Alla fine è arrivato quel giorno, il 10 Aprile 2018. Una data che in molti non dimenticheranno. In tarda serata, all’uscita dal Forum di Assago, undicimila persone si sono riversate per le strade del milanese: erano organismi geneticamente modificati. Perchè certe emozioni non si vivono solamente, si assorbono, entrano nel profondo, cambiano, per sempre.
Dopo la pubblicazione di Foto di pura gioia, la “one-night-only” che ha urlato il SOLD-OUT con più di un mese di anticipo è stata la perfetta conclusione di una festa durata un anno intero per celebrare i 30 (trenta!) anni di carriera degli Afterhours: dal primo “concerto di merda” (così ricordava Manuel Agnelli in una recente intervista) a questa memorabile serata che ha ripercorso la lucida follia di uno dei progetti musicali più importanti della musica italiana.
Quando ormai mancano pochi minuti all’orario di inizio del concerto degli Afterhours, sul palco sono già passati Semm & Sten e i Ros, le giovani nuove leve forgiate da Manuel Agnelli nell’ultima stagione di X Factor; i posti a sedere in tribuna sono tutti occupati e nel parterre si respira un’irreale tranquilla attesa. Guardandosi intorno è facile scovare i volti di altri personaggi della scena rock italiana che evidentemente hanno riconosciuto l’importanza dell’evento: Luca Bergia e Riccardo Tesio (Marlene Kuntz), Alberto Ferrari (Verdena), Giovanni Succi, Alessandro Grazian, e chissà chi altri tra gli undicimila del Forum.
Poi le luci si spengono, in una consuetudine immortale che apre tutti i concerti rock. Sulle note di un violino entrano gli Afterhours, uno dopo l’altro, a prendere il proprio prosto, a prendere tutti gli applausi di un palazzetto che esplode.
Roberto Dell’Era al basso, Rodrigo D’Erasmo al violino (e non solo), Xabier Iriondo alle chitarre (e ben altro), Fabio Rondanini alla batteria, Stefano Pilia alle chitarre e Manuel Agnelli, voce, chitarre e anima di questa band che dal 2015 si esprime con la migliore formazione possibile: questa.
L’intro di Dentro Marylin è inconfondibile, e proprio con questo storico brano inizia il concerto, tagliando ogni imbarazzo, arrivando subito al sodo di un concerto essenziale dal punto di vista scenico ma che risuonerà di furente impatto emotivo nel grande scatolone di cemento e metallo del Forum per più di tre ore. Strategie, Germi, Ossigeno, Il sangue di Giuda: una raffica pazzesca di chitarre, ricordi, brividi, cantati in coro dal pubblico. Sulle note di Padania il fondale del grande e spoglio palco prende la forma dei paesaggi tipici del Nord Italia: la pianura, i filari di alberi lungo i fossi, le fabbriche abbandonate, le strade semideserte nella nebbia, ed appena sotto suona quella magia che solo gli Afterhours riescono a creare, quel sogno che “si attacca come una colla all’anima” prende la forma invisibile delle vibrazioni sonore più belle: “tutto diventa vero”. Dall’ultimo album Folfiri o Folfox vengono portate in questo concerto celebrativo anche Non voglio ritrovare il tuo nome oltre che la strumentale e travolgente Cetuximab che vede Agnelli allontanarsi dal palco per poi tornare da solo con la chitarra acustica, accompagnato da Pilia all’elettrica per Grande, uno dei brani più intensi e toccanti di tutti questi trent’anni. Con quegli occhi proiettati in primo piano sul fondale del palco, a svelare l’emozione più intima, perchè anche se ci si chiama Manuel Agnelli mettersi a nudo di fronte a 11000 persone è straordinario. Folfiri o Folfox è una provocazione sonora inedita per un palco così grande, mentre Ballata per la mia piccola iena introduce il primo ospite della serata: Giorgio Prette, applauditissimo da tutto il pubblico. Altri brani si susseguono in scaletta fino all’emozionante Pelle. Dopo una breve pausa, arrivano La vedova bianca, una graditissima (e piuttosto inaspettata) Riprendere Berlino e l’immancabile intensità di Quello che non c’è, capace di raccogliere tutto il pubblico sotto le stesse “ali nere”. Un nuovo set si apre nel modo che tanti aspettavano: Terrorswing viene portata sul palco da cinque uomini vestiti con completi vintage e le inquietanti maschere di Pluto. Sotto le maschere i volti di Dario Ciffo (violino), Andrea Viti (basso), Giorgio Prette (batteria), Xabier Iriondo (chitarre) e Manuel Agnelli (chitarra e voce): una delle più apprezzate formazioni degli Afterhours di nuovo sul palco in un contesto, quello del Forum di Assago, che forse non aveva nemmeno mai immaginato possibile per loro. A questi musicisti spetta il privilegio di suonare davanti ad un pubblico magnifico ed in visibilio anche Male di miele, Rapace, 1.9.9.6., Lasciami leccare l’adrenalina e Dea (scatenando un irrefrenabile pogo) e Voglio una pelle splendida. Una nuova pausa anticipa un altro set davvero particolare, decisamente irripetibile. Sul palco il co-fondatore degli Afterhours Lorenzo Olgiati, lo storico fonico e produttore degli Afterhours Paolo Mauri, Cesare Malfatti e un elegantissimo Alessandro Pelizzari. E’ proprio sul punk di My bit boy che questa divertita formazione ripercorre gli albori della sua storia. Gli Afterhours che si ispiravano profondamente ai Velvet Underground di Lou Reed riprendono forma in questo set con Love on saturday night e le più acide e potenti How we divide our soul e Inside Marylin three times, brano che fu lo stadio larvale di Dentro Marylin. Una pausa più lunga delle precedenti incomincia a rendere il pubblico fortemente trepidante. Alcune luci occhio di bue sembrano cercare qualcosa sugli spalti, fino a confluire in un unico punto della tribuna più alta: gli Afterhours, nella formazione attuale, appaiono e si dispongono davanti alla balaustra tra lo stupore generale. “Volevamo vedere gli After al Forum”, scherza Agnelli chiedendo poi al pubblico di non cantare per cercare di salvaguardare un’esibizione precaria e non tecnicamente assistita come sul palco. Per il pubblico risulta però assolutamente impossibile evitare di cantare Bianca e Non è per sempre. Terminata anche questa magia, si attende il gran finale sul palco principale. Il paese è reale, una potentissima La verità che ricordavo, la forza evocativa di Bye bye Bombay e la bellissima Ci sono molti modi, struggente nella sua coda strumentale, tanto fragorosa quanto carezzevole, consolatoria, cauterizzante. Poi gli applausi. Tantissimi, senza sosta. Il pubblico è grato a questa band, che nei suoi continui cambi di formazione ha dimostrato di essere un progetto artistico che ha un’anima che prescinde dalle persone senza poterne comunque farne a meno, e da ognuna di esse impara, apprende, cresce. Una band che nella figura di Manuel Agnelli trova il cuore pulsante e la mente, il fautore di ogni scelta, di ogni azzardo, di ogni provocazione, di ogni passo avanti. Gli applausi sono soprattutto per lui e il pezzo di storia creato finora grazie alle sue idee e al suo modo coerente di rapportare l’arte alla società. Applaudono tutti coloro che sono cresciuti insieme alla musica degli Afterhours e che ad essa devono una parte importante della propria formazione personale. Applaudiamo noi che a Manuel dobbiamo la scelta di voler raccontare certa musica. Applaudiamo a tutta la band, a tutti i tecnici, a chi cura i rapporti con la stampa e con il web, ai nomi a noi vicinissimi di Max e Francesca, di Roberta con cui condividiamo una Passione enorme, all’intera tribù di cui ci sentiamo parte. Tribù schierata dalla parte giusta!
“Un cerchio che si chiude, un altro cerchio che si apre”, ha detto Agnelli dal palco durante questa liturgia rock. Di certo ci è chiaro che qualcosa stasera si è chiuso davvero. Cosa ancora non lo sappiamo. Difficile ipotizzare anche cosa invece si aprirà.
Agli Afterhours tutti (ma proprio tutti) va il ringraziamento di averci dato la possibilità di partecipare a questa festa, a questo scambio di “auguri” e “grazie” reciproci ed infiniti. E ad Agnelli, che dal palco ha detto “è un onore avervi qui questa sera”, rispondiamo che è stato un onore per noi esserci potuti avvicinare alla sua visione artistica.
Li attendiamo tutti, in qualsiasi modo sarà. Avremo ancora da imparare, da stupirci, da infettarci.
Foto di Emanuele Gessi