La piccola sala del Mamamù è gremita, il pubblico si spinge fin sui bordi del piccolo palchetto, rettangolo blu e viola, aperto sui gialli scuri di cenere del centro storico di Napoli. SolDo, Alessio Sollo + Claudio Domestico, l’incontro di due voci, due visioni, due approcci alla musica diametralmente opposti, che trovano il giusto equilibrio in un sodalizio umano, d’amicizia prima ancora che artistico; come dichiara lo stesso Sollo nel corso della serata ‘io vengo dal punk, Claudio dal folk’. I SolDo sono dunque un duo punk-folk? Decisamente no. La voce di Sollo, felpa dei Linkin Park e t-shirt degli Arctic Monkeys, è punk solo d’attitudine, potenza non curata (canta a quasi mezzo metro dal microfono!) che agisce d’istinto col sapore di un antico timbro partenopeo che non avrebbe sfigurato nella prima formazione della Nuova Compagnia di Canto Popolare, anche se privo di quelle implicazioni filologiche: la sua è una voce che si esprime con la naturalezza inconsapevole di una lingua madre. Gnut, volto nascosto dalla coppola calcata, curvo sulla sua amata chitarra intona suoni che risalgono differenti profondità, con accenti sfumati e rochi che trovano un inaspettato completamento nel registro basso e doppio di Sollo. Gli lascia il ruolo di imbonitore che intrattiene il pubblico con verve spontanea e teatrale raccontando aneddoti improbabili quanto veritieri, e poi lo stuzzica e incalza fino a riprendere le fila di una scaletta altrimenti sfilacciata. Scopriamo così che due amici che volevano giocare alla Play Station a casa di Gino Fastidio si ritrovano invece a scrivere canzoni solo perché Gino, quella sera, dormiva. È dunque più che appropriata la ragione sociale del duo, SolDo, fusione autoironica di due cognomi, ma anche intervallo congeniale a Gnut che lo declina in varie tonalità con l’ausilio di un capotasto che varia posizione ad ogni brano. Una sequenza di accordi che gli consente di marcare con precisione i bassi profondi, anche grazie al timbro corposo e pulito della fidata ‘ciaccarella’, talvolta concordando la tonalità con Gianluca Capurro che arricchisce il sound del duo con le venature blues della sua dodici corde, non amplificata, e rinforza i cori dalle retrovie. Nella prima parte dell’esibizione si propone un repertorio di inediti, composti sorseggiando ‘Nu bicchiere ‘e vino a partire dai testi che Sollo, Bukowski napoletano convinto che l’amore sia l’Ultimo pensiero prima di addormentarsi, affida quotidianamente al vento dei social e che Gnut trasforma in canzoni con la sua personale musicalità. Sottolineando questo processo creativo Domestico chiede all’amico di declamare alcuni di questi testi come introduzione alla parte propriamente cantata, aggiungendo suggestiva teatralità alla performance. Lo stesso Gnut si lancia talvota in gustose accelerate swing, chiosando con ironia ‘questa canzone sembra degli Aristogatti’. Ed è sempre lui a proporre inaspettatamente una cover dei Royksopp, vincendo lo scetticismo di Sollo, con una passionale coralità che ripulisce gli orpelli sintetici del gruppo norvegese e traghetta nell’orbita della sua produzione originale una cadenza quasi dark alla Cranes. Ma l’ironia prende il sopravvento e la seconda parte del set è una partita di ping-pong in cui i due SolDo si lanciano metaforicamente l’esecuzione di una canzone dell’uno o dell’altro, anche se come scherza Sollo i suoi brani vengono reinterpretati secondo il mood di Gnut, quelli di Gnut secondo lo stile di Gnut, ‘in pratica si diverte solo lui’. E infatti si comincia dalla sua ballata delicatamente consolatoria ‘Nu poco ‘e bene dedicata alle prostitute, un successo che il pubblico già canta a memoria. Loser dei Collettivo perde tutti gli accenti wave dell’originale ma neanche un po’ della sua grinta malinconica. E dal fluido armonico di Dimmi cosa resta si passa al ritmo scanzonato di Perfect suicide. Non è dunque un caso che per il finale un altro pirata della ciurma del Capitone, Roberto Colella, fino ad allora accucciato in un angolo del palchetto ad ascoltare il concerto da buon amico, si unisca alla band per eseguire L’ammore ‘o vero. E dal petto scompare ogni paura.
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