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Fanno il mestiere più bello del mondo e lo sanno: Kasabian @ PostePay Sound, Padova 22/07/2017

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Certe sere d’estate in cui soffia poco vento, un’aria tiepida che spegne il giorno pian piano. In una di queste sere, qualche migliaio di persone si raccoglie in una location abbastanza insolita – gli hipster direbbero “una zona urbana rigenerata”, gli altri “un parcheggio vicino alla tangenziale” – per un concerto.
Coda per parcheggiare, Nic Cester & The Milano Elettrica in apertura, il set mi arriva come un’eco lontana, quel che basta a sentire una bella voce calda e solida.
E’ quasi il momento, l’attesa sale. Una birra con gli amici, mentre sento i piedi che iniziano a fremere. Sono impaziente. Finalmente, nel buio una melodia: Nessun dorma di Puccini. E me la canto tutta, mentre penso a Tom Meighan, dietro le quinte, che si finisce la sua birra, cantando anche lui. Si sistema la giacca, si guarda allo specchio dietro gli occhiali da sole, sorride beffardo e via sul palco.
Poco dopo le 22 i Kasabian si presentano e iniziano un set molto deciso, dritto al sodo senza preliminari. L’apertura tocca a III Ray – The King. E si inizia a ballare, sento la musica che vibra nell’asfalto caldo sotto i piedi. E poi Underdog, Eez-Eh che diventa Around the World dei Daft Punk.
Il live continua ben bilanciato, tra pezzacci da ballare, chitarre elettriche e momenti acustici. L’ultimo lavoro For crying out loud è protagonista, ma la band di Leicester ha all’attivo più di dieci anni di rock e di certo non mancano le hit, quelle che il pubblico aspetta e accoglie con deciso entusiasmo. LSF, La Fée Verte, Fire: si viaggia avanti e indietro nella carriera di questa band che ormai si è conquistata un posto sicuro tra i grandi del rock.
Li guardi sul palco e capisci che prima di tutto si stanno divertendo un bel po’ anche loro. Fanno il mestiere più bello del mondo e lo sanno, hanno voglia di suonare e vogliono un pubblico che si diverta con loro: “C’mon, raise your hands, follow me”, “Hey, Padova, give us some more!”, ”I want to see everybody jumping now”.
Nonostante l’affiatamento globale della band e dei musicisti del tour, è difficile spostare l’attenzione da Tom Meighan e Sergio Pizzorno, che per tutta la sera si cercano e giocano, continuando a chiamarsi l’un l’altro “my brother”. Una coppia che funziona, come poche altre ne ho viste.
Tom è un frontman sbruffone, con voce profonda e attitudine sicura. Chiassoso quando serve, sa farsi intimo ed intenso (Tom, ma se ti commuovi pure tu mentre canti Goodbye Kiss, io qui tra il pubblico come faccio a non avere gli occhi lucidi?).
E poi c’è Sergio. Un talento versatile, uno che suona strumenti diversi, canta da protagonista e si inventa cori e armonie che non ti levi dalla testa per giorni. Sergio Pizzorno, uno che prende un pugno di note e le trasforma con naturalezza in uno di quegli inni rock che dopo dieci anni ancora canti e adori come il primo giorno. Insomma, Serge, io lo so che odi paragoni e somiglianze, ma lasciatelo dire: secondo me quando Damon Albarn sente Put your life on it, pensa “questa vorrei fosse mia”.
Pensa, Serge, che non scrivevo da anni, ma stavolta non ho potuto farne a meno.
I wanna say I love you
Won’t Let you down
Never gonna be without
Bye guys, alla prossima.

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