Mercoledì, la città è avvolta nella calma e irreale stanchezza della sera, tra le luci basse dei lampioni e la malinconia di una pioggia sottile che intona il lato più onirico e languido della primavera. Su via Toledo si nasconde il Vico I Quercia, dove due porte danno accesso ad un pezzetto del ventre della Napoli antica.
Sotto il livello della strada, della frenesia del quotidiano dimora il Music Melody Bar, qui aspetta di iniziare il suo lirico e impetuoso rito Cristiano Godano, ricco di una storia artistica come poche. Una storia da cui trarre l’incantesimo acustico di alcune tra le più maestose e intense canzoni del repertorio dei Marlene Kuntz. Canzoni mescolate al racconto di dettagli e pensieri, in un gioco innescato dai dadi di parole chiave evocate dal moderatore della serata (Vladimiro Vacca, LostHighways), parole che girano nelle serrature dell’immaginario di un autore di versi votati al rock, ma così potenti da potersi dire poesia.
Si comincia annusando la pagina 55 de I Vivi, raccolta di racconti che Godano affida nel 2008 a Rizzoli. In basso a sinistra è il racconto che porta il pubblico dentro Le Baiser de l’Hôtel de Ville, la celebre fotografia scattata da Robert Doisneau nel 1950. Il bacio rubato è in realtà il risultato di un set elaborato per manipolare la realtà: “Per tutta la vita mi sono divertito a fabbricare il mio piccolo teatro… Io non fotografo la vita reale, ma la vita come mi piacerebbe che fosse”. Scardinare le cose, sublimarle, l’effimero, l’attimo… diventano simbolo. Non è questo che fa la poesia? Non è questo che fanno le canzoni? Non è questa una ricerca di Bellezza? Così le prime parole introducono i presenti in una sorta di bolla atemporale, dove appaiono Nadežda e la sua dedizione, Osip Mandelštam e il suo tormento, mentre Godano rammenta una storia che oscilla tra l’oppressione stalinista e la forza dell’amore che salva la poesia con l’esercizio della memoria (Osip venne condannato ai lavori forzati in un gulag siberiano per l’irriverenza dei suoi scritti, Nadežda li custodì dentro la testa e dentro il cuore per poterli poi tramandare). Il potere, qualunque esso sia, incluso quello moderno dell’iperproduzione, non dovrebbe mai soffocare la vita contemplativa, l’Arte e il suo beneficio. Scorrono così Osja, amore mio e L’artista. E ancora Paolo anima salva e Lieve, dopo riflessioni sulla felicità, il cui senso cerca e trova conforto nella conquista della libertà interiore e dell’originalità, che tutto salva e consente. Sul finale le parole toccano il futuro, quello dei Marlene Kuntz. Continuare a forgiare dischi serve al pubblico di oggi? Un pubblico che sa anche distruggere nella velocità e voracità di ascolti virtuali strozzati da pochi secondi di attenzione. Come contestare Godano? Non sono forse anche le passeggiate bulimiche nei sistemi odierni di streaming e download a torturare lo slancio e l’ispirazione degli artisti? Intanto, in quella bolla atemporale si beve alla fonte di un canzoniere che nemmeno la decadenza sociale può scalfire, e La canzone che scrivo per te, Musa, Nuotando nell’aria si espandono con un’intensità commovente, riempiendo ogni angolo di silenzio, conquistandolo tutto il cuore di questa notte di primavera.
Colmare lo spazio interiore di chi ha scelto di partecipare all’intimità di quest’incontro è impresa preziosa. Raccontarsi su un piccolo palco con la forza della fascinazione, dell’ironia, delle argomentazioni, della propria carriera non è da tutti. Riesce davvero a quei grandi che conservano gli occhi buoni e la luce di una purezza che ricerca empatia con il furore e l’eleganza di una storia rock unica.
“Sono deciso a impedire al tempo di scorrere”, diceva Doisneau. Godano sa farlo. La Bellezza frega il tempo, possiamo dirlo davvero!
Organizzazione: MMB e Rockalvi
Foto di Federica Di Lorenzo