In questo 2013 i Marta sui Tubi hanno raggiunto lo status-mediatico del “non c’è bisogno di presentazioni”. Mica poco per una band che dieci anni fa (sulla carta tanti, ma in realtà sembra ieri) suonava all’incrocio tra le vie del Pratello e Pietralata a Bologna, con un cappello in terra.
Li abbiamo incontrati nuovamente dopo uno showcase organizzato da La Feltrinelli e tenutosi nella galleria Acquaderni, a due passi dalle due torri. Intervistati da Laura Gramuglia, i tre presenti (Giovanni Gulino, Carmelo Pipitone e Mattia Boschi) hanno ripercorso la loro storia con divertentissimi aneddoti (come i sold-out nel localino sotto casa con soli cinque tavoli e le corde che si rompevano: “aspettate un minuto che salgo a prendere quelle nuove!”). I Marta sui Tubi sono in fondo sempre loro, quelli che vogliono divertirsi e che mettono tanta passione in ciò che fanno. Dopo un paio di altre interviste, tocca anche a noi rivolgere a loro qualche domanda nell’intimità di una saletta chiusa al pubblico. I ragazzi sono di fretta tra i tanti impegni che hanno riempito il programma della loro giornata. “Scusami, ma i tempi sono strettissimi: chiamo il taxi… hai cinque minuti!” mi dice Andrea, sorridente e frenetico tour manager della band. Questi quindi sono i cinque minuti, diventati quasi otto, di cordiali chiacchiere tra risate e momenti di lucidissima serietà. (Si ringraziano Cyc Promotions e BigTime. Intervista realizzata con la collaborazione di Catia Manna; foto di Emanuele Gessi)
Cinque, la luna e le spine è un disco molto curato, con alcune soluzioni sonore assolutamente nuove per i Marta sui Tubi. La conferma della partecipazione a Sanremo ha sconvolto i vostri precedenti programmi, rivoluzionandone la tempistica: pensate che sarebbe stato meglio avere avuto a disposizione più tempo?
Giovanni: Ascoltando il disco, direi di no. È stato meglio che le cose siano andate così perchè probabilmente il disco sarebbe andato sicuramente in una direzione diversa. Probabilmente sarebbe stato ancora più curato, che non è sempre detto sia un bene. Noi le canzoni le avevamo già da prima della conferma di andare a Sanremo, quindi al massimo sarebbe uscito un paio di mesi più tardi.
Carmelo: Comunque noi siamo sempre stati abituati così, anche perchè senza un po’ di “pepe al culo” noi ci sediamo e ci annoiamo! E le cose poi si protraggono…
Mattia: Certo che un paio di cose diverse… due giorni in più: non è che sarebbe servito a tanto!
Ricordo che tu, Carmelo, avevi fissato delle date con Nicolas J.Roncea che poi sono state annullate proprio per il lavoro in studio…
Carmelo: Sì, avevo quell’impegno. Ma chiaramente è stato lui stesso a dirmi: “Senti, annullo tutto”, capendo la situazione. Ci è dispiaciuto ma non c’erano altre possibilità.
Lo spettacolo, il live, è stato per voi sempre la dimensione naturale dell’espressione della band, con situazioni molto curate anche per quanto riguarda la scenografia. Penso a La Notte delle Coincidenze al TPO di Bologna, ma anche al concerto per Lucio Dalla al MiTo, con ospiti ed un clima magico… Ogni volta, anche dal punto di vista estetico, c’è da parte vostra una ricerca: non avete a volte il timore di “non poter fare di più”? Io se fossi un artista vivrei con questo terrore…
Giovanni: Hai ragione, però noi abbiamo la fortuna di collaborare con delle persone creative che ci danno dei suggerimenti, quindi ci consigliano e portano delle belle idee. Per esempio il nostro tecnico luci, che ci segue ormai da otto anni, è l’artefice di tutto quello che vedi sul palco oltre agli strumenti e a queste nostre facce! Questa sera ci saranno degli specchi, un bel fondale, un gioco di luci particolare. L’ultima volta all’Estragon c’era un telo-zanzariera davanti a noi sul quale venivano proiettate delle immagini. Sono soluzioni che ci piace adottare; la musica rimane sempre al centro ma anche il resto ha importanza.
Carmelo: Tante storiche band, vedi i Pink Floyd, facevano quelle cose in modo più o meno eclatante e complesso. Queste soluzioni vanno a compensare quella parte di spettacolo che il musicista non può soddisfare.
Mattia: Comunque non viviamo il pensiero di “doverci inventare qualcosa ogni volta”. Nasce tutto in modo naturale.
Parliamo di Lucio Dalla: quali sono per voi le sue eredità sul piano artistico e personale?
Mattia: Il più grande insegnamento personale che un artista di questo calibro abbia dato a me è di non dimenticarsi mai di quanto conti essere umili, restare sempre con i piedi per terra e soprattutto di non prendersi mai troppo sul serio nonostante si metta tutto l’impegno e la passione in un mestiere che, chi lo fa lo sa benissimo, riempe la vita da quando ci si sveglia fino a quando si va a dormire. Per quanto riguarda il piano artistico lo si può immaginare… Proprio l’altro giorno ripensavo a quando Dalla ci ha parlato del suo incontro con Chet Baker, di come lui si sentisse piccolo di fronte a Baker, e di come la sua vita si sia ingigantita dal punto di vista umano ed artistico dopo quell’incontro. Ecco, così è per noi.
In tanti sono saltati dalla sedia quando hanno saputo della presenza di un brano scritto in inglese…
Giovanni: Davvero sono saltati?!
Carmelo: Persino in Russia urlavano “NIET! NIET! NIET!”
(si ride, ndr)
… Forse non ricordavano che anche dalla lingua inglese i Marta sui Tubi sono arrivati. All’inizio, nei vostri primi concerti, c’erano tante cover del repertorio americano ed inglese. Pensate mai di riproporne alcune nei live?
Carmelo: All’inizio facevamo praticamente solo cover di artisti che ci hanno sempre influenzato. Violent Femmes, Jeff Buckley, Gomez, Nick Drake…
Giovanni: Pixies, Mad Season…
Carmelo: Ora abbiamo però cinque dischi da suonare e non c’è spazio per le cover!
Giovanni: Nel precedente tour abbiamo sempre ritagliato uno spazio del concerto per dedicarlo a Lucio Dalla e alternandole abbiamo proposto un bel po’ di sue canzoni. L’ultima volta qui a Bologna abbiamo avuto ospite Cristiano Godano (Nuotando nell’aria, ndr), spesso abbiamo avuto con noi Paolo Benvegnù e suonato alcuni suoi pezzi… quando ci capita lo facciamo.
Carmelo: Per quanto riguarda i gruppi inglesi/americani che ci hanno influenzato, abbiamo un po’ tralasciato l’esecuzione di loro cover nei nostri concerti perchè abbiamo un’identità italiana e vogliamo che venga fuori quella.
Giovanni: Non si sa mai che questa canzone (Vagabond Home, ndr) sguinzagliata su YouTube… insomma, metti che piaccia a qualche norvegese, ci facciamo incidere in Norvegia!
In Grandine si canta: “da quello che mi dicono, i poeti non esistono più”. Cosa significa? Dobbiamo credere a questa voce?
Giovanni: La frase mi piaceva molto come suonava. Poi, ovviamente, è un punto di vista e non una critica in assoluto. A volte capita di non riuscire ad appassionarsi a qualcosa, forse anche per ignoranza personale o perchè non si ha qualcuno capace di suggerire di ascoltare della musica buona o leggere un bel libro. Il brano parla di questa alienazione totale, dovuta all’incapacità di trovare qualcosa in cui rispecchiarsi.
Un giorno mi sono ritrovato in mano una di quelle riviste con servizi “sanremesi”. C’era un reportage fotografico per ogni concorrente del festival. Il vostro era stato scattato all’interno di una camera d’albergo con letto a baldacchino, carta da parati con motivi floreali che nemmeno i Baustelle… era davvero una delle vostre stanze?
Tutti: Ah, sì! (ridono, ndr)
Carmelo: Una volta la Cortellesi faceva lo sketch dell’inviata nei camerini! È davvero così, tutto studiato: “allora entriamo nella stanza… andiamo a vedere come vivono…”, come se non ci fossimo messi d’accordo prima per dare il consenso ad entrare!
Mattia: Si voleva fare il verso a quel tipo di situazioni.
Giovanni: Però era davvero una delle nostre stanze. Era quella del batterista che là dentro faceva il sultano con il baldacchino. Comunque se vai a Sanremo devi fare tutto. Non puoi fare il puzzone!
Carmelo: Quest’anno noi abbiamo deciso di fare tutto. Se ci avessero chiamato a La vita in diretta noi saremmo andati! Ci vuoi come opinionisti? Benissimo: poi però ti accolli tutto ciò che consegue alla scelta di averci invitato!
Il taxi è arrivato e i ragazzi scappano di corsa, senza dimenticare però abbracci, pacche sulle spalle e ringraziamenti per la chiacchierata per la quale sono io, invece, a dover ringraziare loro.
La serata all’Estragon è stata bella e ricca di sensazioni splendide. Sul palco i Marta sui Tubi hanno dimostrato ancora di essere davvero “una tra le migliori live band italiane” (come disse Lucio Dalla), e questo lo si nota non solo per l’intensità e la bellezza dei suoni, ma anche per la destrezza con la quale aggirano e superano i problemi tecnici che la dimensione live rende inevitabili.
I concerti dei Marta sui Tubi sono speciali anche per il pubblico. C’è sinergia tra sopra e sotto il palco, c’è complicità. È bello, inoltre, vedere giovanissimi, trentenni, bambini ed anziani tutti insieme. In particolare ho visto una coppia di anziani, sorridenti. Osservavano il palco e si guardavano anche intorno. Sembravano felici di ciò che vedevano, delle emozioni che si potevano vivere. Felici di fare parte di quella gente, piccolo ma bellissimo spaccato di società.