La febbre del venerdì 13 è il nuovo progetto di Andrea Zucaro, legato sin dal nome alla fine dell’esperienza con i filo-britannici Les Brucalifs, seguita alla febbre che colpì parte del gruppo alla vigilia di un concerto in uno sventurato venerdì 13 del luglio 2012. L’esordio solista del cantante e chitarrista viene presentato come un album da ascoltare in auto, un compagno di viaggio, ma è anche un viaggio esso stesso. A partire dall’introduzione psichedelica di Pentagoni, un tappeto rumoristico di un minuto e mezzo che pare una delicata sintonizzazione dell’autoradio alla ricerca del rock duro del brano vero e proprio, che oscilla tra sfumature policrome e cambi di marcia che ricordano gli Afterhours. Un percorso che si snoda in maniera scherzosa, ad esempio giocando col riff di Stand by me, che in Messico si trasforma in una ballata briosa, mentre una chitarra prosciugata ne commenta la melodia, o rileggendo il pop di Kinks e del Donovan elettrico attraverso il miglior beat italico in Sfidi mai. La cura degli arrangiamenti emerge in trovate singolari come l’unisono di tromba e archi nell’assolo di L.S.D.C. (la sorte dei cantanti) o nel breve bozzetto strumentale Moonocabada, improvvisato in studio nel corso delle registrazioni, il cui sviluppo armonico e certe chiusure di giro di basso ricordano piacevolmente gli U2 di The Joshua Tree. Il viaggio continua con Il rosso, una ballata da circo sgangherato stile Beatles, pompata dal contrabbasso increspato di Riccardo Sartorel e acidula nell’assolo di tastiera che riprende il tema vocale; Pit stop col suo basso ossessivo ci riporta in avanti verso una new wave che non vuol morire, mentre Tigre si addentra per una breve sosta nell’elettronica dei primi anni ’80 con un’ottima chiusura di synth arpeggiato; un altro balzo e Veterano giunge agli anni ’90 citando brandelli di Blur con chitarre arrotate al limite della dissonanza, proprio come il canto di Damon Albarn. Infine si approda all’inaspettata meta di Nevada, tra chitarre desertiche e polvere con una torrida conclusione psichedelica degna dei 13th Floor Elevators.
La storia della ripartenza di Andrea Zucaro ricorda un po’ quella di Jimmy Page che, dopo il naufragio dell’ultimo tour con gli Yardbirds, fondò una nuova band dandole un nome ispirato proprio da quel fallimento: ci auguriamo che l’analogia porti meritata fortuna anche a lui.
Credits
Label: Dischi Soviet Studio / IRMA Records, 2015
Line-up:
Andrea Zucaro (voce, cori, chitarre ritmiche) – Alessio Ghezzi (percussioni) – Alessandro Zotta (chitarra solista) – Luca Castellaro (basso elettrico, chitarra solista) – Matt Bordin (basso elettrico in “Veterano”, chitarra solista, Hammond) – Riccardo Sartorel (contrabbasso) – Luca Ventimiglia (synth) – Francesca Rismondo (violoncello) – Stefano De Marzi (violino) – Nicolò Milanese (fiati)
Tracklist:
- Pentagoni
- Messico
- Sfidi mai
- Moonocabada
- L.S.D.C. (la sorte dei cantanti)
- Il rosso
- Pit stop
- Tigre
- Veterano
- Nevada
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