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Il sogno che disarma: Soap&Skin @ il cuNeo gotico, Dogliani (CN) 10/07/2015

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Immensa, il plurale, l’alterità su tinte cupe e melodie dolcissime, ondivaga, raccolta e distante e poi un’esplosione in danze arcane. Prendete lei, Soap&Skin, e prendete un’ambientazione come quella offerta da Dogliani: un borgo medioevale in provincia di Cuneo. Il concerto della cantautrice austriaca viene ospitato da una piazza situata in un fantastico punto panoramico dove impera un ippocastano centenario con a fianco la Torre Civica e il Castello dei Perni. Passate le 21, il sole s’attarda a tramontare e gli animi sulle colline sembrano sbocciare attorno ai loro contorni di un rosso ramato. Il pubblico attende silenzioso questo concerto organizzato da Il cuNeo gotico, ovvero un nuovo progetto culturale ed espositivo della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo.
Microfono in primo piano, pianoforte a coda e laptop. Sale sul palco Anja Franziska assieme alla sorella che l’accompagnerà come seconda voce. La prima vestita di bianco, l’altra di nero. Anja è avvolta da un fascio di luce tutto suo: la voce è sottile e tremante all’inizio, poggiata sulle note malinconiche del piano. La cantautrice giovanissima rapisce tutti con i brani del primo disco Lovetune for vacuum. Cry Wolf è un carillon dolcissimo per notti solitarie e impossibili, mentre Thanatos riecheggia come un tempo indefinito, con le basi che aggrediscono il piano con tonfi e strappi. E The sun, poi, si solleva dal silenzio, hanno luce propria i volti che Anja canta, i loro tratti diventano iridescenti in un climax in perfetto equilibrio tra la ricerca dell’eleganza e lo strappo logorante del rumore. Complessa, mutevole, impacciata. La voce cristallina della sorella la segue, la sostiene, si guardano, si sorridono in un’intesa tenera. La cantautrice si intimidisce e si scusa col pubblico perché una base non parte. Le mani davanti agli occhi, si alza in piedi e gira di qua e di là. Ogni inceppatura, però, viene presto dimenticata e perdonata da un pubblico in contemplazione.
Nella seconda parte del concerto si scivola in un’elettrica marcia, lenta, talvolta dai passi pesanti, come l’incedere del piano. Questo perché Anja dialoga con quei tasti, li suda, li pesta, e confida, urla, azzarda versi in quel microfono. Tra gli arabeschi di un Poe donna ci sono le pulsazioni dal fondo, fatte zampillare, dilagare poi in un canto strozzato. Pezzi come Deathmental e Marche funebre yrasor creano un laccio di tensione alla gola tra dissonanze e rumorismi. La cantante è in piedi davanti al microfono ora ed è un fascio di nervi che incespica con mani, braccia e testa. I bassi hanno preso il sopravvento, i riflettori scandiscono la danza dei sogni inquieti, forse anche incubi, portati in superficie dal progetto Soap&Skin: sono gli opposti in chiaroscuro, quelli di Me and the devil punzecchiata da un violino campionato lucido.
Uscita di scena per qualche istante e poi due splendide cover: Pale Blue Eyes dei Velvet Underground e The end dei Doors. Rivisitazioni dei brani in perfetto stile Soap&Skin, ovvero asciutto, tagliente, con intagli di nostalgia irrisolta. Applausi sul finire, alle spalle del palco il buio come sipario, punteggiato da qualche stella.

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