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Indebito: la Grecia e noi

Molti film hanno incrociato le strade della musica con l’intento di descrivere, per mezzo delle immagini, quella fiamma interiore madre delle stesse note. È accaduto per i generi musicali di tendenza o che hanno forgiato la storia e la società a livello mondiale; Vinicio Capossela ed il regista Andrea Segre hanno invece deciso di portare su pellicola ciò che è ancora vivo del “rebetiko”, una musica sconosciuta ai più ma radicata nella sua terra d’origine, la Grecia.
Il film, intitolato Indebito, è probabilmente l’ultimo tassello del mosaico realizzato da Capossela per riappropriarsi di un passato greco ma anche nostro in quanto facenti parte del grande popolo mediterraneo.
La nostra cultura italiana affonda le radici negli odori del Mare Mediterraneo, dal quale vengono tutti gli incroci e gli scambi di merci, di conoscenze, di arte e tecnologie, di poesia, di pensiero e filosofia, di “mentalità”.
In un periodo nel quale la Grecia è in enorme difficoltà economica, “in debito” verso un’Europa sempre meno comunitaria e tanto più monetaria, Capossela svela quanto in realtà siamo noi tutti ad essere in debito verso quella terra e quelle genti.
Un disco (Rebetiko Gymnastas, La Cupa/Warner Music Italia, 2012), un tour, un libro (Tefteri, Ed. Il Saggiatore, 2013), e ora un film documentario che ci racconta la Grecia di ieri, di oggi, e di un domani che dipende molto da noi più che da loro.
Una cosa che colpisce di Indebito è la capacità sorprendente di Capossela e Segre di presentare la popolazione greca tanto simile alla nostra ma al contempo estremamente definita. Il mare che ci divide non è solo un ostacolo geografico, ma una separazione netta, completa, la quale però consente la facile traversata: un fluido che divide ma ci tiene in contatto. Vedendo Indebito è facile, e giusto, poi ritrovarsi a discutere di “noi” e “loro”, capendo però qualcosa in più dei secondi, quasi innamorandosene. La bellezza della diversità, si dice, e la scoperta lieve e delicata delle radici comuni: questi sono i risultati di una ricerca fatta con passione e conoscenza.
Cosa aggiunge il film al resto del racconto caposseliano delle Grecia? Le immagini, ovviamente. Immagini forti, colori caldi, ombre, occhi profondi, pelli dure e scavate, bicchieri, vino, ouzo, sedie, tovaglie, cibo, sorrisi, strade, muri dipinti, degrado e ricchezza. Il viaggio di Indebito è un percorso senza meta, un girovagare nelle taverne nelle quali è nata la musica rebetika nei primi decenni del secolo scorso, il modo d’essere dei “mangas”. Gli emarginati, i disperati dalla vita, in quelle taverne cantavano il loro dolore spogliandosi completamente, mettendo a nudo lo strazio delle paure e dell’amore. Canti tristi, durissimi, ai nostri occhi imbarazzanti per il loro esplicito sfogo.
“Le taverne sono luoghi in cui, in mezzo agli amici, puoi essere solo”, perché lì nessuno nasconde il dolore di essere uomo.
L’arte, l’espressione musicale quindi, era considerata dai rebetes (i musicisti dell’originale rebetiko) l’unico modo per affrontare la crisi, il dolore. Questa è tuttora la forza che spinge gli avventori delle taverne greche, i giovani militanti e parte del mondo culturale greco a porsi con la testa alta di fronte alla crisi che li colpisce.
Capossela viaggiatore incontra musicisti che continuano a far vivere la tradizione del rebetiko, portando i suoi occhi e il suo sentire in questo mondo dentro al mondo. Un documentario sulla musica, ma prima di tutto sugli uomini. Il rebetiko è solo un espediente di magnifica efficacia per risollevare l’essenza dell’uomo, inteso come macchina pensante, animale sociale, singola espressione di una comunità. Alcuni fotogrammi del film ci mostrano Capossela intento in una ricerca di suoni e parole negli antichi muri della città: orecchio proteso verso le pietre, bouzouki usato come bastone di un rabdomante. Si cerca il passato, i suoi echi, per riconoscere il proprio presente. Il passato, anche se duro o straziante, è confortante perché sta all’anima dell’uomo come la terra ai suoi piedi. A volte il passato, così come la tradizione, si perde e proprio in quei momenti la crisi si insinua con più forza dirompente.
Forse Vinicio Capossela, unito all’occhio di Andrea Segre e della sua squadra tecnica, ci vuole dire proprio che non esistono crisi economiche, sociali e politiche senza la preesistente crisi interiore e culturale di un popolo. Indebito suona come un richiamo straziante all’essenza delle cose, alla riscoperta dell’uomo e dell’arte come soluzione delle crisi, come una consapevole esortazione alla vita secondo il principio per il quale “ogni attimo è eterno perché è l’ultimo, ed è quello che ci invidiano gli dei“.

(Con la collaborazione di Catia Manna)

Indebito
Documentario, 2013, 84′

Soggetto e sceneggiatura: Vinicio Capossela, Andrea Segre
Regia: Andrea Segre
Fotografia: Luca Bigazzi
Riprese: Luca Bigazzi, Matteo Calore, Andrea Segre
Montaggio: Sara Zavarise
Suono in presa diretta: Remo Ugolinelli, Adriano Di Lorenzo
Aiuto regia: Simone Falso
Elettricista: Fabio Policastro
Ricerca musicale e archivi: Sofia Labropoulou, Sotiris Bekas, Dimitris Papadopoulos
Coordinamento generale: Luciano Linzi
Prodotto da Francesco Bonsembiante per Jolefilm e La Cupa
in collaborazione con Rai Cinema
Distribuzione: NEXO Digital – www.nexodigital.it

Con: Vinicio Capossela, Theodora Athanasiou, Bufos Puppet Theatre (Anneta Stefanopoulou, Agni Papadeli-Rossetou), Keti Dali, Pantelis Hatzikiriakos, Dimitris Kontogiannis, Vasilis Korakakis, Stefanos Magoulas, Dimitris Mistakidis, Manolis Pappos, Nikos Strouthopoulos, Timoleon Tzanis, Evgenios Voulgaris, Panagiotis Xanthopoulos, Psarantonis Xylouris

info

Indebito – il trailer

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