La strada che ti conduce alla meta, alla fine del viaggio, è tanto importante quanto caratterizzante, forse più della conclusione stessa. In questo caso la strada è quella delle campagne modenesi: rette longitudinali, verdi, piatte, spezzate dai tratteggi bianchi delle linee di mezzeria. L’aria ancora fresca di una serata di fine marzo miscelata all’odore prepotente di vibrante ruralità.
Coltelli, rose, lambrusco e pop corn: no, non vi racconterò di un live di Ligabue. A San Felice sul Panaro, sul palco del Pasteggio a Livello, ci sono The Talking Bugs.
Due chitarre classiche, percussioni ed un contrabbasso, imbracciati nell’ordine strumentale da: Alessandro Di Furio, Fausto Ghni, Youssef Ait Bouazza, Paolo Andrini. Il loro ultimo album, View of a nonsense, è uscito lo scorso novembre 2013 per Lobster Art collective.
Poster stropicciati di gruppi vari alle pareti, luci rossastre sul soffitto ed ombre allungate sul pavimento.
Incidenza, preziosità, ebrezza e ritmica: ho cercato di aggettivizzare la quaterna Ligabuesca per avvicinarla alle atmosfere ed alle melodie suonate nel live.
L’aria diventa delicata, nostalgicamente malinconica già dalle prime corde pizzicate di The Lovers, il pezzo che apre anche l’album; Consequences of your sound ti prende per mano e ti accompagna delicatamente tra le sponde mediterranee richiamate dalle ritmiche di I don’t know why e Solitude. La linea melodica di Broken Sword, sul finale, è come una brezza estiva che ti scompiglia i capelli donando sollievo ed imprevedibilità.
Un live di un’ora circa, completamente acustico, così come lo è l’intero album, se tralasciamo qualche piccolo arrangiamento elettronico a rendere il quadro ancora più interessante. Musica suonata con le dita, con il cuore e con la pancia insomma. Niente artifici e trovate spettacolarizzanti: un’oasi immaginifica composta da corde, parole e percussioni capaci di trasportarti verso scenari magici e speziati.
Soltanto una nota dolente: il contesto in cui i Talking Bugs hanno suonato stasera. Voci urlate da clienti poco attenti e forse troppo sbronzi, anestetizzati di fronte alla melodia. Forse una scelta poco accurata da parte dei gestori del locale di accoppiare pubblico enogastronomico e atmosfere acusticamente sognanti, e poco rispettosa sia nei confronti di chi nella musica avrebbe voluto immergersi completamente e, soprattutto, nei confronti di chi quella musica ce la stava amorevolmente regalando.
(Foto di Elisa Cervellati)
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