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Abbattuti da un muro di suono: Drunken Butterfly live @ Arterìa (Bologna) 18/01/13

Nell’autunno del 2012, solo qualche mese fa, usciva l’ultimo album della band marchigiana Drunken Butterfly. Epsilon è un disco duro da mandare giù, di quelli che sono nati e cresciuti per borbottare nello stomaco tutto il tempo, per infastidirti la vita, per ricordarti che troppe cose, in questo mondo, proprio non vanno.
Venerdì 18 Gennaio 2013 i Drunken Butterfly sono approdati a Bologna per presentare dal vivo la loro ultima fatica, versarcene un po’ sulle spalle, scuoterci e rivoltarci come calzini: il dentro per di fuori. A pochi minuti dall’inizio del concerto l’Arteria di Bologna, probabilmente a causa di elementari meccanismi di promozione  completamente saltati o solamente abbozzati, risulta ancora molto povera di pubblico.
Il live inizia con una lunga intro strumentale. Poche note vengono dilatate e distorte fortemente con l’uso di un sintetizzatore richiamando un po’ di pubblico dalle altre due sale del locale. Il set dei Drunken Butterlfy può iniziare, ed è la batteria di Fabrizio Baioni a dimostrare fin da subito dove sta la differenza tra il live ed il disco. Le pelli pestate con forza rimbombano nelle orecchie e nell’addome dettando l’incedere di questa esibizione magnifica e devastante.
Batteria sulla sinistra, chitarra-voce-synth a destra, al centro Giorgio Baioni, posizionato di tre quarti dando quasi le spalle al pubblico con il suo basso e un altro synth; in fondo al palco campeggia un telo cerato con il logo della band: un codice a barre e la scritta “DRNKNBTTRFL”. Semplice, immediato, efficace.
Le vibrazioni delle onde sonore mettono a dura prova il corpo dell’ascoltatore: seguire il concerto è una fatica alla quale non si riesce di fare a meno. I brani si susseguono creando alla perfezione il clima avvolgente e soffocante che Epsilon vuole trasmettere. Completamente incentrati sui temi del controllo mentale e della dittatura mediatico-psicologica, i pezzi riescono a posare uno dopo l’altro il peso della loro verità. Macigni, sudore, potenza, e solo qualche boccata d’aria con la chitarra elettrica di Lorenzo Castiglioni che subentra di rado, quando davvero l’ossigeno viene completamente a mancare.
Siamo sotto bombardamento, ma invece di scappare la gente arriva, si ferma ed ascolta. Sempre più persone si fanno percuotere il corpo e l’anima, riempiendo gli spazi della sala che ospita il concerto. Un pubblico estremamente vario ed eterogeneo si ferma ad ascoltare i suoni distorti dei synth ed il cuore pulsante della travolgente sessione ritmica.
Quello dei Drunken Butterfly è stato un live che difficilmente dimenticherò, che sicuramente da qualche parte mi ha lasciato qualche livido nero. Grande prova per una band capace di offrire una tra le più potenti performance dal vivo ora in circolazione sul suolo italico, senza mettere da parte la qualità dei suoni e la coerenza artistica.
L’ultima nota, di polemica, va al sistema che governa alcune realtà dell’offerta culturale e di intrattenimento bolognese (e sicuramente non soltanto bolognese). A Bologna, si sa, l’offerta culturale è fortunatamente molto ampia e varia quindi un minimo di promozione è necessaria al semplice fine di far conoscere l’evento nella fitta agenda del week-end, e questo non può essere un onere a solo carico delle band. Ci si ritrova spesso in questa triste realtà nella quale i locali promuovono enormemente il dopo-concerto con il dj-set e pochissimo il live (con tanto di flyer errati), spingendosi fino ad offrire gratuitamente l’ingresso al concerto, e creando ad arte l’importanza del dj-set definendo per questo l’ingresso a pagamento. Non si vuole incolpare nessuno di niente, ma si cerca di porre la luce su alcuni paradossi che trovano spazio nelle città in cui viviamo; stratagemmi commerciali che possono anche essere comprensibili da un punto di vista imprenditoriale, ma sono intollerabili se si considera il valore culturale di un’attività del genere: se un locale si vuole definire “live club”, sugli eventi di musica dal vivo deve puntare tutti i propri sforzi ed il resto deve andare in secondo piano.
La serata oggetto di questo report è stata comunque goduta da un buon numero di persone, anche se poteva essere ben di più consistente. Con un po’ di efficienza, impegno vero e interesse ci avrebbero guadagnato tutti: il locale avrebbe avuto più avventori, la band in tour sarebbe riuscita a raggiungere più persone, ma soprattutto ci avrebbero guadagnato proprio quelle genti che, non per colpa loro, si sono perse questo grande concerto. La musica è un’opportunità da vivere, e non da sfruttare.

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