Quando si pensa a Chet Faker vengono in mente solo cose belle: un tipo romanticone che appare gentile e sorridente (nonostante l’aria malinconica che i suoi occhi lasciano sfuggire); il tipico “bravo ragazzo” con il quale una ragazza vorrebbe avere a che fare. Al di là di questo, il giovane producer australiano si è fatto notare grazie alla cover No diggity dei Blackstreet, inserita nel suo ep di debutto Thinking in Textures (2011). Dopo questa, sono seguite importanti collaborazioni (ad esempio Flume) che l’hanno portato ad incidere il primo album Built on Glass e ad essere seguito e apprezzato da tantissimi.
Sì, Chet è proprio bravo e ne abbiamo avuta piena dimostrazione durante il suo primo live al Fabrique di Milano.
Il locale è pieno, sold out confermato. Nonostante la pioggia incessante, la fila di persone fuori dal locale sembra infinita mentre dentro si respira la trepidazione. Tutti sono curiosi di sentire Chet live e di vedere come sarà in grado di stupire: le aspettative sono decisamente alte.
La sua strumentazione è pronta sul palco: solo tastiere e sintetizzatori gli fanno compagnia, nessun altro accanto a lui. Il live inizia con Home, Blush e 1998. Una partenza da brividi ed estremamente carica, sul viso dei presenti solo grandi sorrisi e voglia di muoversi e ballare. Dopo i primi pezzi Chet ci ringrazia di essere così numerosi: quello che si presenta a noi è un artista visibilmente emozionato e felice.
La performance è un continuo crescendo. Il musicista australiano non sta fermo un secondo, si muove e saltella “costretto” in un’elegante camicia bianca. Arrivati alla parte clou dell’esibizione, ci stupisce suonandoci e dedicandoci una traccia inedita, improvvisata sul momento solo per noi. Tenendoci stretti a questo dono, una piccola chicca in esclusiva, ci sentiamo tutti speciali questa sera.
Se con Drop the Game il pubblico esulta e si fa prendere dalla carica del brano, è con Talk is Cheap che Chet riesce ad ipnotizzarci tutti grazie ad un’esecuzione struggente e piena di malinconia.
Il concerto si conclude così, lasciandoci il nodo alla gola. Provati dall’ultimo brano ed amareggiati per la fine del breve concerto ascoltiamo Chet che ci ringrazia di cuore, ricordandoci che è grazie a noi se lui ora riesce a produrre interamente da sé la sua musica.
Gallery fotografica di Teresa Enhiak Nanni
Si ringrazia Vivo Concerti per la collaborazione.