È uscito a inizio marzo Manuale distruzione, atteso disco d’esordio di Levante (Claudia Lagona). Da pochissimi giorni è disponibile anche il nuovo video del brano Duri come me. Levante è una cantautrice siciliana “naturalizzata” torinese. È arrivata al grande pubblico grazie ai tre singoli Alfonso, La scatola blu e Sbadiglio che hanno riscosso un discreto successo nell’estate scorsa. Manuale distruzione è un album indie dalle sonorità pop-rock. I testi intelligenti e non banali svelano una rabbia che si arrampica tra l’ironia e un piacevole garbo. Abbiamo fatto due chiacchere con Levante per conoscerla meglio.
Alfonso, il primo singolo che ha anticipato di molto l’uscita di Manuale distruzione, è stato quello che si può dire un vero e proprio tormentone estivo. Com’è stato lavorare all’album alla luce delle grandi attese che si sono riversate sul tuo disco?
Lavorare alla nascita di Manuale distruzione è stato molto emozionante, ho speso tutte le mie energie e i miei soldi in questo progetto e ne sono stata felice. Alfonso è solo stato il passo successivo al completamento del disco e non viceversa. Manuale distruzione era pronto prima che scoppiasse tutto.
Ci dici qual è stato il tuo percorso artistico prima di arrivare a Manuale distruzione?
Le prime canzoni sono nate all’età di undici anni e il mio primo provino lo feci a tredici anni ad Ariccia, con Teddy Reno. Il resto del tempo l’ho speso tra scuola e musica e mille fogli scritti. A diciannove anni, preso il diploma, ho firmato il primo contratto discografico, terminato tre anni dopo e, successivamente alla scrittura di un nuovo lavoro in inglese, sono partita per Leeds. Stanca di cantare in una lingua non mia (anche se per poco tempo) sono ritornata in Italia stringendo la mano ad INRI, la mia attuale etichetta discografica.
Com’è iniziata la collaborazione con Alberto Bianco?
Bianco lo conosco da parecchio tempo e quando ho dovuto scegliere quale produttore artistico potesse andar bene per un lavoro come quello di Manuale distruzione, alla luce dei suoi dischi (dei quali sono innamoratissima) ho chiesto a lui di collaborare alla realizzazione del mio “primo figlio”.
Tornando a Manuale distruzione, la prima cosa che ha colpito il mio occhio è la semplicità della copertina dell’album. Tu con un vestito bianco sporco, che pare un abito da sposa degli anni settanta, ci dici com’è nata la scelta di quella foto e in che modo serve a rappresentare l’album?
Esatto, quello è proprio un abito da sposa anni settanta color avorio. È l’abito da sposa di mia madre. In quell’immagine c’è l’inizio e la fine. Ho indossato l’abito da sposa di una donna innamoratissima dell’uomo che morirà anni dopo tra le mura della casa contro le quali appoggio la schiena. Manuale Distruzione non poteva avere immagine più significativa.
Ascoltando l’album la prima volta ciò che mi è arrivato all’orecchio è il contrasto tra le melodie e i testi: la leggerezza dei primi e il lucido, nostalgico, arrabbiato a tratti, disilluso racconto dei secondi. Come nasce un tuo brano e quale urgenza ti spinge mentre componi?
La vita, banalmente, mi spinge a scrivere e musicare le parole. Il peso degli eventi, la forza dell’amore, la leggerezza di alcune giornate anche.
Di solito mi lascio cullare dalle melodie e su questo trovo le parole, il tema. A volte nasce tutto per caso, come se certe cose fossero già scritte dentro di me. Altre volte sono accecata dai sentimenti e spinta contro la chitarra e i fogli nella ricerca spasmodica di liberarmi delle cose che provo.
“Rialzarsi pesa, la gravità impone una vita a terra” canti in Non stai bene. Presentando il tuo disco hai detto che hai indagato su come oggi si cresce su grandi macerie: ci parli di cosa hai trovato durante la tua indagine e da quali delle grandi macerie ha pesato di più rialzarsi?
Crescere senza mio padre credo sia stata la cosa più dura. Suppongo che quella sia stata la causa e tutto il resto una serie di conseguenze tristi. Quando la vita ti mette in difficoltà puoi scegliere di soccombere o tentare di trasformare le macerie in gradini. Io ho scelto di risalire.
Le margherite sono salve l’hai scritta per tuo padre (morto diciasette anni fa), ma riesco a scorgere di lui anche in altri parti dell’album, come per esempio in Cuori d’artificio, poi magari è solo una mia percezione errata. Quanto è difficile scrivere, cantare e rendere pubblici certi dolori privati e quanto invece aiuta riuscire a farlo?
Hai intuito perfettamente. Mio padre c’è sempre… in ogni cosa che scrivo. È lì, è inevitabile. Molte delle cose che faccio, molto di me è dovuto a quella perdita. Scrivere è stata una salvezza da subito, vomitare sul foglio tutta la mia rabbia e il mio dolore è sempre stata un’analisi, una liberazione. Ricevere il supporto e la condivisione di molti, specie su un tema come questo, mi ha fatto sentire meno sola. Parlare di me non è mai stato difficile, non ho paura di mostrare le ferite.
Quanto della tua terra, la Sicilia, ti porti dentro?
Tantissimo. Il carattere, l’orgoglio siculo che porterò con me fino alla morte, il passato che per me è sempre presente ha un solo nome e profuma di zagara: TRINACRIA.
Quando la redazione mi ha proposto di recensire il tuo album ero contenta perché nel panorama musicale indie le donne da recensire sono sempre troppo poche. Secondo te questa disparità di genere da cosa dipende?
Purtroppo sempre più spesso ricevo domande simili e mi rendo conto che siamo davvero poche in Italia. Il cantautorato femminile ha poco spazio, o semplicemente ha meno appeal. Sono numerose le interpreti ma di cantautrici se ne scorgono poche, forse per una questione culturale, ma non ne sono certa.
Ci parli dei tuoi riferimenti, non solo musicali…
Io amo le grandi donne, quelle che non si sono mai arrese nonostante tutto, quelle che hanno lottato e hanno vinto, le soldatesse, quelle con il mento alto e la schiena dritta. Frida Kahlo è un grande riferimento per me. Mia Madre è un altro grande riferimento.
Il tour è già partito, si chiuderà a Torino, tua città adottiva, il quindici maggio. Progetti per il dopo?
Sto già scrivendo il nuovo disco e quindi maggio sarà un mese dedito alla stesura del prossimo lavoro. Nel frattempo usciranno le date del tour estivo e si ripartirà, già dai primissimi di giugno, on the road. Morale della favola : non mi fermo mai!
Puoi farci una selezione di cinque brani che hanno direttamente o indirettamente influenzato la realizzazione del tuo album o della tua musica?
Feist con So sorry, Bon Iver con Skinny Love, Ane Brun con Do you remember, Alanis Morrisette con Ironic, Verdena con Nel mio letto.
Grazie mille ed in bocca al lupo
Un forte abbraccio e crepi il lupo!
Duri come me – video
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