È il 16 Maggio, una sera di primavera quasi estate. Aria tiepida e vento fresco tra i capelli. In cielo il grigio ha lasciato posto all’azzurro dimenticato, ed il verde (dove c’è) torna ad essere veramente verde. Poi ci sono i Crookes, che non posso fare a meno di associare a questa stagione.
Stasera la band di Sheffield suona al Locomotiv di Bologna in una delle ultimissime date prima della chiusura estiva che vedrà impegnato il locale nelle consuete rassegne all’aperto. È’ forse proprio il bel tempo a giocare però uno scherzo ai Crookes: il pubblico bolognese (al quale di certo non mancano occasioni per godere di musica dal vivo) questa sera è stato attratto nelle piazze e nei locali all’aperto proprio da quell’aria primaverile che io associo ai Crookes. Il risultato, purtroppo, è stato un live con un’affluenza di pubblico di gran lunga sotto le aspettative (almeno le mie). Però la band sembrava tutt’altro che indispettita da questo e si è spesa sul palco per offire il meglio.
Il sempre arduo compito di aprire la serata e rompere il ghiaccio è stato affidato ai bravi The Charlestones. La giovanissima band friulana ha stupito per l’incredibile autenticità del suo sound di stampo brit, tra Oasis, Beatles ed indie-pop con leggere tinte vintage. Efficace nei suoni e nella costruzione dei brani, la band appare forse solo un po’ troppo statica nell’esibizione, cosa che però d’altrocanto consente di porre al centro la musica e non l’esuberanza di un frontman magari troppo costruito.
Il set dei Charlestones finisce tra gli applausi del pubblico e degli stessi Crookes in un sincero e fraterno passaggio del testimone per il cambio di palco. I Charlestones ed i Crookes, infatti, non si sono conosciuti stasera. Insieme hanno passato un bel po’ di tempo per via di una bella collaborazione che grazie ai primi ha portato la band inglese, proprio nella Carnia friulana, in uno stavolo (vecchia costruzione rurale tipica) per la registrazione dei brani dell’ultimo disco, Soapbox.
La band capitanata dal cantante/bassista George Waite è ora pronta a presentare dal vivo il suo terzo album, insieme ai più famosi brani dei precedenti dischi. La scaletta è varia ma ben congeniata, alternando momenti più danzerecci con quelli più delicati e romantici tipici della musica dei Crookes.
Si apre con Don’t put faith on me, poiscorrono Chorus of fools e la sognante Where did our love go?. La morbida e lenta Howl prepara il balzo per il ritmo frenetico e squisitamente pop di una triade di brani (tra i quali American Girls) capaci di coinvolgere il pubblico.
Vedendo dal vivo di Crookes ci si accorge dell’assoluta spontaneità del loro pop colorato e zuccherato. Non c’è artificio ma solo passione per una musica leggera e fresca, che sa essere romantica ed anche malinconica, ma di certo mai monocromatica. Tutti sul palco sono precisi ed immersi nei ghirigori disegnati nell’aria dalle note. In particolare il frontman George Waite è esplosivo e magnetico con le sue movenze, il suo non riuscire a stare fermo nemmeno una frazione di secondo, con le sue espressioni del volto, e con la sua capacità vocale.
È con Yes, Yes we are magicians che i Crookes riescono a strappare a tutti larghi sorrisi invitando a tenere il tempo schioccando le dita, ed infine è con la hit radiofonica Afterglow che salutano il pubblico divertito, felice, ripulito.
Una dote innegabile dei Crookes è proprio questa: ripulire l’aria, gli occhi e la mente del pubblico. La musica da loro proposta è talmente semplice, genuina, fresca, disarmante. Ogni forma di difesa si abbandona, e ci si lascia trascinare dalla semplicità. Musica che profuma di birra fresca bevuta su un prato, di acqua del mare sulle labbra, di vestiti leggeri al vento, di sorrisi e una purezza tanto effimera e passeggera quanto estremamente necessaria. La bella stagione durerà fino a settembre, ma i Crookes erano stasera, bisognava esserci e con loro brindare a tutto questo.
Si ringrazia LocomotivClub per la collaborazione.
Gallery fotografica di Emanuele Gessi