Un disco coerente quello di Malfatti, curato in ogni dettaglio. Coerente in tutto, dallo stile del canto all’atmosfera generale; il primo brano indica la cifra stilistica di tutto il lavoro, ovvero quello di un raffinatissimo cantautorato pop dalle meste atmosfere acustiche cui stavolta è stato fatto indossare l’abito sonoro del jazz, soprattutto grazie all’onnipresente e preponderante pianoforte di Antonio Zambrini, che lascia la sua impronta fino all’ultimo brano.
Un disco che per la verità si apprezza soprattutto da un secondo ascolto in poi, quando, metabolizzato il bisogno jazzistico, viene maggiormente fuori il tessuto armonico della scrittura e le melodie nascoste, mai apertamente liberate della vocalità di Malfatti, sempre contenuta, intima, mai urlata e tantomeno sfogata, ma sempre pacata, controllata e trattenuta. Se la traccia di voce fosse posizionata ad una delle due estremità del panorama stereo del mix, la sensazione sarebbe quella di avere Cesare che ti canta le sue piccole e accennate melodie sussurrandotele direttamente all’orecchio. Sonorità che a tratti ricordano qualcosa di Nick Drake, e per questo, lo si può considerare un prodotto anti-italiano, che sposta indietro la voce, sia nell’interpretazione sia nel suo peso generale, anziché sul solito proscenio del bel canto chiaro e aperto, occupato invece dall’altra prima donna, il piano jazz che sembra un vero e proprio coprotagonista del disco. Non solo. Dagli ascolti ripetuti, vengono fuori le parole degli autori, Luca Lezziero e Vincenzo Costantino Cinaski, che portano di un passo avanti (se non più d’uno) la qualità dell’intero lavoro. Anzi, sono spesso proprio i testi ad illuminare la musica. Le parole dell’autore Lezziero sono schiette, indicative nel modo, libere da timori e rispettose di verità tanto evidenti quanto inevitabili. Parole quelle di Lezziero che grazie alla vocalità di Malfatti sgorgano silenziose con disarmante semplicità, e che provano a non mentire nemmeno a se stesse.
Di tutt’altra natura i testi di Cinaski, metafisici e astratti, quasi surreali, meno narrativi ma solo apparentemente più lontani, senza contorni definiti, più aperti e ri-leggibili, e quindi per certi versi (o per fortuna), meno raccontabili. Sembra vedere oltre le quattro dimensioni e le strutture del reale, riesce a fare astrazione dell’esperienza e ne intravede i fili che la muovono senza pretendere di indicarli.
Parole quelle di Cinaski e Lezziero velatamente nostalgiche, che si seguono con leggerezza e che però riescono a muovere dentro per una certa inesorabile universalità dove ognuno viaggia e arriva, se vuole, dove vuole.
La sensazione è che questi brani trattengano qualcosa pur nella loro dispiegata eleganza. Forse un qualcosa che si libera a poco a poco ad ogni ripetuto ascolto, in cui ogni volta si scopre qualcosa di più anche nella parte musicale, quasi fosse un lavoro dai contenuti stratificati; e questo non può essere che un bene in quanto svela una cura innamorata e sapiente.
Credits
Label: Adesiva Discografica – 2014
Line-up: Cesare Malfatti (voce, chitarra acustica) – Antonio Zambrini (pianoforte) – Matteo Zucconi (contrabbasso) – Riccardo Frisari (batteria) – Vincenzo Di Silvestro (archi) – Stefania Giarlotta (seconda voce).
Tracklist:
- Se tu sei qui
- Per noi
- Una mia distrazione
- Vivere
- Apro gli occhi
- Cantare
- Andare via
- Siamo soli insieme
- Piove
- Marzo
- Una casa che
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