Torna all’attenzione di critica e pubblico un gruppo che ha fatto del pop il proprio codice d’espressione, aggiungendovi originalità e sapienza, contaminazione e sperimantazione. Un gruppo che ha sempre declinato le canzoni nel segno della nostalgia e della leggerezza, come un sorriso che spunta improvviso dopo un pensiero cupo. Cari lettori, vi presentiamo i nuovi Perturbazione, quelli che centrano i punti più importanti del genere pop, la sintesi e l’immediatezza. Dopo il lancio del singolo La vita davanti, Musica X, ovvero il sesto capitolo in studio della band di Rivoli, avrà una prima distribuzione sui generis come allegato di XL de La Repubblica a partire dal 6 maggio. Un lavoro che, in una manciata di dieci canzoni, gioca agli opposti, facendosi, ancora una volta, specchio di quello che siamo, perfettamente inquadrati nei nostri anni. (La vita davanti è in streaming autorizzato)
Per il sesto lavoro in studio i Perturbazione usano una parola: “complessità”. E lo fanno sottolineandone la sua possibile aderenza alla musica pop. Parlami della complessità di questi 35 minuti e rotti di profondità leggera…
Etimologicamente il “plesso” è un intreccio. Il “complexum” è qualcosa che tiene insieme queste differenze, una sottolineatura delle divisioni che sono presenti ma anche di ciò che le unisce, questo “cum” (gli anglofoni non pensino male, la pagina dopo questa parola, verrà indicizzata su moltissimi motori di ricerca).
Siamo arrivati a concepire questo disco dopo una serie di riflessioni, sia individuali che di gruppo. Vale ancora la pena fare musica in Italia oggi? La musica è solamente una categoria di consumo, il propellente per l’industria dell’intrattenimento. Sono solo i numeri che la legittimano? Abbiamo i numeri sufficienti per permetterci di continuare? È possibile tenere insieme noi stessi, la musica che facciamo, la risposta che vorremmo e che chi ci ascolta vuole da noi? Apparentemente “tutto è come al solito”, in fondo, al netto di tutte queste riflessioni, “noi non siamo diversi dal resto”. Siamo nell’epoca del “tutti contro uno”, altro che unovaleuno. Saremmo riusciti a portare tutto questo all’interno di un disco, ma più che un disco, un prodotto discografico? In modo da poter essere gli accusatori e il motivo dell’accusa, “il giudice e la colpa”. Perchè oggi tutto sta lì. Non ci sono due fazioni che si contendono la verità (cosa che vorrebbero farci credere), la musica buona e quella no, ma tutto è complesso e intricato. Cerchiamo di guardare il nostro occhio con il microscopio, ma si trova esattamente dall’altra parte della lente. Ne cogliamo un riflesso che quasi disturba la visuale.
È possibile cercare di rappresentare questa complessità in 35 minuti di music pop?
Questa è stata la nostra sfida.
Tornando al minutaggio di questo disco, posso dire che dunque la complessità e il pop vivono di sintesi, di immediatezza?
Esatto. Tutte queste parole dette in precedenza sono solo delle elucubrazioni ex post. Ciò che rimane è quello che è stato prodotto. Dopo Del nostro tempo rubato, una vera e propria esplosione, una sorta di campionario di quello che siamo e non siamo in grado di fare, era giunto per noi il momento di cambiare approccio. Ci sentivamo in dovere, rispetto a noi stessi, di provare anche questa possibilità.
Cosa mi dici di Calvino? Di colui che sembra aver profetizzato la vostra evoluzione stilistica?! Trovo che la citazione da Lezioni americane a proposito dell’agilità dell’espressione, intesa come libertà, equilibrio degli opposti, sia davvero illuminante per comprendere gli intenti e le direzioni di Musica X…
Senza volere snaturare Calvino in una sovrinterpretazione, è come se gli fosse stata riconosciuta a posteriori la capacità di giocare e miscelare la letteratura popolare con quella colta, come se le due cose fossero contrapposte e separate da una linea invisibile che nessuno sa esattamente dove stia. La linea di demarcazione tra il colto e il “basso” è un’illusione, un po’ come era l’etere nella vecchia cosmogonia. Forse, per cercare di cogliere il senso (semmai ce ne fosse uno), bisogna eliminare l’etere, togliere la linea di demarcazione. In fondo siamo un gruppo che suona, che gioca. (to play, spiel, jouer). Il fatto che in italiano il termine non corrisponda a quello di giocare ci rende maledettamente seri sulla questione. Se poi pensiamo che in francese suonare e “gioia” quasi corrispondono o che in inglese play e pleasure siano simili, non fa che rendere immediatamente serissimo tutto un discorso all’interno del quale dovremmo abitare con maggior senso dell’ironia.
O forse, abbiamo ragione. Huizinga in Homo Ludens in fondo dice che il gioco è quanto di più serio e formativo possa esistere. Aprire uno spazio delimitato, con regole precise e ritagliarsi uno spazio in questo per dimostrare le proprie possibilità. Facendo molta attenzione a non e-ludere il fatto che tra ludus e ludibrius il passo è brevissimo!
Mi hai anticipata. Infatti, al primo ascolto ho pensato al vostro pop anche come ad una forma di gioco. Oggi più che mai, rispetto a prima. La varietà, la leggerezza di cui siete stati sempre maestri raggiungono un effetto davvero notevole, molto diverso dal passato. Mi spiego meglio: ogni brano è lo specchio della poetica cui i Perturbazione ci hanno abituato, ma ciascuno la veste in una forma nuova. Sembrate, giocando, dimostrare una nuova giovinezza… Si accettano battute!
Avevo tirato in ballo il gioco nella risposta precedenti senza sapere che l’avresti tirato in ballo tu. Se pensi alla storia dei Perturbazione, a livello di testi e temi toccati, c’era un po’ il superamento della nostra generazione, che non ha saputo o voluto maturare. Tutto il mondo è cresciuto attorno ad essa. Quando avevamo quindici anni c’erano le cremerie, quando ne avevamo venti i pub irlandesi, quando ne avevamo trenta il revival dei cartoni animati giapponesi che guardavamo quando ne avevamo dieci, oggi che ne abbiamo quaranta le classifiche abbondano di dinosauri che ascoltavamo quando ne avevamo venti. È come se la nostra generazione non volesse mai crescere. Essendo stata la prima bombardata, come generazione di consumo, continuano ad applicarci le stesse categorie e noi ci ricaschiamo sempre. Quando ne La rosa dei 20 parliamo di assunzione di “responsabilità”, quell’ahhh è come un sospiro di chi non vuole accettare che prima o poi toccherà anche a lui crescere. Ora che ne abbiamo la consapevolezza, possiamo tornare a giocare, a fare i giovani.
Quindi Chiticapisce è un po’ la summa dei significati di Musica X. Me ne parli? Forse è uno degli incipit più spiazzanti e d’impatto tra i dischi dei Perturbazione…
Oggi le nostre identità sono ben rappresentate dai profili dei social network. Siamo chi ascoltiamo, quali film guardiamo, cosa votiamo, cosa consumiamo, come protestiamo, come ci arrabbiamo, quello per cui ci commuoviamo, la squadra per cui tifiamo. Abbiamo delegato al resto la certificazione della nostra identità. In questo, ad esempio Facebook ha perfettamente centrato il tema dell’eterna adolescenza. Se si pensa che il social era nato come libro per le foto delle scuole superiori, capirai che quel tipo di strumento oggi è applicabile a qualsiasi età. La morte ci spaventa. Quale miglior antidoto alla morte è sposare la giovinezza eterna, almeno virtualmente? Gli adolescenti però sono difficili da capire. Sembra che vivano in un mondo tutto loro, in cui devono disperatamente cercare di capire che cosa sono, trovare qualcuno o qualcosa che li possa comprendere. Ma anche lasciar loro liberi di volare, di essere “come foglia che il vento attraversa”.
L’amore in Musica X. Indeterminato, incognita… Resiste e perde, tra sesso, Ikea, monotonia e slanci… Come ne esce dalla vostra analisi? Ne vale sempre la pena?
Oltre alla giovinezza, l’amore è il secondo migliore antidoto contro la morte. Eros e Thanatos vengono assunti a modelli contrapposti da Freud. In Ossexione cerchiamo di analizzare l’eterna confusione all’interno della categoria dell’Amore. “Sesso scambiato per amore e viceversa”, il “sesso è il contrario di me stesso”. L’amore e il sesso sono altri momenti di costruzione di identità. Siamo anche quello che la persona che ci ama vede in noi. Siamo quello che vorremmo che la persona amata vedesse in noi. Siamo questa “X” a cui occorre trovare una soluzione. Siamo lo svolgimento dell’equazione.
La scrittura dei testi. Come si snoda questa volta? Chi ha scritto cosa, e… perché?!
Questa volta sono stati portati degli spunti di riflessione da cui abbiamo provato a scrivere dei testi. Abbiamo passato molto tempo a levigarli, a cercare di renderli il più possibile rappresentativi di quello che veramente avremmo voluto comunicare. Pur sapendo che il bello di una canzone è la sua volatilità e infinita interpretabilità. Abbiamo voluto cercare di accendere, nel migliore dei modi che potevamo, la luce verso un sentiero, un tema per ogni canzone.
Chiticapisce: l’identità; La vita davanti: le illusioni; Musica x: la musica come e-vocazione; Diversi dal resto: l’impossibilità di considerarsi “diversi”; Mia figlia infinita: le ansie proiettate; I baci vietati: cosa significa essere adulti; Monogamia: la coppia; Ossexione: il sesso; Questa è Sparta: l’importanza dell’apparire; Legami: la meraviglia della persistenza.
In fondo ogni canzone tenta di capire chi si è a partire da un luogo diverso.
Mi racconti il rapporto con l’elettronica che colora qua e là Musica X? Trovo che il vostro modo di fare musica l’abbia abbracciata con una naturalezza e un senso dell’ironia piacevolissimi…
Avevamo già sperimentato l’elettronica in alcuni episodi di DNTR. Istruzioni per l’uso, Partire davvero, Cimiterotica. Nella fase precedente alla realizzazione del disco abbiamo portato ad un livello di provini circa 25 canzoni. E abbiamo utilizzato l’elettronica quasi per tutte. Ci piaceva provare a misurarci con qualcosa di diverso rispetto al nostro modo classico di operare su una canzone. Lavorare con l’elettronica cambia i tempi di composizione. Non sempre si lavora in tempo reale. La costruzione di una base richiede frequenti e lunghi aggiustamenti. Questo permette una latenza nei tempi di composizione che ci era quasi sconosciuta. Cristiano Lo Mele è stato il “macchinista” di questa fase mentre si affinavano i testi, la struttura, dei piccoli ritocchi.
Casacci. L’annuncio di questa collaborazione ha subito destato grande curiosità. Che tipo di sinergia si è innescata?
Quando Max Casacci ha ascoltato i nostri provini ne è rimasto molto colpito. Perchè non si aspettava di ascoltare da noi questo genere di materiale. Ci ha detto: “Ma ne siete sicuri?”. Avevamo alcune canzoni, che un giorno magari usciranno, ben più “spinte” di quelle finite in Musica X. Forse anche più dirette, al limite della possibilità di essere capiti. Sembra un controsenso, ma è andata davvero così. Forse in questo siamo stati come gli ex fumatori o gli ex comunisti, che diventano i peggiori! Con Max abbiamo affrontato tutta una prima fase di discussione intorno al progetto di questo disco. Abbiamo delimitato una scaletta, un nucleo di dieci canzoni su cui lavorare. Qualcuno di noi ha sicuramente perso qualcosa in questo setacciamento. Ma il percorso era ormai deciso. Il disco sarebbe stato il contrario di DNTR, dove c’era tutto. Entrambi i dischi sono dischi collettivi. Il primo perchè ognuno ha messo dentro qualcosa, questo perchè ognuno ha rinunciato a qualcosa. Per la prima volta ci siamo affidati totalmente ad un produttore. E per un gruppo come il nostro non è una cosa facile, nemmeno per un produttore. Ma tutto è andato a buon fine e il merito è anche di Max Casacci.
Ammetto di essere stata molto colpita dall’effetto della combinazione della voce di Tommaso con quella di Luca Carboni. I Baci vietati è un brano splendido, forse la perla melodica di Musica X… Che visione ne avete?
È un brano che avevamo addirittura presentato a Sanremo. Come ben sai, per ogni nostro disco ci deve essere almeno un brano scartato da Sanremo, altrimenti non uscirebbe! La visione che ne abbiamo è che invece ci sarebbe dovuto entrare. Ma è solo la nostra. Quello a cui abbiamo mirato era un certo equilibrio sul tema: come spiegare il sesso ai figli e quanto si può essere coerenti nel farlo. Tema pericolosissimo e spinoso. È possibile risultare stucchevoli, lamentosi, idioti, declamatori appena ti distrai un attimo! In qualche modo in questa canzone emerge molto l’aspetto che abbiamo provato a mettere a fuoco in tutto il disco. Canzoni fruibili che possano prestarsi a più piani di lettura ed essere anche uno stimolo a riflettere su se stessi.
Mescal è un ritorno. Cosa rimane della scena che l’etichetta ha segnato negli anni d’oro che tutti conosciamo?
Rimane tutto com’era. È questo il dramma in Italia. Quello che non è cambiato è, fortunatamente, il grado di passione con cui le persone che lavorano in Mescal si dedicano alla musica. Sono inscalfibili. Se ci sono dei meriti per quello che è successo anni orsono, vanno sicuramente anche a loro. Se la scena è immutata sono possibili due spiegazioni: 1) il grande pubblico in fondo vuole delle certezze, 2) non è esistita un’etichetta in grado di ripetere l’exploit che ebbe la Mescal dieci anni fa.
Come stanno i Perturbazione rispetto alla logica musica? Si sentono davvero capiti, gratificati?
Un giorno un mio compagno di classe che oggi abita a Firenze (ciao Alex!) mi disse: “Sai che nella savana ci sono delle persone che, inseguite da un leone, scalzi, corrono sicuramente più veloci di Carl Lewis?”. Probabilmente è vero. Solo che se vuoi dimostrarlo al mondo devi correre la finale dei 100 m sulla pista olimpica. Questo vale anche per noi. Per un gran numero di persone, siamo una bella realtà. Ma finora abbiamo corso, non dico nella savana, ma non certamente alle Olimpiadi. Da questo punto di vista siamo sempre stati ambiziosi. Se dicessimo il contrario sarebbe solo una delle tante “mezze bugie dei cantanti”. Anche questo è un discorso complesso. Ma se vogliamo essere sinceri con noi e con i nostri ascoltatori, lo dobbiamo fare. A volte ci sentiamo come quel signore che nella savana, scampato il pericolo, accende la televisione e vede Carl Lewis. Poi si mette a pensare.
Musica X uscirà ufficialmente il 6 maggio in allegato ad XL di Repubblica. Mi spiegate questa scelta?
È grazie alla Mescal che è partita questa joint venture. Sicuramente non saranno contenti i negozianti di dischi. Ma oggi un gruppo ha anche la necessità di studiare delle forme alternative di distribuzione della propria musica. Oggi, fare un disco equivale a stamparsi dei biglietti da visita. È quello che serve per continuare a fare il proprio mestiere. Noi siamo convinti che questa operazione sia positiva. In fondo siamo stati il primo gruppo in Italia ad avere lo streaming integrale su MySpace (con Canzoni allo Specchio). Oggi siamo i primi a fare uscire un disco di inediti allegato ad XL. Ci auguriamo che vada a buon fine perchè in questo si potrebbe aprire una nuova via per distribuire la propria musica.
Che cosa augurate a questo disco? Esigo una risposta sfacciata!
Le prossime Olimpiadi?!
Mi pare giusto. E che medaglia d’oro sia!