La musica elettronica fa tappa al Centro Sociale TPO di Bologna con due importanti nomi della realtà nostrana, Aucan e Godblesscomputers per una serata di alto livello a scaldare la temperatura dell’inverno bolognese.
Alle 22:30 il djset di Green Everywhere inizia per far ballare chi ha già preso posto sotto il palco mentre pian piano tutta la sala inizia a riempirsi. Dopo un’ora circa le luci si spengono e cinque lettere di colore rosso appaiono proiettate sul palco: AUCAN. Suoni di motori spaziali iniziano a rombare in attesa del decollo.
Al TPO sta per iniziare il viaggio interstellare della band bresciana per portarci ad assaggiare il gusto delle loro nuove Stelle fisse (La Tempesta 2015).
Prima di identificare le coordinate e raggiungere quegli astri immobili, la band bresciana ne ha percorsa parecchia di strada su questa terra. In principio fu un feroce incrocio tra math-rock e techno, poi l’elettronica ha guadagnato spazio, i remix, le produzioni sempre più curate negli intrecci sonori portando nei live più tasti e pulsanti rispetto a corde da far vibrare e pelli da percuotere. Il tutto fino alla scoperta di queste Stelle fisse che pochi hanno ben chiaro cosa siano ma nessuno può negare il loro notevole fascino.
Dopo una serie di concerti in trio, oggi gli Aucan si presentano in duo confermando la continua umorale irrequietezza del progetto musicale.
Per un tempo che pare infinito, al limite della sopportazione, la scritta AUCAN rimane immobile ad attirare l’attenzione di un pubblico bombardato da un flash intermittente; i suoni roboanti sono in lievissimo crescendo di intensità ma ciò che probabilmente vorrebbe essere un’intro per impennare pathos e tensione diventa inevitabilmente uno straziante fastidio che non trova pace nemmeno quando le sagome di Jo Ferliga e Francesco D’Abbraccio appaiono nel buio ad intraprendere un’altra lunga intro rumoristica. Quando giunge il vero inizio della musica è per tutti una liberazione. Il pubblico smette di parlare e inizia il viaggio musicale.
La formazione a due obbliga ad un set dal forte impatto elettronico dove chitarra e basso vengono imbracciati poche volte e la sessione ritmica è suonata dal vivo solo di rado. La voce glitchata, che su disco trova parecchio spazio, dal vivo rimane in secondo piano: album e live, pur essendo fratelli gemelli, hanno fortunatamente caratteristiche ben differenti. Se Stelle fisse splende di ordine e pulizia eterea offrendo un suono che si distingue in modo piuttosto netto dai precedenti lavori, il live riesce a combinare bene tutte le componenti del percorso musicale degli Aucan. Il set, definito dalla stessa band “100% hardware”, li vede sul palco con diversi marchingegni elettronici (synth, drum machine, campionatori) ma nessun computer. Grazie a questo espediente, a differenza del disco che direziona l’ascolto in una modalità solitaria onirica e contemplativa, il live trova efficacemente una realtà collettiva nei corpi che si sfiorano ondeggiando, talvolta scontrandosi, senza mai raggiungere però la violenza spesso vissuta in passato.
Con i brani di Stelle fisse e qualche incursione dal precedente Black Rainbow (La Tempesta – 2011), il live degli Aucan scorre bene, in un continuo flusso di immagini sonore precise ma indefinite, a mezz’aria, tra luce ed ombra. Quella proposta dalla band bresciana è un’estetica ormai lontana dal concerto di stampo rock e sempre più improntata verso un’elettronica che riesce comunque a non trincerarsi in una nicchia, bensì lascia aperte diverse porte (appigli trip-hop, suoni tribali, reflussi house e techno, memorie analogiche). Meno diretti e spacconi, più eleganti ed avvolgenti: così ce li aspettavamo e così sono stati.
Dopo un veloce cambio di palco è giunto il tempo per l’esibizione di Lorenzo Nada, aka Godblesscomputers.
Il suo ultimo album Plush and safe (La Tempesta / Fresh Yo! Label – 2015) è stato apprezzato a voci unanimi da parte della critica ed il crescente riscontro di pubblico ne è conferma. Il mix di elettronica fresca e ballabile con incursioni hip-hop e stravaganze pop lo rendono immediato. Il suo approccio è così, magnificamente diretto. Non appena Lorenzo ha conquistato la posizione alla consolle tutto il TPO stava già ballando; questione di attimi, di feeling.
Godblesscomputers ha un dono che prende la forma di una chiave-universale del gusto. Il ritmo proposto è incalzante e ricco di colori; le ombre fumose degli Aucan vengono spazzate via da un clima più liberatorio e solare.
Dopo la ricerca sonora introspettiva di Veleno (Fresh Yo! Label / White Forest – 2014), Plush and safe trova l’apertura al mondo: non solo paesaggi ma anche genti, movimenti, sinuosità splendidamente umane. I visual proiettati alle spalle di Lorenzo rappresentano in modo alternato soggetti naturalistici e corpi femminili, enfatizzando la sensualità musicale complessa ma di facile interpretazione. La musica proposta da Godblesscomputers non è particolarmente innovativa rispetto alle varie proposte attuali nel panorama europeo, ma non risulta affatto priva di personalità.
La voce di Francesca Amati (già con Amycanbe e Comaneci) è il valore aggiunto a questa performance. Sul palco con Lorenzo nei brani più intimi, Francesca riesce a riportare l’attenzione sul songwriting di brani che non suono suonati solo per scuotere corpi ma anche per accarezzare le menti.
Gli Aucan hanno portato il pubblico in uno spazio sospeso, Godblesscomputers lo ha avvolto con un tappeto sonoro morbido, bassi rotondi, calore tipicamente soul, ritmi funk.
Rispetto ad altri precedenti live che hanno visto insieme sullo stesso palco Aucan e Godblesscomputers in ordine invertito, la scelta di far concludere la serata con l’umanità di Lorenzo appare assolutamente condivisibile.
E’ tarda notte e si va a casa sorridenti: è una bella cosa no?
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