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s/t – Il Teatro degli Orrori

recensione_IlTeatroDegliOrrori_IMG_201510Dopo il folgorante Dell’Impero delle Tenebre (2007), la conferma di A sangue freddo (2009), e a distanza di  tre anni da un album non completamente riuscito ma di intenti lodevolissimi come Il mondo nuovo (2012), al termine di questo 2015 Il Teatro degli Orrori pubblica il nuovo album in studio.
Un disco senza titolo: a dominare sull’artwork della copertina la sola scritta “Il Teatro Degli Orrori” ed un logo che con una semplicità immediata riunisce le iniziali della band. Questa scelta pare voler confermare ed ostentare una rinnovata coesione, un’identità riscoperta, più viva che mai, che non necessità di altre parole.
Il disco si apre con Disinteressati e indifferenti. Diverse urla all’unisono, uno sfogo. Ecco Il Teatro degli Orrori, quello prepotente e sconvolgente dell’esordio. Eccolo qui con tutta la sua furia ritmica, vocale, grottesca e teatrale. Ci sono però novità: la chitarra a tratti appare pulita ed ammiccante, un coro si illumina su una sorprendente melodia ariosa, la presenza dei synth e tastiere è massiccio e fondante.
La paura e Lavorare stanca sono i primi due brani estratti per il lancio del disco: immediati, efficaci nella musica e nei testi e nell’incastro tra strofe/ritornelli, salite/discese, pause e riprese di potenza.
Bellissima è il brano che forse più di tutti segna il trait d’union del disco dal punto di vista dei contenuti testuali. La poetica che ha sempre caratterizzato il lavoro di Pierpaolo Capovilla in questo album si affina nei parallelismi e nelle ispirazioni incrociate tra politica e amore. Bellissima è una canzone d’amore verso una donna ma al contempo verso il nostro Paese. Un amore rotto, lacerato da continui strattoni da entrambe le direzioni: “è il naufragio di un paese / che mi ruba i giorni, i mesi, gli anni / la vita è un buco / scavato a sacrifici, imprecazioni, e turni di notte“.
La critica politica di Capovilla continua in tutto l’album, accentuandosi nel quinto brano intitolato Il lungo sonno (lettera aperta al Partito Democratico).  “Aspettando che cambiasse il mondo / o che cambiassi tu, sono cambiato io / e senza accorgermene, adesso sono di destra“. Diretto e sfrontato ma senza offese e latrati, Capovilla esterna il suo assoluto disappunto verso una sorta di sonno della ragione e dei sentimenti; lo fa con una canzone pregna di significati, rabbiosa ma anche frizzante, divertente e drammaticamente sarcastica.
Il Teatro degli Orrori da sempre ha accompagnato il suo pubblico nella scoperta di vari elementi artistici, esaltando la commistione delle arti (letteratura, poesia, cinema, pittura) e così Una donna trae ispirazione da una fotografia di un reporter di guerra. Scattata in Kurdistan da un fotografo iracheno, rappresenta una donna con un mitra sulle spalle. In realtà si tratta di una giovane adolescente, costretta a saltare tutte le tappe dello sviluppo, costretta da una guerra a dover imbracciare un fucile per difendere se stessa e la propria famiglia durante la fuga a causa dell’avanzata del Califfato Islamico. Una delle tante migranti, una delle tante bellissime donne derubate della propria vita “e noi qui a farci i cazzi nostri, e tu, donna / la bellezza del tuo sorriso parla del tuo coraggio / la sua dolcezza è una bandiera, rossa / spiegata al vento, altro che strafiche in passerella“, il tutto sostenuto da una pasta sonora densissima e potente, che si apre meravigliosamente in una rivelazione quasi mistica, quasi amore.
Un altro tema trattato in questo disco da Il Teatro degli Orrori è quello della salute mentale, l’abuso di psicofarmaci (autoindotto o prescritto) e la mostruosa pratica della contenzione meccanica spesso adottata dai Servizi Psichiatrici nei trattamenti di TSO (pazienti legati e imbottiti di psicofarmaci). Benzodiazepina e Slint sono i brani di riferimento: potenti e rabbiosi, tra chitarre furiose ed un basso che marca il cammino insieme ad una cupa batteria, cori, urla e suoni dai synth che tagliano e feriscono nel profondo.
Percosse e dolore: di questo cantano Genova e Cazzotti e suppliche. Il primo riferimento è immediato, e porta la mente al racconto (mai troppo ripetuto) della criminale furia delle forze dell’ordine in quel del G8, in particolare alla Diaz dove gli sguardi di tanti sognatori sono stati offuscati da lividi, umiliazioni, urla di terrore e tantissimo sangue. Cazzotti e suppliche declina il tema della violenza alla vita quotidiana in questa Italia che ci mette troppo spesso spalle al muro. “Non è certo l’amore che ci spinge a vivere una vita così“, ed ancora una volta sentimenti e passione (intesi come carburante nobile e indispensabile per la vita dell’essere umano) si sciupano nella condizione della società italiana, toccano quindi il tema del lavoro, del consumismo, della felicità ostacolata da meccanismi più grandi di noi (“assemblare automobili grottesche e cafone / senza scopo e senza meta / tenere duro e menare il bullone /per accarezzarti la schiena se non altro / i capelli, i tuoi seni, e non perderti mai“). Il Teatro degli Orrori riesce a trattare questi temi con efficacia, con suoni che fanno male come vetri rotti sotto i piedi scalzi, poi la poesia e la delicatezza, poi di nuovo la furia vorticosa della consapevolezza, quella più triste, e grondante bile.
L’ipocrisia ed il conformismo imperante nel mondo dello spettatolo prende forma nelle parole di Sentimenti inconfessabili, irridendolo in una bizzarra trasposizione funebre e con l’aggiunta sul finale di un breve tratto recitato dalle voci di Federico Zampaglione e Chiara Gioncardi. Epico e strepitoso il finale che si affida al sax di Guglielmo Pagnozzi: il crescendo innalza e sposta il tutto in un’altra dimensione sonora.
Il disco si chiude con il brano più fresco dell’intero album, con un ritornello facile da fissare in testa, sostenuto da una musica piuttosto pulita con spolverate elettroniche, che si adatta magnificamente ai passaggi radiofonici (nonostante gli immancabili tratti roboanti). Una giornata al sole sarebbe un brano che qualunque altra band avrebbe posto a metà del disco, per dare ossigeno all’ascoltatore durante questo lungo viaggio claustrofobico. Il Teatro degli Orrori però vuole turbare l’ascoltatore, vuole bloccarlo lì, imprigionarlo, costringerlo a pensare, a sudare, a piangere. In questo album riesce a farlo anche con alcuni mezzi nuovi, con un’attenzione maniacale, con qualche espediente vagamente più pop, con aperture melodiche impensabili fino a poco fa all’interno di un loro disco. La band riesce però in tutto ciò senza snaturarsi, anzi, centrando perfettamente l’obiettivo di saldare e rinnovare l’identità del progetto artistico a marchio TDO.
Musicalmente il tratto che contraddistingue maggiormente il nuovo album è dato dall’apporto creativo di Kole Laca a tastiere e synth: il lavoro offerto alla band nei live del precedente tour ora trova spazio nella struttura dei brani e non solo come riempimento dei suoni ma come vera e propria rampa di lancio per poter raggiungere ogni tipo di suggestione sonora.
Il nuovo album de Il Teatro degli Orrori suona più “sexy” dei precedenti, più immediato pur essendo complesso. Proprio quando la politica e la denuncia sociale forte e determinata sembravano essere sparite dalla musica rock italiana, ecco tornare Capovilla che si conferma uno dei più sorprendenti, bizzari e geniali frontman che si possono vedere su un palco non solo in Italia.
Alla faccia di tutti i nuovi esteti del rock, dei geni musicali senza testa e palle, Il Teatro degli Orrori è tornato.

Credits

Label: La Tempesta Dischi / Artist First – 2015

Line-up: Francesco Valente (batteria e percussioni) – Giulio Ragno Favero (basso elettrico) – Gionata Mirai (chitarra elettrica) – Marcello Batelli (chitarra elettrica) – Kole Laca (tastiere elettroniche) – Pierpaolo Capovilla (voce)

Tracklist:

  1. Disinteressati e indifferenti
  2. La paura
  3. Lavorare stanca
  4. Bellissima
  5. Il lungo sonno (lettera aperta al Partito Democratico)
  6. Una donna
  7. Benzodiazepina
  8. Genova
  9. Cazzotti e suppliche
  10. Slint
  11. Sentimenti inconfessabili
  12. Una giornata al sole

Link: Sito Ufficiale, Facebook

Lavorare stanca – video

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