Il traffico del sabato milanese non riesce a farci arrivare in ritardo al Teatro della Luna. Ci prova, ma non ci riesce! Siamo già seduti di fronte al palcoscenico quando Cristiano Godano entra in scena e, solitario sotto l’unica luce nel più totale buio, piano al microfono porge una promessa: “la cosa più speciale che mi potessi offrire è un lampo di infinità che non mi fa vegliare e non mi fa dormire ora e per sempre… e ora” invitandoci ad entrare nell’intimità dello spettacolo che sta per iniziare. Poi si sposta e veste di una camicia bianca la rossa Marlene (Manuela Bianchini prima ballerina dei Mulva Sungani Company) che, nuda di spalle, è immobile. E sarà speciale da ora in avanti.
Uno spettacolo in cui il rock e la danza si sposano in un’armoniosa condivisione del proscenio: i tre Marlene dietro dei pannelli con veli di tulle che diventano le cornici che racchiudono le scenografie in cui volteggiano i ballerini del Mulva Sungani Company. Le parole, la musica, e i corpi che le assecondano con naturalezza: a tratti sensuali e lievi e, di colpo, rabbiosi e adrenalinici. Un rock che si muove a proprio agio nella fisicità dei danzatori, dei loro corpi scultorei e regala un’onirica visione della femminilità cantata nei testi dei Marlene Kuntz ed ora finemente ricamata nei movimenti di danza classica fusa a funambolismi circensi e ipnotici passi a due. Le coreografie, ricche di profondo pathos, rapiscono l’occhio e il silenzio in sala, così estraneo all’idea del live rock in cui le persone cantano e si dimenano, porta la mente a seguire senza distrazione le alchemiche traiettorie in cui si incrociano mani, corpi, piedi, voci. Mani e corpi dei due ballerini che in Musa fanno prendere vita nella mia mente alla Medusa del Caravaggio. Meravigliose l’eleganza del passo a due in Danza mentre la voce di Godano accarezza sensuale ogni movimento, le rotazioni nelle distorsioni di Ape Regina, il candore dell’abito bianco che ci regala una donna altissima e leggiadra in Notte, fino a giungere all’altissimo momento di Nuotando nell’aria che lascia attoniti e senza fiato talmente riesce ad arrivare nel profondo. Ora e per sempre ora. Si chiude il sipario e la promessa di donare quel lampo di infinità è pienamente mantenuta. Piano risale il sipario e l’intimità diventa libertà, quella di Gaber. La libertà che “non è stare sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone. La libertà non è uno spazio libero. Libertà è partecipazione”. Salutano così il pubblico i Marlene Kuntz e il corpo di ballo dei Mulva Sungani Company. E il pubblico li ricambia con un applauso infinito e meritato.
Gallery fotografica di Emanuele Gessi (09/04/2014, Teatro Duse – BO)
Intervista ai Marlene Kuntz e Mvula Sungani