Al monte è il terzo album di Alessandro Mannarino, uscito per Universal Music lo scorso maggio. Alle spalle due album che hanno fatto del cantautore romano un nome di spicco nel cantautorato folk-popolare “volemosebene” italiano: Supersantos del 2011 e Bar della rabbia del 2009. Un cantautorato curato, elegante quanto popolare, capace di far ballare e piangere nel tempo di pochi versi.
Al monte è un lavoro diverso dai precedenti; c’è chi parla del disco della maturità. Si abbandonano le strofe urlate, incantate ed abbracciate per ricreare un mood più raffinato, pensato e studiato. Il Monte diventa il luogo del ritiro musicospirituale sul quale compiere, come un eremita, il cambiamento stilistico.
C’è un’evoluzione tangibile, una voglia di rendere meno grossolane melodie e sonorità, ma, la durata dell’album (39 minuti per 9 tracce) e la scarsa taglienza della voce, colonna portante dei lavori precedenti, dovuta forse a scelta stilistica, forse a ribellione incontrollata delle corde vocali causa eccessiva stimolazione, richiedono numerosi ascolti per farsi accettare.
L’ironia ed il mood da cantastorie lascia progressivamente spazio ad una serie di testi significativi e “letterari”, legati strettamente tra di loro, quasi a creare una sorta di concept album. Come la più classica delle storie l’inizio e la fine si abbracciano in un continuum temporale: il primo brano, Malamor, ci narra della nascita di un uomo attraverso violini, parole quasi gracchiate ed ancora assonanze riconducibili allo stile mannarinesco precedente (anche per la scelta della terminologia del testo). Il finale è affidato a Le stelle, in cui sono i tasti leggeri di un pianoforte classico a dipingere la scena conclusiva di un uomo che fa i conti con il firmamento.
Si riconosce la profondità, la genuinità e l’estremo trasporto in brani come Deija in cui sono le divinità a mostrarsi illusoriamente nella vita caotica del nostro protagonista; la ritmica cullante ed ipnotica trova il suo spazio ideale sul finale in cui le urla strazianti del protagonista, che si chiede il perchè dei mali del mondo, se in principio nasciamo tutti uguali, si scontra con le melodiche, nebulose ed impassibili voci del coro di accompagnamento.
In Gente è un amore disperato ad essere descritto: la storia finita di due amanti, una litania drammaticamente orlata da un coro di voce femminile vibrato e dai colori balcanfolk.
Signorina è un tango che ci lascia un alone di malinconia mista ad estrema sensualità.
Un album diverso quindi; un album che al primo ascolto ti fa rimpiangere il vecchio Mannarino, quello delle storie ritmate, oniriche e cantate al massimo dell’energia. Con il procedere degli ascolti si inizia ad entrare nell’animo del lavoro però, capendo che la genuinità e la svolta “letteraria”, minimalista e raffinata continuano ad andare di pari passo. Probabilmente non le consumeremo come le precedenti queste canzoni, ma rimangono comunque il frutto di un gran cantautore-cantastorie che, personalmete, spero ritorni a raccontarsi a piena voce.
Credits
Label: Universal Music – 2014
Tracklist:
- Malamor
- Deija
- Gli animali
- L’impero
- Scendi giù
- Gente
- Signorina
- Al monte
- Le stelle