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Un ritorno intenso: intervista a Libera Velo

Dopo una pausa che lei stessa ha definito “biologica”, torna la passionale e splendida Libera Velo. Napoletana, colma di tutto ciò che le redici e l’appartenenza alla terra significano, carica di un’energia irresistibile che la porta oltre, sperimentando con gioia e desiderio. Folk, blues, psichedelia e teatralità si mescolano nel suo modo di intendere e fare la musica, viaggiando insieme a collaboratori di gran calibro. Perchè Libera condivide, unisce. Rizoma contro albero (Octopus Records) è il disco del suo ritorno, dopo Riffa del 2007. Non è solo un disco, è il vibrato spirituale e carnale di una donna speciale capace di coniugare l’impegno sociale con il senso più alto e delicato dell’arte. L’ho incontrata, sotto un albero, in un sogno notturno che, meno male, ha il sapore del reale! (Foto di Max Schleier)

Un rizoma rigenera anche in condizioni sfavorevoli. È la chiave per interpretare il senso dell’intero lavoro? Una sequenza di dieci tracce che guardano la luce, che traducono un atteggiamento di fiducia, di positività?
I Dialogues tra Gilles Deleuze e la sua allieva Claire Parnet sono la lettura che mi ha aperto la porta verso la Rizomatica e un divenire-filosofia che passa attraverso noi gente comune e che la storia della filosofia non giunge nemmeno a classificare. Con questo disco ho voluto concepire un manifesto fatto delle tante esperienze di contaminazione, condivisione e autorganizzazione che mi hanno formato e che considero l’unica strada percorribile per migliorare la realtà per tutti con tutti. Antonio Negri, appena 15 anni fa, scriveva recensendo Deleuze, che l’ottica Rizomatica è resistere nel quotidiano al quotidiano, vivendo con dolcissima radicalità;  è una frase che mi sento molto addosso e che spiega anche l’Arborescenza in termini negativi come potere gerarchico e normalizzatore, estetica canonica e modaiola, mancanza di personalizzazione, abbrutimento alle regole del puro profitto, abnegazione al maschile! Tutto è diretto e spinto dall’unico grande motore possibile,  il Desiderio, che non è sogno passivo, né fede, né solo volontà! In condizioni sfavorevoli ci deve essere la ribellione e quindi la resistenza e l’autocostruzione di un miglioramento. Non è una questione territoriale o solo sociale però, ma  ormai più antropologica, di specie e di evoluzione.

Rizoma contro albero. Un titolo che prende in prestito dalla natura una metafora splendida, sia esistenziale in senso lato che biografica. Me ne parli? E dimmi soprattutto del suo legame con un’esperienza così forte e assoluta come la rigenerazione in chiave femminile, alludo alla maternità
La maternità (e in parte anche la paternità!) è  la fase, dal preconcepimento in poi, in cui veniamo più a contatto con i nostri limiti e lasciamo l’idea di essere al centro dell’universo per liberare finalmente tutti i sensi e sentirci un tutto con la Natura, la vita e la morte diventano una cosa sola, meravigliosa e soddisfacente senza bisogno di altra “maraviglia” che quella mossa in noi dall’esistente, direi che la maternità mi ha avvicinato ancora di più al culto del tè (teismo) e allo Zen! Senza sogno, ma con Desiderio, siamo madri migliori, non soffocanti e autolesioniste, più pronte a lasciare crescere i nostri piccoli rizomi liberi di soffrire, sbagliare e desiderare.

Dimmi delle direzioni sonore di questo disco. Raccontami il blues, il folk secondo Libera…
Il blues, il folk e l’energia vocale primitiva sono la fissazione di tutte le mie ricerche anche da allenatrice-stimolatrice vocale. Ognuno ha nel ventre la sua grezza energia vocale, il proprio blues rannicchiato nel pavimento pelvico. Non è mai superfluo allungarmi sugli sgomenti che le più belle voci nere, bianche o creole o altro ancora hanno storicamente trasferito in voci rotte e sensazioni uniche per noi ascoltatori. Inoltre ho avuto la fortuna sul mio percorso, ormai quasi 10 anni fa, di imbattermi in Antonio Alfano, chitarrista e amico con cui condivido l’amore per il blues, abbiamo composto insieme gran parte dell’album.

La tua voce è uno strumento aggiunto, estensione di un’emotività che traduci in modo perfetto, così in equilibrio tra le tue radici mediterranee e un’attitudine che ti avvicina a certe voci che mi portano in America. Come vivi la tua voce? Che percezione intima ne hai?
Cerco solo di liberarla e di non giudicarla mai troppo mentre canto e sperimento, perché così vengono fuori le storie più radicate in fondo e nei pori…poi scelgo, puramente secondo il mio gusto, e sono in questo piuttosto autocritica! È sempre un’esplorazione tra Acqua e Fuoco, un cercare di far convivere questi due vitali elementi… credo che sia così in tutto ciò che è artigianalmente creativo.

Una voce femminile italiana e una straniera con cui senti di avere delle affinità e con cui ti piacerebbe mischiare la tua…
Di italiane amo le voci femminili anarchiche e popolari, pronte a cacciare la pantera nel timbro quando occorre: Fausta Vetere, Paola Nicolazzi, Gabriella Ferri, Teresa De Sio, Nada, come possibili duetti impossibili! Per fortuna c’è un bel fermento musicale femminile indipendente italiano (Marta Collica, Ilaria Graziano, Petrina…). Allargando gli orizzonti, Victoria Legrand (dei Beach House), Feist che suona leggiadra ma forte, e il suo Metals (scritto in un periodo contemporaneo al mio) è Rizomatico e strutturalista quasi quanto Rizoma contro Albero… chiaro che io, non solo non suono la chitarra come lei, che mi fa impazzire, ma ci ho messo pure una vita, dati i tempi di difficoltà e la maternità italica, a realizzarlo e finirlo! Concedetemi un paragone azzardatissimo!. Poi… Niobe, Scout Nibblet,  Larkin Grimm, grande Joan as Police Woman (peccato il nome che io cambierei, telefilm o no!). Sono troppe per sceglierne due!

Qual è il brano che consideri il centro di Rizoma contro albero? Quello che ne esprime il senso, in parole e suoni.
Il brano centrale del disco  è Zenzero 6, una canzone molto cool newyorkese sul Sesso Rizomatico e la sua essenza rivoluzionaria, ultima traccia del disco, ma prima canzone buttata giù intera, col mio ukulele appena ordinato, nel lontano 2008! Col senno di poi, è chiarissimo che sia anche una canzone premonitrice-preconcezionale!

Ne Il punctum canti: “La coscienza la porti dove vuoi, dove i sogni non contano niente”. Spiegami… D’istinto, ci leggo molto di te, della tua visione delle cose…
Penso di aver spiegato bene, nel mio dilungarmi sulla prima risposta, quale sia la differenza tra Sogno e Desiderio. Il Sogno può essere frenante e anche abbagliante oggi; faccio l’esempio dei talent show allucinanti che fanno intascare milioni alle major e ai produttori di format televisivi, mentre i ragazzi, spesso davvero talentuosi, sono meteore che non sanno come cavarsela senza manager, agenti e stilyst! Produzioni dal Basso o Musicraiser sono invece soluzioni rizomatiche al problema, ma anche occupare dei luoghi inutilizzati e farci sale prove, camere oscure, librerie… sei d’accordo?

Certo che sono d’accordo…
La Memoria darà ragione alla nuova generazione e il Pensiero erediterà quello che l’avanguardia ha spinto prima… il punctum è lo sprone ottico, ciò che vedi anche tardi, in una foto, e che dà il senso a tutta l’immagine, la chiave per entrare nella testa del fotografo che ha scattato. Mia nonna Lucia era fotografa e insegnò il mestiere a mio nonno (!) e prima di lei il mio bisnonno, mio padre e mio zio sono fotografi, io sono stata fotografa per anni e forse lo sono ancora, ma non tocco una macchina dal 2006. Roland Barthes me lo ha fatto conoscere mio padre regalandomi il saggio La camera chiara a 17 anni.

Jimmy’s blues. Parlami di questo brano…
Laura Dukes (little Laura) è una donna del blues poco conosciuta e bravissima! Volevo solo farle un omaggio e un sottinteso ringraziamento. Sono anni che scelgo canovacci melodici da insegnare al pubblico ai nostri concerti, canzoni con strofe e ritornelli facili da imparare e distribuisco i testi con scritto autori, traduzione a accordi come “distribuzione clandestina di controcultura” a cura di L.V. (Strange Fruit, La Llorona, Il Galeone, Goodnight Irene, Il suonatore Jones, I tuoi occhi sono pieni di sale, Villanella di Cenerentola e ora Jimmy’s Blues… Holiday-Allen, Tradizionale Messicano, Pedrini-Nicolazzi, Ledbetter, De Andrè, Gaetano, De Simone, Laura Dukes).

Rizoma contro albero racchiude una serie di collaborazioni che fotografano il meglio della scena campana. Vorrei che scegliessi delle parole per ciascuno dei nomi che ha impreziosito le tue canzoni…
Antonio Alfano ha una grande sensibilità artistica e nelle sue chitarre ci trovi tutto, ritmo, armonia, malinconia e forza vitale! Renato Minale è il treno dei 24grana, il battito carnale, ha messo delle batterie meravigliose nei miei dischi! Marta Riccardi è una grande donna e questo lo senti nel suo basso! Alessandro Innaro è il suono basso che sempre avrò nella pancia perché abbiamo suonato insieme durante la mia gravidanza e ha un suono unico! Fulvio Di Nocera è un uomo e un musicista eccezionale, il suo contrabbasso o basso mi lasciano sempre in apnea! Fausto Ferrara è stato un compagno di viaggio importante e ho dei bellissimi ricordi con lui e della delicatezza del suo piano! Sasha Ricci  è il primo piano che mi ha accompagnato in Strange Fruits a Officina 99, mi ha sempre spronato a cantare, è un  grande Maestro di strada, oltre che il perfetto incontro tra jazz e musica sporca! Dario Sansone è stato il mio primo allievo, siamo cresciuti un po’ insieme ed è una spugna, penso di conoscere la sua voce meglio di lui,  assorbe le esperienze e cresce sempre, è un autore di Fuoco! Claudio Domestico mi fa sempre venire i brividi, qualsiasi cosa canti o suoni, è intenso come un tè rituale! Pietro De Cristofaro è il canto a cui ambisco, ma non arriverò mai a quella “voce rotta” meravigliosamente centrata anche se lurida, impazzisco per i suoi dischi! Giuseppe Fontanella è per me l’emozione della prima volta (è con lui che ho cominciato a scrivere canzoni, quando avevo 14 anni!), è un musicultore di grande sensibilità e sia in veste di chitarrista-stregone che come produttore-Octpus, è sempre un privilegio collaborare e condividere visioni e crescite insieme. Ciro Riccardi è stato anche lui spesso un compagno di sessions notturne napoletane… versatilissimo e impegnato, la sua tromba ha un suono puro, lui è un Maestro baciato dalla grazia dell’originalità! Aurora Arenare è un’amica di Ciro, l’ho conosciuta in studio ed è stato amore… con la mia maglietta “Vaginal Trips” era bellissima al trombone!

Sono nomi che non vogliono far  troppo rumore, che conoscono la discrezione della qualità seguita nell’onestà e nella trasparenza dell’ispirazione. Perché per i campani è così difficile varcare i confini territoriali? Cosa c’è che non va, a livello sistemico, in una scena così ricca?
Ognuno di noi fa e ha fatto del suo meglio per cambiare la situazione della musica  e dell’arte-artigianato campano sotterranei; a Napoli c’è sempre stato fermento culturale da quando mi ricordo, diciamo che prendo in considerazione dal 1988 a oggi, perché prima ero una bambina. Tutti noi abbiamo occupato o autogestito luoghi per la musica, organizzato iniziative culturali, invitato gemellaggi, viaggiato per portare linfa, passato ore a costruire manualmente spazi per provare, suonare, comunicare, scambiare idee. Ci sono state e ci sono fanzine indipendenti, factory artistiche, laboratori fotografici sperimentali, etichette e case editrici, homegallery, stilisti di strada  e quanto altro vuoi tu! Forse in altre città europee non ci sono tutte le energie creative che ci sono qua, non è un caso che chi viene… resta storicamente! Credo che l’unico dato sistemico sia economico, mio malgrado devo ammettere e accettare, a quasi quarant’anni, che tutto ciò che pullula sotto e sopra il Vesuvio sarebbe aiutato a preservarsi e a lasciare un po’ di scia da seguire alle nuove generazioni, se ci fossero un po’ di energie economiche in più. Qui tutto si ferma a questo, ma non si ferma mai… l’arte dell’arrangiarsi ci fa essere più forti e resistenti ma non per questo è giusto arrangiarsi! Hai toccato un nervo dolente: io cerco sempre di tirarmi dentro al mio lavoro altre storie e altri linguaggi non solo per aiutarci a vicenda, ma perché sono talmente tante le teste eccezionali che a volte ho l’imbarazzo della scelta su chi  coinvolgere. Vedrete parecchi videoclip delle canzoni di Rizoma contro Albero, proprio in quest’ottica dell’affidare il tuo lavoro alle visioni di altri artisti campani, collaboro con la  “Semmai factory” che mi ha fatto delle pupazze bellissime a forma di zenzero (“flabby”)  per i concerti, con un’amica che fa catering originale (Marina Mosca), che prepara dei biscottini di pan di zenzero a forma di omini per il mio merchandising…vabbuò, diciamo che ognuno fa quel che può, siamo coraggiosi e continuiamo!

Se ti chiedessi le differenze tra la Libera di oggi e quella di Riffa del 2007, tu quali sottolineeresti?
In Riffa avevo il dovere di buttare fuori un po’ di cose conservate da troppo tempo per indecisione e, spronata, ci sono riuscita; ora ho avuto il dovere di fare uscire delle belle canzoni e un bel disco che ho rallentato per la maternità e su cui ho lavorato troppo. Prossimamente non avrò più nessun dovere verso me stessa quindi la mia musica sarà finalmente libera!!

Due costole dei 24 Grana hanno lavorato al tuo fianco. Uno scambio che continua nel tempo…
I 24 grana sono la mia famiglia e la mia navicella madre…

Il live ti mostra camaleontica regina. Riesci a dominare la scena con una teatralità così naturale. Cosa dobbiamo aspettarci dai prossimi concerti?
I concerti di Rizoma contro Albero saranno molto caldi,  in senso stretto, siamo in quattro e in qualche occasione speciale saremo in sei; lavoriamo ad un suono sensuale e femminile e i concerti fatti finora sono andati molto bene! La teatralità lo ereditata da mia madre… e mia figlia  l’ha ereditata al quadrato!
Grazie per la piacevolissima e Rizomatica conversazione!

Grazie a te, Libera! Incontrare donne come te fa un gran bene…

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