Dopo esserci goduti il bellissimo ultimo disco dei National, Sleep Well Beast, di cui abbiamo già ampiamente parlato, è ora di partire in tour e viverselo live.
Il tour di presentazione prevede una prima parte europea, con date in Irlanda e Gran Bretagna, ritorno a casa con date americane, e poi ancora Europa, purtroppo niente Italia per il momento.
Dopo una serata speciale a Cork, con la presenza di diversi ospiti tra cui Justin Vernon dei Bon Iver e l’Irlandese Lisa Hannigan, il vero e proprio tour comincia da Dublino, dove io li aspetto al varco e a braccia aperte.
Date sold out in un lampo, ma fortunatamente per la seconda serata di Dublino ci siamo.
Venue: Vicar Street, locale storico, che ospita per la prima volta la band di Cincinnati (a dire il vero il frontman Matt Berninger, come farà notare poi anche lui stesso, c’era già stato con i suoi El vy).
Per questo tour si sono scelti spazi molto intimi, che hanno creato dolori per riuscire ad accaparrarsi un biglietto, ma gioie una volta dentro davanti allo stage.
Gruppo di supporto sono i Luluc, un duo folk australiano, formato da Zoë Randell, voce femminile e chitarra, e Steve Hassett, chiatarra e tastiere. Il duo è stato prodotto da uno dei componenti dei National, Aaron Dessner, che ama particolarmente il genere, e che interviene personalmente verso la fine della loro performance ad accompagnarli con la chitarra, insieme anche a Lisa Hannigan, di casa a Dublino e che vedremo anche dopo. Tutto molto piacevole.
Si freme per l’arrivo dei National. Sebbene in fase promozionale avessero eseguito i nuovi brani in diverse occasioni, c’è l’emozione e la curiosità di vederne personalmente la resa live.
Mentre i tecnici provvedono al palco, un display in alto ci mostra il gruppo nei camerini, c’è chi suona, chi sorride, chi parla, in attesa di entrare.
La scritta “Please stand by”.
Ed ecco che dal display li vediamo avanzare. L’emozione è alle stelle. Il nostro biondo preferito Matt Berninger, i gemelli Dessner e i Devendorf prendono posizione. Entrano accompagnati da urla e applausi. Primo pezzo e anche primo del nuovo album è Nobody Else Will Be There: è l’ingresso al Paradiso. Emozionante sempre, su disco e dal vivo. Quindi ci danno subito la scossa con Day I Die, sempre dal nuovo, idem, bellissima anche live, con un tiro pazzesco e Matt che comincia a scatenarsi. Si vede subito che i ragazzi sono in forma, e questo non può che riempirci di gioia. Quando Matt è a proprio agio, ritrova facce familiari tra il pubblico, sente il calore, riesce a darsi come pochi. E’ questa è una di quelle sere. Walk It Back e quindi Guilty Party, per quest’ultima, come si diceva, ritorna Lisa Hannigan a fare i cori; la ritroveremo anche più avanti in I need My girl e I’ll Still Destroy You. Presenza sempre discreta e garbata. Anche il disco di Lisa è stato prodotto da Aaron Dessner e, soprattutto in Irlanda dove gioca in casa, il loro sembra diventato un appuntamento fisso.
Pur proponendo quasi tutti i brani dall’ultimo album, come è normale che sia in questa fase, sono riusciti a fare molti dei loro evergreen, da See of Love a Squalor Victoria, e hanno regalato per ogni data delle chicche inaspettate.
I pezzi nuovi dal vivo rendono tantissimo, come ad esempio Turtleneck, cantata con grande grinta da Matt sul palco, per poi scendere e duettare con facce amiche in prima fila. Matt ha una voce meravigliosa, ma dal vivo non è sempre preciso, tra le espressioni a volte serie e a volte divertite dei suoi compagni, ma il bello è anche questo. Lui si dà, cerca emozione e un contatto in più con la gente. C’è intesa tra i componenti del gruppo. Tutto va avanti tra l’entusiasmo generale, i presenti sono totalmente rapiti, Matt ha la capacità di fare innamorare donne e uomini, molti ragazzi gli urlano che lo amano, perché lo senti subito come il migliore amico con cui farsi una bevuta e raccontarsi.
A proposito, sul palco una bottiglia di vino con dei bicchieri. Matt a metà concerto la prende e la porge alla prima fila, si cominciano a riempire i calici, passandoli ai vicini, cheers!, sulle note di All The Wine, ovviamente, che è sempre un pezzo delizioso e autoironico. “All the wine is all for me”, dice la canzone, e infatti dopo il suo gesto di generosità si ritrova a chiederne dell’altro. Tutto regolare. Chi li conosce sa che Matt è famoso per il suo immancabile bicchiere di vino, preferibilmente bianco, sul palco.
E così il vino scorre, i bicchieri vengono riempiti e lanciati fino alla platea, tipico di Matt, tra l’entusiasmo, le facce felici e l’ebrezza di tutti.
Non possono mancare Slow Show, la strappacuore Pink Rabbits, England, Fake Empire. In un alternarsi di momenti delicati e malinconici ed energia pura. Nei bis Bloodbuzz Ohio, Mr. November, dove Matt va incontro al pubblico (che lo fagocita) e The Sistem Only Dreams In Total Darkeness, primo singolo dall’ultimo disco, dal ritornello accattivante e che tutti cantano.
Si chiude con Terrible Love, con un Matt ormai scatenatissimo che trascina dietro di sé l’asta del microfono e rannicchiato comincia a giocare con le luci sul palco.
Mi sono trovata davanti a una band in piena forma, reduce da un disco curato e ispirato a distanza di quattro anni, grande intesa, grande armonia, sorrisi, partecipazione, tutto quello che dalla musica, e in particolare da un live, ci si aspetta. Serata già tra le più belle nel cassetto dei ricordi. Io non ho più parole per descrivere il cuore grande di questa band.
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