Necroide dei Bachi da pietra è l’uscita più rivoluzionaria di questi ultimi mesi. Stiamo parlando di un disco che ha avuto il coraggio di fondere la tradizione del black metal con il cantautorato italiano in stile Paolo Conte. Accostamento impossibile che è diventato pura magia in un disco dove potenza del suono e potenza della parola sono legate in’unica lotta contro la burocrazia e il putrido stato in cui versa la musica declinata lungo l’asse talen-entertainment. Abbiamo incontrato Giovanni Succi per entrare ancora una volta nella testa degli insetti che tessono pietra.
Possiamo dire che Necroide è un album metal più duro dell’ultimo degli Iron Maiden?
Davvero? Pensa che epoca incredibile: non l’avevo ancora sentito e sono andato ad ascoltarlo su Spotify in zero secondi. Ok, non ce l’ho fatta, ho abbandonato alla seconda traccia. Però la mia tessera del Fan Club italiano degli Iron porta la data 1982. Quindi massimo rispetto.
Hai un passato da metallaro che è ritornato prepotentemente in Necroide. A quei tempi esistevano anche i dark, alcuni punk sopravvissuti e si respirava un senso di appartenenza a piccole tribù che è andato perduto nelle generazioni del social-networking. Dietro questo ritorno alla tradizione del metal quanta nostalgia si cela per quegli anni, per quel modo di fruire la musica, per quel modo di “essere Rumore”?
Nostalgia zero, ma le differenze si vedono, in negativo e in positivo. Lo streaming ad esempio: trovare un nuovo disco Metal nei primi anni anni Ottanta partendo da Nizza Monferrato era la ricerca del Santo Graal. Uniche fonti di informazione: un inserto di mezza dozzina di pagine su Rockerilla e un programma su Radio Peter Flowers Milano condotto da Marco Garavelli. In provincia di Asti era come cercare Radio Londra sotto i bombardamenti. Una volta trovato l’oggetto di culto, lo veneravi per mesi, anni… Arrivavi a conoscerlo nei minimi dettagli. Oggi se va bene lo veneri un minuto e passi al prossimo. In certi casi, meno male! In altri casi, ti sei perso qualcosa. Come sempre, ottieni quello che dai. Se dai zero attenzione, ottieni zero esperienza. Aggiungi questo al fatto che mai avremmo immaginato di ascoltare gli Ac/Dc al centro commerciale o di trovare in vetrina i jeans già strappati o stilisti fighetti con la maglietta dei Ramones e hai un quadro.
Quali gruppi metal di quell’epoca hai maggiormente citato in Necroide?
Venom, veri capostipiti del Black Metal, le loro canzoni hanno fornito cliché e nomi di band a venire meglio di un bancomat. I primi Metallica, Motorhead… Mio figlio ha rischiato di chiamarsi Pietro Lemmy Succi: un provvidenziale intervento della madre glielo ha risparmiato. Black Sabbath, Iron Maiden… C’è un piccolo tributo alla Strana Officina, uno dei primi gruppi italiani che mi diedero grandi emozioni senza l’ingombro dell’inglese da somari. Ascoltai Non sei normale la prima volta sulla compilation in cassetta di una Fanzine di Pavia con cui entrai in contatto. Ne approfitto per un saluto a Teresa (ovviamente non so il cognome, quindi Teresa-e-basta) e a tutti i metallari che gravitavano intorno a HEAVY, e poi l’etichetta MINOTAURO. Sono passati più di trent’anni, un saluto dal fu Suicidio Succi (… ehm) ancora vivo.
Ti avevo recensito circa un anno fa per l’album di cover di Paolo Conte ed adesso ti ritrovo come protagonista di Necroide. C’è qualcosa di Conte in questo disco apparentemente opposto come genere?
Conte insegna a fare dannatamente sul serio senza prendersi mai dannatamente sul serio. C’è qualcosa? Sì. C’è la negritudine mitizzata da un bianco piemontese di provincia, alla continua ricerca di “un po’ d’Africa in giardino / tra l’oleandro e il baobab”. Ma soprattutto c’è la matrice stessa dell’operazione. Tutti gli autori si rifanno a dei predecessori, è ovvio, ma Conte (come Tom Waits in altro modo) lo fa con quelli talmente fuori moda da sembrare lui fuori dal tempo. Conte usa con estrema libertà materiali armonici e sonorità del Jazz dei primi del Novecento e di tutti i suoi maestri prediletti che non superano gli anni Quaranta. Dal Vaudeville alle grandi orchestre, il Boogie, lo Swing, erano la sua musica di gioventù, vietata da Mussolini e quindi realmente clandestina e perseguita ai suoi tempi come arte degenerata (erano le musiche negroidi). Conte lo fa da quarant’anni, con gran disinvoltura e nessuno ha mai pensato fosse una parodia. Nemmeno quando apre il nuovo album con Si sposa l’Africa al grido di “Kunta kinte” (!), francamente imbarazzante per chiunque nel 2015. Ma non per lui. L’autoironia (Guido Gozzano docet), l’esotismo (Guido Gozzano docet), sono elementi di Necroide che ritrovi anche in Conte. Fort-Liberté (Fòlibète in creolo haitiano), il Ciapas, le modelle sgraziate in posa sulle bare con i loro nomi da spogliarelliste slave, la mia tomba in corso Asti, l’interno borghese di Sepolta viva… Sono elementi vagamente contiani, non trovi?
Sì ed hai confermato la mia lettura. Come è nata l’idea di usare il vocoder in Apocalinsect?
Immagina l’apocalisse minima di un verme. Senti la sua vocetta che canta dalla tomba. Quale migliore contrappasso dantesco per un insetto che ha fatto tanto la voce grossa dell’essere costretto in eterno al peggior effetto vocale degli anni Ottanta. Era la soluzione più negra e meno metallica da applicare a quel concetto. E poi funziona, direi che è la morte sua. Quando l’ho proposto a Favero mi si è gettato in ginocchio levando le braccia al cielo. Era da tanto che sognava di farlo, ma non aveva ancora trovato qualcuno pazzo abbastanza. L’ha trovato.
Avete collaborato alla cover Punto G degli Afterhours. Se in alcuni passaggi di brani come Cofani Funebri e Sepolta viva si rintraccia qualcosa di Germi… si dice una grossa eresia?
Mi lusinga, Germi è un gran disco, Manuel un grande autore e gli After un gran gruppo. Ma credo dipenda più da radici comuni che non da influenze reciproche… Siamo tutti troppo vecchi per rifarci ai coetanei: preferiamo gli antenati immaginando di tramandarli ai pronipoti.
I vostri live saranno dei “concerti da ictus ed infarto” per due quarantenni come voi. Vi state allenando?
Diversamente faremmo un concerto solo, il primo; poi potremmo dire all’agenzia di cancellare il resto del tour per decesso momentaneo.
Quanto Giulio Ragno Favero ha inciso nel suono finale di Necroide?
Giulio Favero ha inciso il suono di Necroide, esattamente. Letteralmente.
Cinque brani metal per una playlist che fotografi la tua giovinezza?
Iron Maiden, Running free
Exciter, Iron dogs
Bitch, Be my slave
Saxon, Denim and leather
Ac/Dc, Squealer
Metallica, Seek and destroy
Black Sabbath, War pigs
GBH, City baby attacked by rats
Slayer, Angel of death
Exoloited, Troups of tomorrow
Voivod, Killing technology
Motorhead, Metropolis
Venom, Buried alive