Pete Doherty se ne torna in patria dopo l’esilio francese degli ultimi anni. No, non si tratta dello spin off di Jack Frusciante è uscito dal gruppo, è semplicemente un dato di fatto. Così come la notizia che lo stesso Pete si sia presentato con 90 minuti di ritardo al concerto di presentazione del nuovo album del suo gruppo non meraviglia, ormai, nessuno del pubblico (forse se si tralasciano quei fans che lo aspettavano sotto il palco da ore rischiando polmoni e costole) .
La notizia più interessante è soltanto una: Sequel to Prequel è il nuovo album dei Babyshambles.
Il trio d’Albione è riemerso dal pericoloso e sfortunato vortice in cui gravitava da qualche tempo, costellato da incidenti (Drew McConnell, bassista, ha rischiato la paralisi totale), spiccata confidenza con le droghe (Mik Withnall in Rihab da tempo mano per mano con Pete) e perdite affettive pesanti come macigni (Amy Winehouse, molto legata al frontman degli Shambles).
Chi si aspettava però le prime pagine dei tabloids d’oltremanica piene di pseudoscandali legati all’uscita dell’album, dove per pseudoscandali si intende episodi non particolarmente fantasiosi di sesso, droga, alcool e risse, si è dovuto un tantino ricredere, almeno per il momento. L’unica cosa che ha davvero creato un minimo di notizia, come vi dicevo poc’anzi, è stato il ritardo di un’ora e mezza con cui Pete & C. si sono manifestati (!) al live di presentazione del disco, affrontando il pubblico particolarmenete agitato.
Per il resto è soltanto la musica dei PiccoliShambles a parlare, o meglio, a suonare sovrastando tutto il rumore che gira intorno.
Sequel to Prequel è stato prodotto da Stephen Street, storico produttore inglese (vedi Morrissey, Cranberries, Blur, Kaiser Chiefs) che è riuscito a rinchiudere in sala di registrazione per molto tempo i tre musicisti, producendo ben 12 tracce nel disco.
Un disco schietto, ruvido e veloce, a partire dalla cover, una foto di Pennie Smith (quella della copertina di London Calling dei Clash, per intenderci) trasformata in uno “Spin Painting” di Damien Hirst che riuscirebbe a catturare l’attenzione, almeno per qualche minuto, almeno quella visiva, anche di chi non conosce minimamente la musica degli Shambles.
Fireman apre il disco con l’energia di riff elettrici di chitarre e con quell’aurea surreale che la voce imprecisa del poeta maledetto di Albione, aka Doherty, riesce ad imprimere. Si sentono i Libertines, è innegabile, si sente ancora il punk, è consolante.
Si prosegue con Nothing comes to Nothing, orecchiabile, mnemonica e quindi cantabile, accuratamente malinconica ma più vicina alle bolle di sapone del pop più che al dark side dell’indie.
Farmer’s Doughter è una rock ballad vecchio stampo, trascinata per 5 minuti abbondanti su ritmi ripetitivi e tranquillizzanti. La voce di Pete è precisa e armonica come non mai.
Se volete del folk ascoltatevi Fall from Grace ed anche Picture me in a Hospital, ne troverete nelle chitarre e nel ritmo.
Sequel to Prequel ha in sè tutto l’estro babyshambliano, bizzarra, divertente e con la strafottente consapevolezza di riuscire a dare il nome all’intero album.
Con Dr. No tocchiamo i confini del raggae, e concedetemelo, di qualche brano dei Clash su quel genere. Il mood è cupo, le chitarre in levare e la lieve sofferenza della voce di Pete, così come le armonizzazioni sui controcanti, ne fanno, secondo me, il pezzo cardine dell’intero album.
Tra le ballads del disco anche Stranger on my own skin, breve, diretta e con un bel finale lisergico.
Pete è dunque tornato in terra dall’Albione ed ha ritrovato il suo lirismo, i suoi compagni ed il rock’n’roll; l’album che vi troverete ad ascoltare è uno di quei lavori onesti, senza troppi giri di parole, fatti di chitarre, percussioni e di una voce che non ha mai preteso nè precisione nè spiccata intonazione. È proprio però nel mood bohemien, senza etichette e scuole a dettar regole, che i Babyshambles, da sempre, riescono a smuovere qualcosa in chi li ascolta, svincolandosi dal manierismo artistico o dal perbenismo mediatico a cui, generalmente, si è un po’ troppo abituati. Sulla discutibilità di alcune scelte della band potremmo aprire interi capitoli, rimane il fatto che un po’ di rock, impreciso, sporco e senza particolari ingranaggi complicati, a noi riesce sempre a far alzare il volume delle casse.
Credits
Label: Parlophone records
Line-up: Pete Doherty (voce, chitarra) – Mik Whitnall (chitarra) – Drew McConnell (basso) – Jamie Morrison (batteria)
Tracklist:
- Fireman
- Nothing comes to nothing
- New pair
- Farmer’s doughter
- Fall from Grace
- Maybelline
- Sequel to Prequel
- Dr. No
- Penguins
- Picture me in hospital
- Seven shades
- Minefield
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