Home / Recensioni / Album / Endkadenz Vol. 2 – Verdena

Endkadenz Vol. 2 – Verdena

recensione_Verdena-EndkadenzVol2_IMG_201511Dopo sette mesi i Verdena completano la pubblicazione di Endkadenz mentre sono ancora efficacemente alle prese col tour estivo del primo volume. Lo sdoppiamento dell’opera è stato fin da subito presentato come una volontà discografica accettata suo malgrado dalla band, quasi indifferente all’intervento calato dall’alto a decidere le modalità di commercializzazione del prodotto. A ognuno il proprio ruolo. Il trio sceglie un solo preciso obiettivo, suonare. Condivisibile o meno, è un approccio più coerente di chi si professa duro e puro, lancia proclami messianici e poi pubblica per le major senza battere ciglio rispetto alle logiche di mercato. Ciò detto, quello che doveva essere un doppio album unitario va giudicato per quello che è, il lavoro onesto di una band che in sala di registrazione non sente alcuna pressione e incide musica per il gusto di farlo, che in fin dei conti è la migliore delle motivazioni. E dunque, quanto scritto a proposito del primo volume non può che essere confermato ora da questa seconda prova della band. A dispetto dell’impegno profuso da Alberto nel rendere chiari e comprensibili i testi intonati (ci riesce quasi sempre, va detto), la voce resta parte di un tutto in cui vocalizzi, cori e urla, cui si ricorre frequentemente, non sono meno importanti delle parole cantate e l’alchimia dei Verdena risiede forse proprio in questa unitarietà, nell’equilibrio vitale delle singole forze in campo, in un continuo dialogo dove tutto è lecito e ciascuno dice la sua senza smarrire la direzione comune. E così tre morbidi accordi di piano mutano vorticosamente nel drumming di Luca che tutto sostiene, ora dinamico e spavaldo ora delicato e suadente (Dymo), amplificando il fraseggio percussivo e tondo del basso. E ancor più si carica di accenti e inclinazioni vocali, come se le bacchette fossero microfoni, a sostegno del canto vero e proprio, poco importa se urlo o sussurro; talvolta i colpi violenti sui tom marcano ogni nota con borchie di acciaio, spazzando via ogni residua dolcezza, in un contrasto sonoro visto anche dal vivo nei recenti concerti. Pensati in tale prospettiva sembrano gli episodi che rimandano al grezzo rock di due soli accordi degli Yo La Tengo (Colle immane), la satura e abrasiva distorsione di Caleido, lanciata in picchiata dalle tastiere in salita, l’hard anni ’70 che si affaccia in più punti (i Black Sabbath sono persino omaggiati nel titolo di Natale con Ozzy), come nel riff sospeso sulla cassa continua di Fuoco amico I che pare discendere dall’ultimo Hendrix di ritorno dalla tempesta, mentre il ritmo sostenuto consente un simulato live in studio con tanto di incitamento al pubblico.
Tuttavia l’album rinuncia all’inno da stadio e all’impatto immediato ed è al contrario dominato da una continua ricerca strumentale. Sfilacciati fiati beatlesiani escono di scena a bordo di pesanti veicoli arruginiti (Cannibale, giusto incipit di raccordo tra i due volumi); stratificazioni animate da Battisti e rinforzate dal prog di Alberto Radius e i suoi Il Volo (Dymo) e dalle chitarre pulite e glissate che riecheggiano lo Steve Howe di Yessong (Troppe scuse); esotismi stralunati con lo zampino di Marco Fasolo (Identikit); voci filtrate (Lady Hollywood) che non stonerebbero nella fusion di Joseph Zawinul; intro che fanno il verso a First rays of the new rising sun e si infiammano nella colata lavica degli Zu in Fuoco amico II (pela i miei tratti), appena placata da un sottile falsetto e trasformata da una bellicosa percussività latina in un grido di guerra mediorientale, che trova la pace di una calda coralità acustica sudamericana che affiora qua e là. Ad esempio nel finale luminoso e ironico di Waltz del Bounty che chiude Endkadenz con un collage rumoristico che rivela più che altrove l’affinità con la psichedelia dei Jennifer Gentle. Avendo selezionato i brani per le affinità atmosferiche e strutturali, questo secondo volume potrebbe sembrare l’occasione mancata per licenziare un album strumentale, ma forse a suo modo lo è.

Credits

Label: Universal – 2015

Line-up: Alberto Ferrari (voce, chitarre, pianoforte, campionamenti, organo, organetto, mellotron, clavinet, tastiere, moog, contrabbasso, percussioni) – Luca Ferrari – (batteria, synth, percussioni, campionamenti, batteria elettronica, piano, fisarmonica, kora, moog, tastiera midi, midi brass, fisarmonica midi, mellotron, dulcimer) – Roberta Sammarelli (basso, hammond, vibrafono, piano) – “Chaki” (mellotron, tastiere) – “Marco” (vibrafono, glockenspiel) – “Liviano” (hammond) – “Federico” (clavicembalo) – “Fabrizio” (zampogna) – “Nick” (mellotron, organo)

Tracklist:

  1. Cannibale
  2. Dymo
  3. Colle immane
  4. Un blu sincero
  5. Identikit
  6. Fuoco amico I
  7. Fuoco amico II (pela i miei tratti)
  8. Nera visione
  9. Troppe scuse
  10. Natale con Ozzy
  11. Lady Hollywood
  12. Caleido
  13. Waltz del Bounty

Link: Sito Ufficiale, Facebook

Endkadenz Vol.2 – streaming

Colle immane – video

Ti potrebbe interessare...

fanali_cover_2024__

I’m In Control – Fanali

Immagini che si suonano. Suoni che si immaginano. Di nuovo in viaggio sinestetico con Fanali, …

Leave a Reply