A Bologna piove questa sera. D’altronde è Ottobre, cosa si puó pretendere? Non facciamo i bambini, non impuntiamoci: la pioggia è naturale in autunno quanto l’invecchiare, il trascorrere del tempo, il finire delle cose, anche le più belle.
Talvolta peró i grandi ingranaggi della macchina del destino sono in grado di plasmare cose incredibili che vanno a rompere ogni regola. Chi se lo sarebbe mai aspettato il ritorno degli Scisma?
Avere meno di 30 anni non è una scusa valida per ignorare quella magnifica band che come una meteora ha illuminato il cielo della musica alternativa italiana tra il 1993 ed il 2002 pubblicando due album per poi eclissarsi in modo brusco.
Dicevamo: questa sera a Bologna piove, gli Scisma suoneranno sul palco del Locomotiv, e la coda all’ingresso è una lunghissima ed ordinata fila di ombrelli e capelli bagnati. Il tour di presentazione del nuovo EP degli Scisma (Mr. Newman) prevede solo tre date, questa è la prima. Mentre attendo il lento avanzare, ascolto le voci intorno a me: “Non vedo l’ora!” in accento toscano, “Sono un po’ preoccupato, lo ammetto… chissà!” con calata veneta, e persino racconti di chi viene dalle Marche: “Quattro ore di auto, una gomma bucata e poi si riparte dopo il concerto perchè domani mattina si lavora!“. I grandi ingranaggi della macchina del destino, stasera, l’hanno fatta davvero grossa.
Il compito di aprire la serata è affidato a Fabio Cinti. Solo tre brani per voce e due chitarre non bastano per apprezzare, per poter entrare nella sua esibizione. Il suo prossimo album, prodotto da Paolo Benvegnù, uscirà nel 2016 quindi avremo sicuramente diverse occasioni per poterlo rivedere su un palco.
L’attesa per gli Scisma incomincia a farsi trepidante: il pubblico è caldo, e dopo aver ascoltato un annuncio che chiede in modo simpatico di “dimenticarsi dei cellulari” durante il concerto, gli applausi iniziano a tirare fuori a forza la band dal backstage.
I ricci capelli di Michela Manfroi, la lampadina accesa sulla fronte di Paolo Benvegnù, l’elegante sorriso di Sara Mazo, la gonna di tulle di Giorgia Poli, il cappellino ben calato sulla fronte di Giovanni Ferrario, gli occhi stupiti di Beppe Mondini. Gli applausi si fanno più forti che mai, non lasciano scampo alla band che rimane immobile sul palco per un paio di minuti fin quando, dopo qualche sospiro, inizia a suonare le note di Good Morning.
L’aria intorno è così dolce e densa che si potrebbe mangiare. La tensione negli sguardi di chi è sul palco è palpabile, emozionante anche per chi si trova di fronte a loro. Umani rapporti, umane tensioni, umana gioia, umana bellezza riversata in note e parole che trovano ispirazione da un organo misterioso che si trova a metà tra cervello e cuore.
Mr.Newman, l’uomo-nuovo racchiuso nel neonato EP pubblicato da Woodworm, risuona con il suo ritmo e nell’incrocio delle voci di Benvegnù e Sara Mazo. Forte ed affascinante la prima, sinuosa ed incantata la seconda: una vera magia. Ed è magia anche quella che avvolge Metafisici per poi lanciare la splendida Giuseppe Pierri.
La prima vera e propria esplosione si ha con Troppo poco intelligente: il pubblico canta, si muove, segue il basso cadenzato di Giorgia Poli, deflagra nel ritornello e si divide tra canto e controcanto diventando un vero e proprio membro aggiunto per questa rediviva band.
Lieve e misteriosa, la voce di Sara Mazo si staglia con naturalezza ne L’innocenza mentre le chitarre di Benvegnù e Ferrario sonorizzano magnificamente quel luogo incredibile sospeso a mezz’aria nel quale si muove la cantante.
Le tastiere di Michela Manfroi riempiono il poco spazio rimasto all’interno del Locomotiv e caratterizzano il suono di Tungsteno fin quando, a cavallo di una breve pausa, le sonorità più tipicamente anni ’90 straripano nelle chitarre di Centro e Jetson High Speed. Queste sono in grado di mutare completamente nella divertentissima Darling, darling, dove il canto italiano/inglese diventa una sorta di botta e risposta tra Benvegnù e Mazo; la chitarra funkeggiante di Ferrario, il basso saltellante e gli effetti alle tastiere rendono il brano un vero divertimento al limite della disco-music.
Neve e resina è una perla di poesia che si appiccica alla pelle. Poi arriva il glorioso e liberatorio canto in coro di tutto il Locomotiv: “trascendendo l’aria, trascendendo l’ariaaa!” (L’equilibrio).
Rosemary Plexiglas è il brano che forse più di tutti riesce a raccogliere gli elementi che caratterizzano gli Scisma, e brilla di una luce accecante che termina con i saluti al pubblico.
Gli applausi non si placano, il pubblico ne vuole ancora… e tutti sappiamo che non può essere finito: almeno due brani non possono assolutamente mancare questa sera.
Gli Scisma, emozionati dal primo all’ultimo, prodighi a ringraziare, travolti da un affetto forse inaspettato, donano al pubblico la grazia senza tempo di Simmetrie e L’universo.
In questo concerto, così come nel disco Mr.Newman, l’apporto alla batteria da parte di Beppe Mondini è stato fondamentale e preziosissimo per garantire la massima qualità alla riuscita di un sogno che aveva l’obbligo morale di mantenere standard alti, nel rispetto del passato, del presente, e per fissare il ricordo migliore nel futuro.
La cosa che più stupisce degli Scisma è la libertà. Assoluta e rara. Qualsiasi giovane musicista dovrebbe ascoltare gli Scisma e correre a comprare un biglietto per le date di Brescia e Roma: di questi tempi è impossibile trovare una band italiana capace di spaziare in questo modo nei generi musicali che negli ultimi anni sono stati blindati per mancanza di coraggio e vera profonda ispirazione artistica, unitamente all’inflazione di offerta musicale dovuta alla distribuzione digitale che ha portato ad una settorializzazione dei gusti ancor più maniacale e chirurgica.
Quello di stasera al Locomotiv è stato un concerto d’amore, un regalo prezioso che la band ha fatto a se stessa e ai suoi fans. A distanza di oltre dieci anni, gli Scisma sono sembrati genuinamente uniti da un sentimento comune: la voglia di offrire un vero e proprio finale ad un’esperienza interrotta. Servivano nuovi sguardi d’intesa su quel palco, servivano gesti d’affetto tra di loro, servivano occhi un po’ lucidi a fine concerto. Servivano e serviranno sempre gli Scisma. In futuro saranno ancora insieme sul palco? Chissà… l’importante è che rimangano per sempre.