Leila è un’artista che ci ha colpito molto. Un omonimo disco d’esordio già maturo ma che lascia intravedere una continua possibile crescita in una commistione di generi molto interessante. A Leila piace sperimentare e giocare, ma anche legarsi ad elementi classici della tradizione. Abbiamo rivolto a lei alcune domande, per conoscere meglio il suo approccio al mondo della musica e testare il suo coraggio.
Quando è nata musicalmente Leila?
Da piccola passavo ore sulla pianola, poi è diventata un pianoforte a muro, poi si è esteso al microfono, con il registratore riprendevo tutto. Ho ancora le cassette. Quello che avevo sotto mano… io lo suonavo: chitarra, flauto, i tamburi di mio padre. Da adolescente facevo karaoke con gli amici in birreria, e adoravo il jazz.
Quali sono gli elementi, gli avvenimenti, le coincidenze e le volontà che hanno maggiormente influenzato il percorso artistico e professionale?
Succedono sempre un mare di cose, in questo momento mi vengono in mente questi personaggi che ti elencherò. Ornette Coleman mi ha fatto capire la melodia del silenzio. Franz Rosati mi ha mostrato la bellezza dell’interazione tra suono e immagine grazie a “Pathline #1“, un progetto che abbiamo portato in giro per mezzo mondo, riavvicinandomi al disegno e alla grafica che sto sviluppando anche con LEILA i cui concerti sono legati alla visual art. Giovanni Truppi, Francesco De Leo, i Camillas, Riccardo Sinigallia, Iosonouncane, ed altri mi hanno fatto capire che scrivere canzoni in italiano è possibile anche se non esistono più gli anni settanta dei cantautori.
Nello specifico, i brani presenti in questo disco d’esordio quando hanno visto la luce? Sono interamente scritti da te?
Sono stati scritti da me tra 2014 e 2015 e poi raffinati con l’aiuto della squadra: Lucio Leoni ne ha curato i suoni, Francesco Saguto (chitarra) mi ha supportato parecchio nella fase di scrittura, l’estate del 2014 l’abbiamo passata ad arrangiare un mare di roba che poi ha preso altre forme o non fa parte dell’album. Senza il contributo di Federico Leo (batteria) e Carmine Iuvone (violoncello e basso) avremmo fatto altri arrangiamenti.
Si denota una chiara passione per i classici della musica leggera italiana ma anche per l’innovazione sonora. Questo connubio dove vuole puntare?
A una nuova corrente della musica cantautorale italiana che ancora ha poco spazio. La maggior parte di quello che ascolto o è rimasta sui modelli classici oppure ha una produzione sonora con i testi in inglese ad imitare i progetti internazionali. Sono appassionata di musica elettronica e di cantautorato italiano, la strada per me è quella di unire questi due mondi.
La bellezza dei brani che compongono il disco risiede in particolare nei dettagli. C’è però comunque molto equilibrio e non avventato azzardo nelle contrapposizioni. Questo senso della “misura” è una tua caratteristica personale o frutto della crescita artistica?
Entrambi. Ti ringrazio per l’interesse.
Tra questi brani, qual è il brano a cui sei più legata per il testo?
“Tra gli equilibri del potere e il lasciare andare.
Tra prendere e dare
Mi sento così cosà.
Tra prendere e dare e lasciare
Partire o stare mi sento così: Dondolo oho”
Di quale, invece, vai maggiormente fiera per la musica?
Let me get in è il brano che musicalmente ha più da dire degli altri, secondo me. Ha una complessità ritmica e geometrica, i ragazzi del gruppo per questo mi amano ed odiano.
Ce n’è uno al quale sei ancor più legata e, magari, proprio per questo non hai ancora trovato la forma o il coraggio per registrarlo? Se esiste, provi a raccontarcelo?
Si chiama Capita, l’ho scartato perché il testo mi sembrava troppo duro per LEILA che invece ha il carattere di un acquarello, l’ho suonata ieri a Federico Leo a cui è piaciuto molto, ci vogliamo lavorare su per i live e forse per il prossimo disco…
Leila è una ragazza, una donna… ma anche una band? Come vedi il futuro di Leila?
Leila è il mio nome e il nome del mio primo disco. In autunno parte il primo tour per l’Italia. Io e i ragazzi che suonano con me passeremo la prossima stagione a suonare in giro il più possibile, nel frattempo preparo il secondo disco, possibilmente con loro visto che ci vogliamo bene.
La scena musicale italiana è piuttosto varia, ma conosciamo tutti molto bene le difficoltà non tanto ad emergere quanto poi “galleggiare”. Sei allenata? Ti senti pronta?
Certo!
Alcuni artisti sono ottimi creativi, ma pessimi ascoltatori. Ho l’impressione che invece tu sia una persona che ascolta molta molta musica: ci consigli cinque brani dei tuoi ascolti “della vita”?
Della vita? Dovrei andare a ritroso tra gli ascolti della mia adolescenza, potrei uscirmene con Genesis, CCCP e Alanis Morrisette, ma invece farò riferimenti ai nomi che oggi veramente continuano ad influenzarmi: A Case of You – Joni Mitchell, Moon – Alva Noto / Sakamoto, Faccio il Militare – Vasco Rossi, Assenzio – Blu Vertigo, Machine Gun – Portishead.