Disordine, primo album di Cosmo, al secolo Marco Jacopo Bianchi, è un flusso di coscienza colorato che tende il suo filo tra vita e morte passando tra speranze e paure e scombina le tradizionali regole del cantautorato offrendo come tappeto alle parole dei testi, originali e ricchi di percezioni che danzano tra sogno e reale, un mondo di synth e campionamenti. Ne risulta un connubio che par tendere ad “internazionalizzare” l’italiano. Abbiamo parlato con il cantante del futuro anteriore del suo Disordine musicale.
Dopo tre album con i Drink to me come è nata la voglia di un progetto solista?
Dal caso. Avevo le canzoni e i Drink to me avevano bisogno di una pausa per preparare un disco migliore di S. Ed eccomi qui.
Dall’inglese come lingua dei Drink to Me all’italiano come lingua di Cosmo, perché questa virata?
Ho iniziato a scrivere in italiano per vedere come calzava coi Drink to me. E ci ho preso gusto. Alla fine i pezzi sono rimasti in mano mia. La sfida, per me, era ed è continuare a scrivere usando le stesse strutture e suoni, ma accostandoli alla lingua italiana. Non si tratta di italianizzare la mia musica, ma di internazionalizzare il mio italiano.
Disordine è un flusso di coscienza: parole, pensieri, suoni, paure, emozioni, immagini, che trascinano in un vortice. Una lunga corsa in cui la vita e la morte si intrecciano dall’inizio alla fine. Da cosa e come sono nati testi così ispirati?
Da un periodo abbastanza movimentato emotivamente. Si tratta di fatti personali, ma, a prescindere dalla cronaca, ho voluto collegare la mia esperienza individuale con tematiche più universali che mi tormentano da sempre. Il problema della morale, l’amore, la certezza della morte, il ruolo della bellezza nel mondo, nella vita…
Cantautorato e campionamenti: lampo di genio o scelta studiata a tavolino?
Da un certo punto in poi questo incontro/scontro è diventato una sfida voluta e cercata. Ho capito che praticamente nessuno in Italia stava facendo una cosa del genere, e ci ho puntato anche parte della “comunicazione”. Ma la verità è che è stata una coincidenza: prima di tutto sono nati i campionamenti, gli esperimenti ritmici e sonori, poi le canzoni, poi ho deciso la direzione che poteva prendere il tutto.
Ci dici come hai scelto e quali campionamenti fanno da colorato sfondo a Disordine?
Ogni volta scelgo frammenti da canzoni (o da field recordings) che mi sembrano prolifici. Devono avere un’armonia che mi stuzzica o una pasta sonora che fa venire voglia di “masticare il suono” o di farsi un viaggio allucinogeno. Se ascolto, per dire, un ritornello degli Abba e noto frammenti “interessanti” li isolo, li assegno ai pad dei miei campionatori e inizio a giocarci con le dita. Spesso invece creo loop/bordoni sotto cui posso far muovere un basso per dare movimento armonico. Qualunque sia il metodo, comunque, dai campioni nasce spesso l’idea principale della canzone. Nel disco ci sono dai Beach Boys a Piero Umiliani, da colpi di tosse a Perotinus, da Marvin Gaye ai Genesis.
In alcuni momenti l’album mi ha ricordato alcune delle sperimentazioni di fine anni 70 di Battiato così alcune delle tematiche che accarezzi in Disordine. La freschezza e l’immediatezza dei testi hanno fatto far capolino a Battisti nel mio sentire… quali sono le altre fonti musicali a cui fai riferimento?
Se parliamo di italiani potrei citare Cacciapaglia, per fare il figo. O Giorgio Moroder. In realtà prendo ispirazione soprattutto da artisti stranieri. A caso: Arthur Russell, M.I.A., Steve Reich, Philip Glass, Toro Y Moi, Gold Panda, The Field, Rihanna, Beach Boys, A Tribe Called Quest…Basta così per ora.
Ci parli del tuo live, purtroppo non ho avuto modo di vederlo, ma ho letto da più parti di uno “spettacolo colorato e pirotecnico”…
Sostanzialmente giro con due ballerine, dei visual, una macchina sparacoriandoli, delle bandiere, dei cubi, dei caschi, due campionatori, loopstation, effetti per la voce e nessun musicista, tranne me (sempre che possa considerarmi tale). Per il resto devi vederlo.
Prossime date?
A questo link trovi gli aggiornamenti.
Prossimi progetti per il “cantautore del futuro anteriore”?
Portare in giro questo disco, spremerlo fino a che non ha più nulla da darmi. Poi rimetterlo in un cassetto, tra poco meno di un anno, immagino. E a quel punto capire se i Drink to me avranno il disco pronto o se già avrò un disco di Cosmo in mano. Insomma, questa è la vita che voglio fare. Il lavoro che voglio fare da grande.