Esce oggi in download da Bandcamp Where I’ll lose, ep di Milorad GD. Un cantautore solitario che considera la musica un’esigenza primordiale, un codice d’espressione che non vuole filtri. Sceglie la dimensione acustica, essenziale affinchè la voce si mostri nuda in primo piano, vera e trasparente. Milorad tira in ballo nomi grossi, da N. Young ai Joy Division. Fonti d’isprazione che animano un sentire di riflessioni e domande sul senso stesso della vita. Noi lo abbiamo incontrato per raccontarvi qualcosa in più su questo lavoro discografico che vede lo zampino di Giuliano Dottori.
Da dove arriva il nome del progetto?
Milorad è il mio secondo nome, GD sono le ininziali del mio primo nome e cognome. Milorad è un nome slavo, lo stesso di mio zio paterno, un Pope Ortodosso, vissuto negli Stati Uniti.
Dimmi del titolo dell’ep. Si può considerare una sintesi della tua poetica?
Credo di sì. Il senso, dove mi perderò… where i’ll lose, è una domanda che cerco di tenere sempre viva. Penso che il senso della nostra esistenza non sia solo lavorare, stare bene, ottenere soddisfazioni materiali, nutrire l’ego. Forse possiamo imparare a sentire che siamo immersi in un cosmo infinito, misterioso, incomprensibile, di fronte a cui tutte le nostre vite diventano qualcosa di davvero piccolo; siamo spinti da forze contro cui poco possiamo fare. Dovremmo cercare un ascolto rivolto a qualcosa che attraversa e che anima in profondità la nostra esistenza, una sorta di vita sottile che pervade tutto il creato.
Il tuo ep conta ballate folk-rock che riportano ai 60-70, svelando testi di riflessione sul senso stesso dell’esistenza. Neil Young e Ian Curtis. Raccontami queste ascendenze…
Sono identificato nella quotidianità della mia vita, nelle problematiche che comporta, e in tutte le dinamiche. Sono soggetto alle infuenze culturali delle nostra società. Forse è importante trovare in mezzo a questo caos di rumore, pulsioni, paure, desideri uno spazio in cui per qualche istante poter ascoltare ascoltare qualcosa che è oltre il nostro mondo limitato. Potremmo scoprire per qualche istante la vibrazione di un silenzio che va oltre e pulisce le nostre miserie umane.
N. Young… ricordo quando da ragazzo lo ascoltavo nei suoi primi dischi… After the gold rush, On the beach. On the Beach è stato un disco molto spontaneo. Dovevo essere particolarmente giù, credo, ma facevo solo quello che volevo veramente fare. Penso che chiunque, ripensando alla propria vita, capisca di aver vissuto una situazione simile. “Tutte le mie fotografie si stanno staccando dalla parete dove le avevo messe ieri. Il mondo sta girando, spero che non svanisca”, parole sue. Lo sentivo vicino, perchè nelle sue canzoni traspariva il disagio di chi non si era identificato con il sistema socio-culturale che cerca di standarzizzare ed automatizzare tutti, e le sue poetiche manifestavano la sua sensibilità nella relazione con il mondo esterno. La natura, la sua infanzia trascorsa, una malinconia per qualcosa che si è perso e non si riesce più a ritrovare.
I. Curtis trovo che manifestasse qualcosa di vicino a quello che ho scritto sopra. Love will tear us apart… l ‘amore ci distruggerà, credo ci sia molto significato in questa frase, ricorda Icaro che per volare verso il sole si bruciò le ali e cadde, oppure una frase di Nietzsche: “con le mie lacrime vai nella tua solitudine fratello mio, io amo colui che cerca oltre se stessoe cosi va a fondo”. Ho passato molti momenti in solitudine da ragazzo, e ricordo che ascoltavo tantissimo i Joy Division la sera.
Se dico Lou Reed?
Lou Reed… ho ascoltato molto i suoi album degli inizi e c’era una canzone che suonavo spesso: Wagon Wheel e Sweet Jane.
Jerusalem è un brano che colpisce per l’intensità che comunica. Come mai la meta di un viaggio è diventata una sorta di metafora?
Non so se sei mai stato a Gerusalemme, ma la mia impressione è quella di un un luogo in cui si sono incrociate e concentrate energie e culture millenarie diverse ed in conflitto, una città in cui si respira la sofferenza delle conflittualità attuali, ma allo stesso tempo è pregna di vita, forza, gioia, speranza, spiritualità densa, quasi ipnotica. Mentre camminavo in un vicolo, una stradina in cui avvenne la via crucis di Cristo, sono rimasto molto colpito da un’energia piena di gioia che sorprendentemente mi ha commosso, e toccato profondamente. Ho avuto l’ impressione che in quel luogo sia fortissima la presenza di quel grande maestro tuttora tangibile. Il ricordo di quell’esperienza è sempre forte e vivo. La canzone arriva da lì. Misi la mano in un punto della via crucis, su di un muro in cui si era appoggiato Cristo. Abbiamo i piedi per terra , a volte, o spesso, nella melma, ma abbiamo sempre la possibilità di tenere la testa rivolta verso il cielo azzurro.
Un sound essenziale, minimale, fondamentalmente acustico. Cosa c’è dietro questa scelta artistica?
Mi piacciono molto i suoni elettrici e d elettronici, ma per quanto mi riguarda la chitarra acustica forse permette di veicolare una sorta di intimità, di essenzialità, di immediatezza a volte meno costruite. La voce, con tutte le sue imperfezioni e verità, è meno coperta , più percepibile, magari meno esteticamente gradevole ma più reale. Preferisco un’imperfezione o povertà in cui traspare però la natura di chi si manifesta. Perchè tutto deve essere sempre bello, fruibile, vendibile, di immediato ascolto e tecnicamente perfetto?
Perché hai scelto di lanciare l’ep in download da Bandcamp?
Nel momento attuale, con tantissime valide proposte, è difficile proporre un download a pagamento. Su Bandcamp se uno ti apprezza allora puo fare download delle canzoni a qualità di file alta.
Cinque canzoni che ti hanno segnato e che, in qualche modo, ti rappresentano…
Lonesome me – N Young, A mean to the end – J Division, Ribbons – Sister of mercy, Why we tugs – Ice cube, Smokers outside the hospital doors – Editors.