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Non abbiamo chance, ma dobbiamo lavorare tanto: intervista a Umberto Maria Giardini

Lucido e trasognato, Umberto Maria Giardini è passato attraverso trasformazioni di nome e di sonorità, da Moltheni alla psichedelica La dieta dell’imperatrice del 2012. Il suo sguardo obliquo raccoglie la realtà tra liricità luminosa ed elegante e ironia pungente portandosi avanti a molti invidiosi dell’indie rock.
Giovedì 12 Dicembre suonerà al Salotto Muzika di Bologna insieme a Matteo Toni. Proprio in vista di questo concerto abbiamo intercettato Umberto per porgli alcune domande alle quali lui ha risposto con passione e acuta critica. (Si ringrazia La Fabbrica per la collaborazione)

Da Moltheni a Umberto Maria Giardini: hai affermato più volte che si tratta della fine di un ciclo e dell’inizio di un altro. Questa trasformazione ha riguardato solo elementi musicali o anche elementi personali?
Perlopiù mi sono concentrato nel costruire un percorso più vicino e consono a ciò che volevo fare negli ultimi anni. Di certo anche a livello personale ho cambiato molto, soprattutto ho riacquistato quella padronanza nel progetto che nel tempo mi era venuta sempre più a mancare. Troppa gente che voleva sempre dire la sua, alla fine solo ed esclusivamente per il profitto… pochi sacrifici e molta voglia di denaro. Moltheni era stato intaccato e infettato da coloro che uccidono la musica, così si è ammalato anche lui.
Alla fine il mio è stato solo un gesto di eutanasia artistica. Ho ucciso ciò che era già in agonia.

Al suo debutto, La dieta dell’Imperatrice ha meravigliato un po’ tutti coloro che erano abituati al sound dei dischi di Moltheni. C’è un’ispirazione psichedelica di base, infatti. Di quali altri generi vorresti contaminarti?
Non lo so, poiché quando scrivo e lavoro non penso a ciò che vorrei essere. Non sono stato contaminato da nulla, mi interessa solamente lavorare tanto, perché nel lavoro trovo giovamento a tutte le pene della vita.
Vengo e provengo dalla scuola Verdena, in cui nulla è più importante del lavoro.

L’Imperatrice: figura che si staglia per assolutezza e superbia. Chi è davvero? Un’idea di solitudine, un esilio, un desiderio?
Sono e sarò sempre un visionario quindi non so bene rispondere a questa domanda. L’imperatrice siamo noi, è la musica, è l’ignoranza, è la nostra incapacità (innata) di non comprendere la qualità, è la cecità della gente, è forse l’inconscia speranza che tutto finisca il più presto possibile.

Gli scenari bucolici che hai creato finora nei precedenti dischi sono rintracciabili anche nell’ultimo lavoro. “Ridi cerbiatto/ che quaggiù in città/ dove vivo io/ l’uomo è vigliacco”. Il distacco dal mondo contaminato prende il sopravvento. “Femmina è l’amore/ maschio dolore”: c’è o no uno stretto rapporto natura-donna nei tuoi testi?
Vedo la natura come madre severa, e la donna come essere incolpevole, spesso e purtroppo inferiore nei gesti. L’uomo è sbagliato e fa tutto male, la donna è quasi sempre innocente ma nella maggior parte dei casi non arriva alla sufficienza perché complice.

Tutto è Anticristo lo si avverte quasi come l’ultimo tocco noir a seguito dell’Imperatrice. Cosa rappresenta questo ep uscito ad Ottobre 2013?
Nulla di particolarmente speciale. È la giusta e proporzionata prosecuzione de
La dieta dell’imperatrice; è un passo avanti… un qualcosa che la maggior parte dei dischi che si sentono in giro non hanno. È come aprire la porta di casa e uscire. Nel nuovo lavoro dei Julie’s Haircut, ad esempio, si respira questa stessa aria. È un passo avanti senza sapere come e dove si andrà, ma è un qualcosa di dannatamente nuovo, sincero e autentico.

Pensi si possa arrivare a pensare al mondo digitale come ad una buon possibilità di creare una community utile per lo scambio di buona musica in rete? Anche quella più dimenticata…
Non ne ho la più pallida idea. La rete e il web sono un mondo egoistico in cui apparentemente tutto si fa anche per gli altri, ma non è assolutamente così. Internet ha ucciso l’essere umano e comunque in un processo e con delle modalità a mio avviso bellissime, romanticissime. Se penso al domani e ai prossimi trent’anni dinanzi a noi, mi emoziono.. sono quasi ansioso di vivere la nostra fine, mi incuriosisce da morire vedere, nonchè vivere, come finirà tutto.

Cosa provi l’attimo prima che si accendano le luci sul palco? Pensi che si suonerà sempre meno dal vivo in Italia o c’è un barlume di speranza che le cose inizino a cambiare in meglio?
Lo vivo serenamente, purtroppo a volte con troppo distacco. Difficilmente mi emoziono come una volta forse perchè il pubblico non è più il pubblico di una volta. Negli anni novanta giuro che era diverso … un po’ come all’estero oggi. La gente applaudiva anche cose sgradevoli e quasi sempre c’era maggior coinvolgimento, lo si respirava nell’aria, lo si palpava. Oggi è quasi tutto finito, anche quando il pubblico urla di contentezza. È oramai tutto apparente… se si scava non c’è più acqua, ma solo sabbia umida. Non riesco a prevedere se il futuro della musica italiana potrà essere migliore, ciò dato dal fatto che non so nemmeno se la società stessa migliorerà, nutro numerosi dubbi.
Finché in Italia esisteranno manifestazioni come il MEI o il premio Tenco, andremo sempre e unicamente indietro. È la cultura che deve cambiare, è la cultura che deve crescere, ma per far sì che ciò accada ci vuole tempo. I giornali, i giornalisti, i meeting, i Festival e tutti gli addetti ai lavori del mondo indie sono esattamente come i politici al governo. Non sono più credibili; è tutto così triste e noiosamente prevedibile.
La scena indipendente italiana ha perso la sua “occasione” anni fa quando doveva alzarsi temeraria e dettare le leggi della regolamentazione discografica, togliendo tutti i poteri alle Major, alla SIAE e compagnia bella. Le cose andranno meglio quando la musica italiana sarà in mano a coloro che oggi sono all’asilo, o forse alle scuole elementari, loro sì che hanno una chance. Noi no..

Una domanda alla tua parte più “antagonista”: cosa potrebbe ideare un artista per fare qualcosa che prenda a schiaffi questa desolazione di cultura musicale?
Dire la verità. Dire la verità sui soldi che si sprecano e che si sono sprecati negli ultimi anni per fare i dischi che tutti i giovani italiani amano. Sull’uso mastodontico di cocaina di tutti i vostri eroi, sulla più totale mancanza di solidarietà che c’è tra i progetti più o meno fortunati di altri, sull’invidia, sulla pochezza di coloro che si atteggiano a rockstar (e la scena indie è stracolma di cretini di questo genere). Finché non si farà una sorte di “mea culpa” non si migliorerà un bel niente.
La musica indipendente italiana è come la chiesa, è come la politica italiana, puzza di marcio… ma non c’è pericolo, il pubblico non si accorgerà mai di niente.

Che ne pensi della petizione #Piùmusicalive lanciata in rete da Stefano Boeri e che è diventata parte integrante del Decreto Valore Cultura?
Stefano Boeri è una persona saggia e coraggiosa, mi auguro possa contribuire nel far rivivere una nuova stagione alle attività live e di performance in Italia, qualunque esse siano.

Cosa ascolti in questo periodo?
Ascolto il meglio del panorama mondiale. Chelsea Wolfe e Anna Calvi, uniche regine incontrastate del firmamento musicale odierno.

Giovedì sera al Salotto Muzika suonerai con Matteo Toni, così come in diverse altre occasioni. Un sodalizio artistico che continua da tempo (ricordiamo la tua produzione del primo Ep di Matteo). C’è un aneddoto da raccontarci riguardo il vostro rapporto?
Aneddoto? No, lui è bravo e ci vogliamo bene. Stop.

Il trionfo dei tuoi occhi – video

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