Sono tempi duri per chi vive di musica. La pandemia, non è affatto democratica come si è detto, in certi luoghi e tessuti sociali colpisce molto più duramente che altrove. Senza addentrarci in questa sede nelle complesse problematiche politiche e sociali evidenziate dalla gestione dell’emergenza, per nostra vocazione ci concentreremo solo su specifici danni prodotti dal coronavirus, che ha messo letteralmente in ginocchio il mondo della musica. Un mondo che sconta ancora antichi pregiudizi, secondo cui un musicista è uno che non ha un vero lavoro, uno che se la spassa, senza problemi, che non conosce fatica e se poi suona rock è probabile che sia anche un drogato, promiscuo e immorale. Ovviamente rinneghiamo con fermezza tutto ciò e difendiamo la categoria dei musicisti, ricordando che la musica, come l’arte in generale, richiede impegno, dedizione, sacrifici, spesso non ricambiati dal successo. La musica non è un tempio dorato, popolato di stelle miliardarie e l’impossibilità di esibirsi rappresenta una dura batosta. Autori e interpreti del mainstream anche senza concerti potranno continuare a campare di rendita, royalties e altri introiti legati alla fama piuttosto che alla musica. Ma per la stragrande maggioranza di chi fa musica oggi il concerto, lo spettacolo, l’evento, costituiscono la principale fonte di sostentamento, in un sistema che trascura sovente le necessità del mondo della musica e dello spettacolo, dimenticando che anche dietro i grandi nomi c’è un’esercito di lavoratori che rendono possibile lo svolgimento di eventi, tecnici, fonici, montatori, catering, promotori, organizzatori, fotografi, cameraman, costumisti, truccatori e quant’altro. Eppure, la ripartenza del settore è ancora lontana: l’ultimo DPCM del all’art. 1, comma i) stabilisce che: sono sospese le manifestazioni organizzate, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura con la presenza di pubblico, ivi compresi quelli di carattere culturale, ludico, sportivo, religioso e fieristico, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato. Né si intravede all’orizzonte una strategia di ripresa, un cronoprogramma che fissi degli obiettivi. Eppure è assolutamente necessario pensare a soluzioni concrete e a un efficace sostegno a tutto il settore musicale.
Si susseguono in questi giorni molti appelli in tal senso. Persino Gigi D’Alessio, la cui musica è molto distante dal nostro sentire, si è espresso in maniera decisa ricordando le tantissime figure che non godono delle luci della ribalta, ma permettono allo show continuare e in questo momento sono altrettanto penalizzate dei musicisti. Un esercito invisibile che sarà raccontato in The dark side of the show, un documentario ideato da Massimo Martulli per illuminare, una volta tanto, il lato scuro dello spettacolo, il mondo nascosto al pubblico fruitore di eventi, concerti, opere teatrali, musical, produzioni discografiche e cinematografiche, tour production, booking e management: figure professionali che in Italia sono poco conosciute ma che muovono un indotto economico enorme.
È del 26 aprile l’appello lanciato attraverso le telecamere del TG3 Campania da Marcello Giannini, Marco Messina, Ernesto Nobili e Pietro Santangelo, musicisti di cui ci siamo più volte occupati su queste pagine, che hanno chiesto uno strumento concreto per il sostegno della musica live, il reddito di quarantena, come lo hanno chiamato, nonché la revisione della politica fiscale per gli eventi dal vivo, che potrà finalmente anche aiutare parte del settore ad emergere dalla piaga del lavoro nero.
L’auspicio è anche quello di trovare unità d’azione in un ambito non sindacalizzato, dove c’è il rischio di disperdere le forze in troppi progetti, magari anche legati a personalismi che ora non sarebbero d’aiuto.
Un appello che parte dal basso, da gente abituata all’auto produzione e alla lotta, che per una volta, va detto, va nella stessa direzione delle richieste sostenute dalle principali associazioni dell’imprenditoriale musicale italiana AFI, Anem, Assomusica, FEM, FIMI e PMI, che lo scorso 20 aprile hanno trasmesso al Presidente del Consiglio Conte e ai Ministri dei beni Culturali e dell’Economia, Franceschini e Gualtieri, una serie di interventi, chiedendo misure urgenti per un settore che occupa oltre 169 mila persone, con fatturato di circa cinque miliardi di euro. Tra le proposte: contributi a fondo perduto, sospensione della tassazione di settore, voucher per i biglietti dei concerti annullati, bonus per le famiglie, riduzione dell’IVA, reddito di emergenza per i precari del settore e l’istituzione di un tavolo tecnico di confronto col governo.
La redazione di Lost Highways appoggia e fa propri questi appelli al governo e auspica che l’attenzione delle istituzioni si ridesti per salvare un mondo in crisi e impedire così che un fiorente sottobosco di musicisti promettenti o semplicemente di nicchia (chi ci legge lo sa) possa drammaticamente inaridire e scomparire.
Ai nostri lettori rivolgiamo, infine, l’invito a sostenere la musica, pagando il giusto prezzo. Magari evitando le piattaforme digitali che al momento pagano una miseria agli artisti, ma acquistando dischi, vinili e file. Se non vi viene in mente quali approfittate delle nostre recensioni. Sosteniamo la musica.
Nella foto di copertina il palco vuoto del concerto dei Verdena al Palapartenope del 2015, dal set di Alessio Cuccaro; il disegno in calce è di ZeroCalcare.