Oggi si celebra un gruppo a cui sono molto legata, e in particolare un disco.
Si tratta dei Travis e di The Man Who, album del 1999, con cui la band scozzese vinse i BRIT Awards come Best British Album e Best British Band, fu 11 settimane al numero 1 e vendette quasi 3 milioni di copie, guadagnandosi le prime posizioni a Glastonbury e Reading Festival.
Un disco così meritava gli adeguati festeggiamenti, e in occasione del suo 18esimo compleanno, lo scorso anno, sono stati tenuti un paio di concerti speciali che riproponevano l’intero album, e non potevano mancare i regali, vinile e cd in edizione limitata con contenuti extra e b sides, foto e altro ancora.
L’evento ha ottenuto un tale successo che quest’anno si è replicato con una serie di concerti a Giugno, per lo più date in UK, e altri ce ne saranno a Dicembre, sempre in UK, per la gioia soprattutto di quelli della mia generazione legati a questo disco da ricordi indelebili. I Travis sono una delle band che in quegli anni si fecero portavoce di un brit pop pulito da cui in molti trassero ispirazione, e The Man Who sembra fresco oggi come allora ed è uno degli album inglesi di maggior successo degli ultimi 20 anni.
Io li ho visti alla Brighton Dome, una bellissima sala concerti all’interno dei Giardini del Pavillion, la residenza voluta da Re Giorgio nel ‘700.
Il palco vede gli strumenti pronti e alle spalle la riproduzione della copertina dell’album. E’ già emozione.
Gruppo spalla sono i Turin Brakes, band indie rock inglese attiva da anni che ci introduce piacevolmente alla serata.
I Travis arrivano sul palco, Francis “Fran” Healy in gonna, da buon scozzese, credo sia una delle cose più belle che abbia mai visto; l’affascinante bassista Dougie Payne in abito elegante e cravatta. L’album viene riproposto per intero e in ordine, a partire da Writing to reach you. La band è in forma, non sembra cambiato nulla da tanti anni fa. All’arrivo di Turn la gente si alza in piedi e da lì sarà difficile tornare ai posti.
Fran all’inizio ringrazia i presenti per essere intervenuti, e dice che tanto coi Travis non si balla, al massimo possiamo cantare o piangere. E’ unico, con quel suo accento scozzese e una simpatia innata. Si potrebbe stare ore ad ascoltarlo. A un certo punto racconta un aneddoto di quando molti anni fa erano in tour con gli Oasis. I camerini erano attrezzati su dei caravan e da uno di questi sente provenire una voce che lo chiama, era Liam Gallagher. Lo trova comodamente seduto sul divano, occhiali scuri, che gli chiede di suonare una canzone. Dopo una prima titubanza ed emozione, Fran accetta, prende la chitarra e comincia a suonare. Liam Gallagher toglie gli occhiali e ha gli occhi pieni di lacrime per la commozione: “Tu, tu sei strano!“, dice Liam a Fran. La canzone era Luv. Pezzi come Driftwood o Why does it always rain on me?, forse la canzone più iconica della band, accendono la platea. Fino ad arrivare all’ultimat Blue Flashing Ligh.
Ovviamente non ci si ferma al solo album protagonista, così mentre i nostri vanno via la copertina sullo sfondo lascia spazio a dei giochi di luci colorate.
Si rientra con Good Feeling, e una serie di successi quali Side, Closer, My Eyes; poi i componenti del gruppo si avvicinano gli uni agli altri, anche il batterista Neil Primrose viene avanti con un tamburello per una versione corale di Flowers in the window. E ovviamente… Sing, che tutti cantiamo a squarciagola come un inno. Per me in Italia erano gli anni della bella Mtv, in cui si aspettavano le novità e i video in rotazione, e il video di questa canzone è una piccola deliziosa storia che ci metteva di buon umore. Dal vivo si voleva far partire una food fight, ma poi al massimo si è lanciato qualche pop-corn.
Il gruppo saluta, ma non è finita, rientrano per proporci un altro pezzo che a loro piace tanto fare e che non ci si aspetterebbe, Baby one more time di Britney Spears, che eseguita da loro, in acustico, sembra scritta da Dante Alighieri. Un momento divertente e che si addice ai nostri particolarmente. All I want to do is rock, con un chitarrista Andy Dunlop scatenato che scende dal palco e “fa rock” appunto, e in chiusura Happy.
E io non lo so dire quanto eravamo tutti happy. Mi sono ancorata a questo concerto, canzone dopo canzone, non volendo finisse mai, così come quegli anni della giovinezza in cui si era inconsapevolmente spensierati. Fran è uguale ad allora, e in fondo anch’io sono ancora quella ragazza innamorata di quel tizio irriverente che arriva in bicicletta a casa dei genitori della fidanzata.
Mi sono resa conto di quanto la gente ami questo disco e questa band, c’è tanto affetto, ricordi, riconoscenza intorno a loro.
“Le canzoni sono come segnalibri emotivi nel tempo“, ha detto Fran Healy. “Quando ascolti una canzone sei trasportato in quei momenti e senti forti eco dei sentimenti che provavi. Raramente un album ha questa capacità così performante, The Man Who, ancora una volta sarà una gioia!“. E così è stato, caro Fran. Aggiungo che è in uscita un film sulla loro storia, Almost Fashionable, presentato a fine Giugno all’International Film Festival di Edimburgo, imperdibile.