Una botta di anni 80 per chi era presente lo scorso giovedì sera al Carisport di Cesena. Una botta di raffinatezza, di poesia, di consapevolezza mixata a quella timida spavalderia glitterata propria solo di quelle rare rockstar rimaste sul nostro povero pianeta. Una botta dritta alla pancia ed al cuore di chi, in quelle sonorità anni 80 d’oltremanica, ci sguazza ancora giornalmente, standoci pure molto bene.
Morrissey. Ex leader degli Smiths. E’ stato lui a riempire gli spalti di uno sbiadito palazzetto della bassa Romagna, nell’ambito della rassegna Acieloaperto.
Non è una novità trovare Moz in giro per il nostro bel paese negli ultimi anni: lui è affezionato all’Italia quanto noi, nostalgici sognatori della terra di Albione, lo siamo a lui. Il live di giovedì sera, però, è stato davvero una piccola e rara magia. La sintonia, l’empatia, il coinvolgimento creati con il pubblico sono stati immediati dalle prime note di apertura di Suedeheader; sul palco Moz, sobrio in jeans e giacca dal bavero d’oro, cerca il contatto con il suo pubblico con una gestualità teatralmente impostata, ma che arriva dritta dove deve arrivare. C’è ancora odore di punk nell’aria.
La scaletta vede l’esecuzione quasi per intero dell’ultimo album di Morrissey, World peace is none of your business, forse, non il più riuscito della sua carriera, ma che racchiude pezzi interessanti, soprattutto dal vivo, come Instambul, Kiss me a lot e Oboe Concerto.
Il refrain di Everyday is like Sunday è un mashup con il “quando quando quando” di Tony Renis: calzantissima citazione.
La performance è arricchita anche dai cinque musicisti presenti sul palco che, in alcuni pezzi, si scambiano gli strumenti o ne aggiungono dei nuovi: precisione al centesimo, omogeneità e compattezza del suono sono una costante. Tre di loro sono di origine latinoamericana, ed il tiro è percepibile: Gustavo Manzur, polistrumentista certificato, più di una volta diventa protagonista cantando in assolo in lingua spagnola e arpeggiando sulle note di un flamenco ipnotizzante.
Il live va avanti per un’ora e trenta in modalità riproduzione CD: nessuna interruzione tra un pezzo e l’altro. La voce di Moz, con i suoi inimitabili virtuosismi, è quasi perfetta dall’inizio alla fine.
Per chi se lo stesse chiedendo: sì, ci sono stati anche pezzi degli Smiths, quattro per la precisione: How soon is now, che ha provocato brividi nei più e lividi nelle prime file sotto al palco, What she said, Meat is murder, accompagnato da un video molto forte sul tema tanto caro a Moz&C. delle violenze sugli animali (non facciamogli sapere, per piacere, che il piadinaro fuori dal palazzetto non aveva soltanto verdurine sott’olio nel menù) e, per finire, The Queen is dead, con tanto di gigantografia, sullo sfondo, della Regina con ambo i diti medi alzati. Elisabetta II ha vegliato sul palco per tutto il tempo del brano, fino al momento dell’esaltazione massima del glam punk stateofmind: lo strappo della camicia da parte di Moz, in un gesto plateale dal fascino senza tempo.
Suggestive le luci e le immagini sullo schermo dietro al palco, spesso molto dure e drammatiche, come quelle apparse sulle note di Ganglord a ritrarre episodi di scontri violenti tra civili e polizia americana, o quelle delle corride spagnole, che Morrissey apostrofa in The bullfighter dies con un ironico gioco di parole “pain-spain-shame”.
E’ stata una botta, una botta indimenticabile quella che Moz, con la sua musica e la sua performance, ha dato ai cuori dei suoi fans italiani ieri sera.
Testi, arrangiamenti e melodie che sembrano sfuggire dalla morsa inesorabile del tempo, attualizzandosi e rinvigorendosi giorno dopo giorno. Morrissey rimane un artista esemplare riuscendo a non risultare stucchevole e compassionevole, come spesso succede con coloro che calcano palchi ormai da una vita.
Moz è una rockstar, nei modi e negli atteggiamenti. Una rockstar che, trent’anni orsono, cantava il grido degli emarginati, dei timidi e delle solitudine. Una rockstar che quel grido continua a trasmettercelo ancora, con consapevolezza e diritto a farlo.
Il mondo avrebbe bisogno davvero di più rockstar (e live) del genere.
[Foto di Pietro Bondi – si ringrazia Acieloaperto / Retro Pop Live per la collaborazione]