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Viaggio in Terza Classe da Napoli fino in Tennesse

La Terza Classe ph. ©Riccardo Piccirillo 2018Ci sono delle storie inspiegabili che spesso nascono in terra partenopea. Un manipolo di ragazzi, che amano il folk ed il bluegrass, iniziano a viaggiare e suonare per strada. Attraverso il “busking” in giro per Italia e l’Europa scoprono di essere un bel combo musicale e che tutto è possibile. Durante un viaggio in USA, fortunosamente incrociano Jim Lauderdale (artista country/soul pluripremiato ai Grammy Awards), che invita la band ad esibirsi al noto show televisivo americano Music City Roots a Nashville. Da lì inizia un percorso di successi che portano questi ragazzi a calcare i palchi del Big Ears Festival in Tennessee, il Rockwood Music Hall di New York ed il Bluegrass Undreground, fino ad arrivare alle semifinali dello show televisivo “Italia’s got talent”. Dopo l’album FolkShake del 2016,  Venerdì 7 Dicembre 2018, presso Ex OPG Occupato – Je so’ pazzo, La Terza Classe torna a Napoli per presentare, con un full-concert, il suo nuovo lavoro discografico. Un EP omonimo di inediti, uscito di recente per la label Polosud Records, dove albergano insieme l’attitudine dei primi Mumford & Sons e le atmosfere di certi dischi dei Simon & Garfunkel.

Da dove nasce il nome del progetto?
Il nome del gruppo nasce dall’immaginario delle terze classi dei transatlantici di inizio 900. Il cugino del chitarrista, ascoltandoci per la prima volta, colse questa affinità.

Quando  avete deciso di formare questa band? Come avete incrociato le vostre strade musicali?
Nel 2012, dopo aver iniziato a suonare in strada per divertimento e dopo un po’ di soldi, si è subito deciso di farlo ogni giorno! Il tutto è avvenuto in strada fra Napoli e Parigi.

Cosa si può esprimere a livello di scrittura cantautorale con il folk ed il bluegrass rispetto ad altri generi?
Quando si parla di folk sicuramente il tema viaggio interiore ed esteriore la fanno da padrone.

Parliamo di questo recente Ep, come è stata la “gestazione” dei brani che lo compongono?
La gestazione è stata dura ma bella. Abbiamo condensato tutto il nostro modo di suonare e di immaginare con tutto quello che non avevamo ancora sviluppato, cercando un compromesso fra le nostre esperienze e l’esigenza di vestire di fresco il nostro sound. Abbiamo preprodotto i brani insieme al nostro produttore artistico Massimo De Vita.

Le principali tematiche dei vostri pezzi?
Viaggio, lontananza, amore.

Come è stato collaborare con Massimo De Vita (Blindur)?
Con Massimo ci siamo subito capiti, anche lui ha un orecchio apertissimo al folk internazionale. Abbiamo lavorato molto seriamente ed abbiamo anche riso e stemperato alla grande!

Quanto è stata importante l’attività di “busking” nel vostro processo di maturazione di band?
L’esperienza di busking ci ha letteralmente instradato nell’essere musicisti!

Siete stati in USA per varie tournée, come vi accoglie il pubblico statunitense?
Il pubblico statunitense ci adora! Siamo un qualcosa che riconoscono ma non del tutto, abbiamo qualcosa in più!

In molti passaggi dei vostri pezzi ho trovato l’attitudine dei primi Mumford & Sons mista alle atmosfere di certi dischi dei Simon & Garfunkel… questi due progetti possono essere considerati tra i vostri riferimenti musicali?
Assolutamente sì!

Cinque pezzi di altri generi (tipo rock, blues, dance) che vi andrebbe di riarrangiare nelle atmosfere del vostro sound folk-bluegrass?
Whola lotta love – Led Zeppelin
Can’t buy me love – The Beatles
Strange brew – Cream
Poker face – Lady Gaga
I want you – Marvin Gaye

Album – streaming

Have you again – Video

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