di canzoni semplici che arrivano dritte al cuore. Di questo se ne è accorto Paolo Benvengnù che li aiutati nella produzione artistica del loro disco di debutto. Un bel progetto che affonda le radici nella tradizione cantautorale italiana indipendente, dallo stesso Benvegnù fino ai Virginiana Miller. Li abbiamo incontrati per conoscerli meglio.
Come si scrivono “canzoni semplici” che poi arrivano al cuore?
Credo che sia innanzi tutto una questione d’amore. Amore per ciò che facciamo, per il risultato ottenuto e per il percorso sotteso. Ogni canzone “semplice” contenuta nell’album è un’idea nata all’improvviso, nell’impeto imprevedibile di un momento definito, per poi essere smussata e rifinita durante la necessaria fase di arrangiamento. L’idea fondamentale è proprio questa. Indipendentemente dalla complessità della struttura musicale, specialmente nelle parti di chitarra e negli arrangiamenti vocali, è possibile fare una canzone che sia fruibile ad un primo ascolto, ma che sappia regalare anche nuove emozioni durante i successivi ascolti? Scoprire quella chitarra che non avevi percepito prima, apprezzare quel coro o quella particolare frase, in quel particolare momento del pezzo, che ti dà un indefinibile senso di soddisfazione? Noi siamo principalmente cinque persone appassionate di musica. Sappiamo cosa ci piace ascoltare e cerchiamo di essere i primi critici di noi stessi. Dalle domande che, più o meno implicitamente, ci poniamo quando ascoltiamo o facciamo musica, nascono le nostre canzoni in risposta.
Come è nato il nome del gruppo?
È stata una nascita complicata. Volevamo un nome semplice, che in poche lettere potesse racchiudere qualcosa di solo nostro. Da tutte le possibilità proposte e che inevitabilmente finivano per non piacere a tutto il gruppo, è spuntata questa idea del cantante, dalle molte assonanze, da cui è nato il nostro nome, Dee lei.
Il delay è l’effetto più utilizzato nelle chitarre del disco. Di lei è il forte lato femminile presente nelle nostre canzoni, specialmente nei testi. E poi ci sono i nostri ricordi: Dee Dee Ramone, Dee Dee Bridgewater, Randy (Dee) Rhoards. Non è solo un nome, è una parte di noi.
Come è nata Libertà appesa?
Come ogni pezzo dell’album, anche questa canzone nasce da un particolare evento, dalle impressioni che questo suscita in noi. Ho sempre pensato (parlo personalmente in quanto compositore del testo) che certi momenti, fuori dai grandi eventi e dai grandi nomi, siano la vera sostanza di ciò che chiamiamo comunemente storia. Quando i miei nonni erano giovani ci sono state molte persone che hanno fatto scelte importanti, spesso scomode o addirittura rischiose, per non dover scendere a compromessi con le proprie idee. Queste scelte, e parlo in particolare dei giovani che decisero di diventare partigiani, hanno a volte decretato la fine prematura delle loro stesse vite. Nella mia città l’eccidio di Figline, dove persero la vita 29 giovani, viene ricordato ogni 6 settembre, perché al di la di cosa si possa pensare del singolo episodio, il ricordo è ricchezza e ci impedisce di ripetere gli errori del passato. Volevo scrivere una canzone scritta come un pezzo di sessant’anni fa, con un cantato che potesse ricordare le canzoni che quei ragazzi cantavano tra di loro per farsi forza nei momenti difficili.
A quale brano del disco siete più legati?
Ognuno ha la sua preferenza. E per motivi differenti. Diciamo che a tutti piace molto Immobili , così come È finita l’estate e Mare blu. Dal punto di vista affettivo Sogno di volare ha un posto speciale perché è il primo pezzo che abbiamo composto insieme. Il mattino ha l’oro in bocca, si dice.
Le vostre canzoni hanno molti uncini melodici dalla sicura presa radiofonica e hanno testi diretti, poetici al punto giusto senza essere banali. Ci sono tutti gli elementi per arrivare a molti. State raccogliendo i frutti sperati e meritati? Perché “la gente crede solo alla televisione”?
Siamo molto contenti della nostra casa discografica. Sono persone giovani e piene di entusiasmo. Avere persone così che credono nel tuo progetto e ci investono sopra è raro al giorno d’oggi. Le recensioni che abbiamo ricevuto fino ad ora sono piuttosto entusiaste, ed è una cosa che ci spinge a fare sempre meglio. Vorremmo suonare di più live, e stiamo lavorando per questo. Quello che verrà dipenderà dalle opportunità e dalla nostra capacità di saperle cogliere. La gente crede alla televisione perché è comodo. L’essere volutamente poco introspettiva e a tratti banale ne facilita una fruizione quantomeno “spensierata”. L’assorbimento passivo di idee e concetti che coprono i più svariati argomenti, senza elaborazione critica, porta allo sviluppo di una comunità acritica e profondamente violenta. Questo vale per tutti i molteplici aspetti della vita. È indubbio che esistano molti modi per farsi una cultura, per conoscere i fatti, per farsi una qualsivoglia opinione. Ma ciò richiede tempo e passione.Tempo che molti sentono di non avere. Passione che molti non riescono a coltivare adeguatamente. Naturalmente il discorso si estende anche al campo musicale e a come viene esso rappresentato nelle televisioni generaliste.
Come è stato collaborare con Paolo Benvegnù?
Nel 1999 usci Armstrong degli Scisma. Quando compri un album e ne rimani affascinato, l’ultima cosa che ti passa per la testa è che un giorno il cantante che ha composto quei pezzi possa rimanere colpito dalla tua musica. Collaborare con Paolo è stata una sorpresa, una soddisfazione ed uno stimolo continuo. Il mondo della musica necessiterebbe di persone colte ed umili come lui. Probabilmente ci sarebbe più spazio per tante realtà differenti e, ancor più importante, ci sarebbe forse la volontà di lavorare su soggettive qualità musicali di gruppi o singoli, piuttosto che su oggettive speranze di vendita (che non sempre si rivelano tali). Insomma, è stato il primo a crederci. Avrà sempre un posto speciale nei nostri ricordi.
Quanto è importante per voi suonare live? Avete in progetto di realizzare un tour per i club della Penisola?
La dimensione live è sicuramente la più congeniale per un gruppo come noi che elabora continuamente i propri pezzi, non limitandosi a fare “il compito a casa”.Tutto il percorso di composizione, studio, arrangiamento e registrazione è finalizzato proprio a questo. La Rogues Records sta lavorando anche in questo senso, cercando di portare davanti a più persone possibile i risultati del nostro lavoro. Gli aggiornamenti su questo, ed in generale sulla band, si possono trovare sul nostro Facebook.
Quale gruppo italiano vi piacerebbe aprire e perché?
La possibilità di dividere il palco con una band che ti piace ti permette di apprezzare dettagli che altrimenti rimarrebbero sconosciuti, come il modo con il quale le persone affrontano il soundcheck, il tipo di strumentazione ed effettistica utilizzato, il modo con il quale si imposta il concerto. Non ti diciamo un nome in particolare perché, ad onor del vero, non ci siamo mai posti la questione. Inoltre ci sono molti gruppi italiani che ascoltiamo e stimiamo, e in definitiva sarebbe bello aprire per qualunque di loro.
Cinque dischi che consigliereste al vostro miglior amico?
King for a day, fool for a lifetime (Faith No More); The Velvet Underground and Nico; Live at Wembley ‘86 (Queen); Emoh (Lou Barlow); Led Zeppelin III