Vagare senza meta, lungo un reticolo di strade scelte.
Vagare, e avere una metà da sospirare: ispirazione da ricamare in mente e a fior di labbra. Parole da cantare e umore buono da veder affiorare tra una nota e l’altra: la musica è compagna di vita, come l’arte, in generale: un libro, un dipinto, una pellicola d’autore. A volte si vorrebbe proprio dire: cantami una canzone. Fammi innamorare.
Le note dell’amore poi chi lo sa, quale accento dovrebbero avere. Si potrebbe desiderare verità differenti, racconti e ammissioni presi a bocconi piccoli, morsi strappati all’aria fresca di una notte che non è più estate e non è ancora autunno. Prendiamo un incontro, una storia dal principio. Non sul nascere, ma prima che si intraveda soltanto, quando ancora ci si guarda, e gli odori sono lì per essere rilevati: con quell’aria un po’ casuale, un po’ distratta, la sua voce che racconta, e una parte va persa perché intanto chissà quali disegni vanno a formarsi in testa. Basta un nulla, non serve che il sottofondo narri esattamente l’umore di chi vive il momento in questione. Ma se per caso si tratta dei Lali Puna, e se si è in macchina, se i finestrini sono schiusi e l’abitacolo si riempie delle note di Head Up High, allora è tutto perfetto. Occhi chiusi, labbra tese in un sorriso. La voce che accoglie è femminile e quasi sussurrata, a dimostrazione del fatto che produrre grandi effetti non necessita a tutti i costi di virtuosismi e acuti altissimi disseminati in ogni dove. Quello è un brano notturno, delizioso e pacato, carezzevole; una musica che di giorno, col frastuono, non saprebbe mantenere le stesse promesse.
I Lali Puna nascono con Valerie Trebeljahr (voce, tastiera, computer) nel 1998. A lei si aggiungono Christan Heiß (tastiera, computer) e Brandner (batteria). L’album Two Windows, da cui è tratto Head Up High, è un misto di energie lente e in dissolvenza, è inquieto, febbrile, cupo, pieno di contrasti. È attivo e cangiante, poiché è vario lo sguardo che propone al mondo circostante: un mondo tecnologico, in piena trasformazione, e non sempre esattamente edificante. Un mondo invadente che toglie spazio e gusto alle libertà personali, rendendole temi buoni per le utopie e le favole da raccontare ai bambini, sull’orlo del sonno e dei sogni più felici. Più che tentare uno schieramento politico e dunque un’agguerrita lotta di mezzi, cause e torti, orizzonti bruciati e miseri tentativi da opporre all’ennesimo fallimento steso all’orizzonte, si fiuta una tensione tutta emotiva, che lascia assorti e induce almeno ad un secondo ascolto.
Succede con The Frame, che inizialmente pare quasi una nenia, una formula. E poi si “robotizza”, si fa spigolosa, tutta circuiti e notti buie, vicoli scuri da seguire in circolo. È labirintica.
Bony Fish ha il sentore di uno strappo mai ricucito, un’eco lontana, una tristezza antica. Ha suoni polverosi, e la voce che li accompagna è sempre la stessa: gentile, nostalgica, ammaliante.
Deliziosa alchimia, la suggestione. A primo impatto, e pure ad ultimo. Quando la si assorbe, la si vive e la si ricorda. Non vi è nulla di meglio che lasciarsi attraversare, in fondo. Nulla di meglio che lasciarsi toccare così, senza ombra di mani e intenti, con la sola speranza di sapersi nuovi e possibili a ogni scoperta, e mai finiti. Solo vivi, curiosi e contenti.
Credits
Label: Morr Music – 2017
Line-up: Valerie Trebeljahr – Christan Heiß – Brandner
Tracklist:
- Neptune
- Two Windows
- Deep Dream
- Come Out Your House
- The Frame – with Dntel
- Wear My Heart
- Bony Fish – feat. Mary Lattimore
- Her Daily Black
- Wonderland
- Birds Flying High
- The Bucket
- Everything Counts On – feat. MimiCof
- Head Up High – feat. Radioactive Man
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