Cesena torna a cambiare forma e colori. Dopo gli echi del desertico grunge di Mark Lanegan, il continente americano continua ad essere ispirazione di suoni e colori che si sono potuti vivere il 18 agosto alla Rocca Malatestiana: ci si sposta verso sud, gli USA incontrano il Messico e le influenze latine. Questa sera sono i Calexico ad esibirsi dentro alle splendide mura della rocca; prima del duo di Tucson tocca però ai Sacri Cuori scaldare gli animi.
I Sacri Cuori sono una band romagnola capitanata dal chitarrista Antonio Gramentieri che, insieme al batterista Diego Sapignoli e il bassista Francesco Giampaoli, ha dato vita ad un immaginario musicale vastissimo ed affascinante. I Sacri Cuori compongono canzoni, per lo più strumentali, che abbracciano il rock ed il blues ispirandosi agni agli anni ’70 e ad atmosfere morriconiane. Delone, il loro ultimo disco, è un piccolo capolavoro del genere, splendido omaggio alla musica che odora di tabacco e polvere da sparo, ma anche all’Italia e a quel particolare luogo immaginifico dove il mediterraneo è un po’ oceano e la Romagna è un po’ Far West.
Esempio perfetto di questa combo musicale è il brano La Marabina, danzereccio ed orecchiabile, che profuma di anni ’50 e spiagge assolate; la più struggente Portami Via affascina con il suo passo cadenzato; Delone è una bellissima canzone che vede la presenza sul palco di un membro aggiunto durante la realizzazione dell’ultimo album. Carla Lippis, cantante australiana, è perfetta per i Sacri Cuori, sia vocalmente che come immagine. Una voce potente e suadente, perfettamente addomesticata, emozionante e coinvolgente nelle movenze: Carla Lippis sembra essere nata su un palco e non si riesce ad immaginare una condizione migliore per esprimersi diversa dai Sacri Cuori.
Il concerto d’apertura dei Sacri Cuori dura una mezz’ora abbondante, riceve i suoi meritatissimi applausi e si conclude in modo assolutamente convincente.
Il cambio di palco richiede un po’ di tempo. La band romagnola sul palco si è presentata nella formazione a sette, quindi tra microfoni, strumenti, cavi da spostare passa quel poco di tempo buono per andare a riempire nuovamente il bicchiere riciclabile con della birra fresca.
Quando la band americana sale sul palco il pubblico è già caldo e perfettamente entrato nel giusto mood, quello che lo porterà in un viaggio musicale lungo quasi venti anni di carriera dei fondatori Joey Burns e John Convertino.
La band al gran completo, anch’essa composta da sette elementi, sale sul palco ed immediatamente si diffondono le note di Falling from the Sky. I mille colori della musica dei Calexico forma sorrisi sui volti del pubblico, lo stesso sorriso da copertina che non lascia quasi mai il volto del chitarrista e cantante Joey Burns.
L’aria si incendia con i ritmi latini di Cumbia de Donde, il pubblico balla e si diverte con le sonorità mariachi e la passione tipica della musica latina.
Il ritmo cala, è tempo di una dolce ballata: When the Angels Played incanta con la sua leggerezza che dopo poco viene turbata dalla bellissima Coyocàn.
L’amalgama musicale dei Calexico è ricchissima e davvero efficace. Chitarre, batteria, basso non sono soli ma in compagnia di trombe, tastiere, marimba, fisarmonica, contrabbasso ed altro ancora.
La precisione di John Convertino nascosto timidamente dietro alla sua batteria fa da contraltare alla grande personalità di Joey Burns che appare un frontman di altri tempi, educato e carismatico ma sempre moderato, mai eccessivo.
Dopo una parte iniziale che ha dato largo spazio all’ultimo lavoro discografico intitolato Edge of the Sun, Maybe on Monday è un ritorno morbido ed avvolgente al precedente Algiers. Le trombe di Alone Again Or (cover dei Love) schizzano in cielo come razzi, mentre le chitarre danzano un ballo a due.
In scaletta trova spazio anche la splendida Crystal Frontier che chiude la prima tranche di concerto. Dopo una brevissima pausa ecco Joey Burns tornare sul palco tra gli applausi per una appassionata versione acustica di Fortune Teller. La band torna accanto a lui per una effervescente e trascinante Splitter ed una spassosissima Corona (cover Minutemen).
Joey Burns si volta verso il lato del palco e con chiari cenni chiama a sè i Sacri Cuori che recuperano al volo gli strumenti ed attorniano i Calexico per la splendida Guero Canelo.
Sacri Cuori e Calexico insieme sul palco sono due espressioni di una stessa medaglia, due visioni di un immaginario, due culture distanti che si ispirano a riferimenti vicinissimi, uno spettacolo nello spettacolo.
La serata si conclude con la dolce Follow the river che suona come un grato e reciproco “arrivederci” con il pubblico italiano.
I Calexico si sono confermati una band di altissimo livello, capace di coinvolgere e divertire. Una musica di grande effetto, di piacevolissimo intrattenimento e qualità. Uno scambio sincero tra la band americana ed il pubblico italiano che ancora una volta sembra confermare un rapporto speciale.
Gallery fotografica di Emanuele Gessi