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A tutti piace il diavolo: intervista a Francesco Di Bella

dibella_2018_in‘o Diavolo, il secondo disco della carrieta solista di Francesco Di Bella dal titolo ci ha subito folgorati perchè è un disco che vuole stimolare dei dubbi sui nostri tempi malati dove tutti siamo adoratori del diavolo, immersi in pratiche votate al narcisismo, all’edonismo, al nichilismo… tra social, internet in generale e selfie. I nuovi brani di Di Bella sono ricchi di ispirazione e passione, dove la lingua napoletana si accompagna ad atmosfere psichedeliche e folk con la stessa attitudine di un songwriter alternative americano.

“Colui che crede che nel mondo i diavoli non vadano mai senza corna e i pazzi senza sonagli sarà sempre loro preda o loro zimbello.” (Arthur Schopenhauer)
“Dimmi una cosa, amico mio. Danzi mai col diavolo nel pallido plenilunio?” (Batman). Parto da queste citazioni!
Che cos’è il Diavolo per Francesco Di Bella? Che cos’è il diavolo nella vita di questi giorni malati tra social e nichilismo della rete?
Diciamo che attraverso le citazioni, la risposta te la sei data un po’ anche tu. Il diavolo è una figura molto suggestiva, rappresenta colui che divide, colui che minaccia la nostra pace ma è anche uno spiritio dionisiaco e in qualche modo alimenta la musica. Poi, può essere letto alla maniera di Dostoevskij, un concetto importante di questo disco è proprio quello che puoi trovare dell’oro, ovvero dell’umanità sotto una scorza dura. Trovi tanta umanità nel male a volte, così si chiude il disco infatti, con quella storia macabra a testimoniare che certe volte è solo una questione di trovarsi dalla parte sbagliata.

Questo disco dal punto di vista del sound è ricco di particolari, di colori e sfumature che partono dal folk ma che si dilatono in soluzioni rock-pop d’atmosfere anni ’60-’70. Come è nato questo sound tanto moderno quanto “vintage”, tra passato e presente. Sembra di ascoltare un disco di un songwriter della scena indie americana contemporanea…
Anni di esperienza mi hanno aiutato a non essere passatista rispetto al sound. E’ chiaro che la musica napoletana degli ultimi trent’anni ha dei riferimenti molto importanti, e quindi è inevitabile restare ancorati a certi arrangiamenti, a certi modi di scrivere versi e parole. Diciamo che con la gavetta fatta con i 24 Grana ho acquisito l’attitudine a cercare un mio personalissimo linguaggio senza manierismi e più votato al soddisfacimento di me stesso.

Come sono nate Stella nera e Notte senza Luna? Forse sono i brani capolavoro di tutto il disco per il loro intimismo profondo…
Sì, sono due canzoni molto intime, e sono nate sempre in virtù di una passione per la scrittura… Per me è fondamentale cercare sempre di lavorare bene sulla sintassi napoletana, cercare di restituire pulizia al linguaggio in un momento senza dubbio di ottima ispirazione. Stella nera è stata ispirata da un’utopia, una stella nera non esiste, però è tanto bella come immagine-suggestione che poi esiste. Mentre Una notte senza luna è nata dalla voglia di raccontare la periferia nei suoi angoli più scuri e reconditi come quel territorio agreste nocerino-sarnese collegato alla Madonna delle galline, teatro di un omicidio-suicidio dove c’è umanità persa nel buio delle campagne.

Quanto la lingua napoletana ti aiuta nel tuo immaginario poetico di scrittura: mi riferisco ad esempio a versi tipo: “quando ‘na jurnata nun basta ‘a jucata è persa”, “m’he pigliato p’ ’o core”…” tieni ‘o diavulo ‘ncuorpo”…
Quelle frasi ti arrivano natualmente perchè quando riesci a mettere a fuoco il processo di scrittura, riesci bene ad interpretare dei dialoghi in modo da rendere più emozionanti le storie dietro le canzoni.

Diciamo che la lingua napoletana si presta come suoni e immagini a questo tipo di scrittura…
Sì, come diciamo a Napoli, è proprio la morte sua… e proviene anche da un’attenzione simpatica per la strada a queste coloriture del linguaggio. E’ bello scrivere in napoletano non tanto perchè è la lingua dei classici, penso a Pino Daniele, ma perchè ha proprio questo senso d’intensità di immagini che riesce a trasmettere.

Trovo Scinne ambress una moderna canzone classica napoletana che fotografa alla perfezione lo spirito di Napoli e dei napoletani. Cosa ne pensi?
Sicuramente è legata a quell’idea d’incantarsi in cerca di risposte che è un’attitudine tipica di che vive a Napoli. C’è quello spirito di fuga dalla realtà andandose al mare con sullo sfondo questo richiamo all’ordine, al pragmatismo che è molto di una nuova generazione di napoletani.

Partendo dalla tua Il giardino nascosto, mi sono venute in mente Comme facette mammeta, Era de maggio. Perché l’immagine del giardino ricorre sempre nelle canzoni d’amore napoletane? La tua sembra essere nella scia di queste classiche…
Questo è vero, ti entra inavvertitamente nella tecnica di scrittura che applichi, però come per tutte le canzoni di questo disco l’ispirazione è venuta dalla lettura della Bibbia. Qui il giardino nascosto rappresenta l’Eden e si incastra con altre immagini come il Diavolo, la Rivelazione che si possono ritrovare nel disco… E tutto questo non nasce da una frequentazione della chiesa, ma da una passione ultima per la famosa trilogia di Bob Dylan (Slow Train Coming – 1979, Saved – 1980, Shot of Love – 1981) e dal fatto che molti versi della musica americana sono nati dai salmi e quindi ho coltivato quest’attitudine ed ho effetivamente verificato che ti escono dei versi molto lucidi, giocando con quella prospettiva.

Quando ho sentito Rub-a-dub style mi è venuto in mente il fenomeno Liberato, ed ho pensato Liberato è ‘na pazziella rispetto a Francesco Di Bella che ha scritto queste canzoni senza fare calcoli, insenguendo la propria ispirazione, muovendo musica per verità e non per gioco…
Sicuramente tutto il disco vuole porre dei dubbi riguardo queste nuove tendenze di narcisismo ed edonismo sfrenato di questi ultimi tempi. Questo disco vuole stimolare un dibattito tra le persone. C’è chi realizza un disco e fa musica per essere un influenzer e chi invece crede nella musica perchè ne fa una ragione di vita. Le strade per raggiungere il successo e le cose belle possono essere tante e diverse. Quindi ogni artista fa il suo percorso ma è importante dire delle cose in coscienza e rispettare lo spirito della musica e la gente che si è unita per te. Non puoi specularci sopra.

Ci sono tante collaborazioni in questo disco. Me ne parli?
Sono particolarmente grato ad Andrea Pesce, Cristiano de Fabritiis, Alessandro Innaro e Alfonso Bruno. In primis sono felice del lavoro di produttore artistico di Andrea Pesce che ha saputo ben miscelare in punta di piedi le canzoni, suonate da una band formatasi da una grande esperienza live degli ultimi anni, fornendo groove e un mood specifico di psichedelia e di serenità a tutti i pezzi. Andrea è stato poco invasivo ed è stato molto bravo a mantenere certi registri molto caldi come la mia voce in la Stella nera, innalzando il tasso emotivo del brano. Ringrazio proprio tutti quelli che hanno collaborato, si sono avvicendate molte persone proprio perchè il periodo creativo è stato non breve.

La cura di tutti gli aspetti soprattutto sviluppata nel tempo si vede sempre nei progetti come il tuo…
Infatti, se pensi che anche la copertina è perfetta, quel diavolo danzante è particolarmente azzeccato al concept del disco, grazie allo straordianrio street-artist David “Diavù” Vecchiato.

 ‘O Diavolo – Video

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