Succede di frequente tra musicisti che venga voglia di prendere una pausa e formare quella che viene definita una “super band”, dove percorrere nuove strade e sperimentare. I risultati sono spesso validi, ma a volte restano poco più di un piacevole intervallo.
I Muzz, invece, vanno oltre le aspettative. Sono tre amici, prima ancora che tre grandi musicisti, che decidono finalmente di concedersi del tempo insieme per suonare liberamente divertendosi con delle jam. Siamo nel 2015, ed è allora che nasce tutto.
Si tratta di Paul Banks (frontman degli Interpol), Josh Kaufman (produttore/polistrumentista, membro dei Bonny Light Horseman) e Matt Barrick (batterista dei Jonathan Fire*Eater, The Walkmen e della touring band dei Fleet Foxes).
Lo scorso Marzo viene pubblicata una traccia in maniera anonima su Soundcloud, dal titolo Bad Feeling, una canzone di una bellezza struggente e un’atmosfera malinconica perfetta come colonna sonora per i sentimenti globali incerti e il lockdown che stava cominciando. Quell’inizio è sfociato nell’atteso omonimo album di debutto della band il 5 Giugno per Matador Records.
Banks e Kaufman sono amici di vecchia data, hanno frequentato il liceo insieme, condividendo studi e stima reciproca. Trasferitesi a New York, tramite gli stessi circuiti musicali, entrambi conoscono e lavorano separatamente con Barrick. L’incrociarsi dei tre nei rispettivi progetti e l’amicizia che li accomuna non poteva che portare a una collaborazione, dove poter sviluppare ed elaborare nuove idee. Inoltre Banks, dopo anni con gli Interpol e i suoi lavori solisti (ricordiamo anche il progetto con RZA per Banks e Steelz), era pronto per questo particolare sodalizio. Afferma, scherzando, di essere anche contento di poter suonare in un gruppo dove non dover indossare un completo. Non si spoglia solo di un vestito, ma di un intero modo di cantare. Se con gli Interpol il marchio di fabbrica era un cantato sempre uguale, distaccato, per quanto magnifico, qui è diverso. E fa centro. Banks ha il dono di una voce baritonale ipnotica, ti porta immediatamente in mondi oscuri, ma ora lo fa scoprendosi. La sua voce cambia sempre e si adatta alle strutture sonore degli amici Kaufman e Barrick, rivelando un’intesa perfetta. Tutti e tre hanno contribuito ai testi e hanno aiutato a dare forma alla voce.
Musicalmente l’album è caratterizzato da una calda atmosfera rock classica che ricorda il crepitio della puntina su un vecchio vinile. Il nome Muzz è stato scelto da Kaufman, che con questo termine indica proprio l’alta qualità dei suoni analogici, di cui è un cultore.
La band condivide anche riferimenti musicali quali Neil Young, Stones, Bob Dylan e Leonard Cohen (so long Marianne cantava Cohen, so long Bad Feeling cantano i nostri) e si ritrovano nella volontà di creare un album “classico”. Less is more, alla ricerca della semplicità e di quello che davvero suona naturale. Sono nate così 12 tracce, diverse tra loro ma che garantiscono un risultato finale omogeneo.
L’album è stato scritto, arrangiato ed eseguito da tutti e tre i membri della band, con sezioni di archi, fiati, chitarre e batteria. Presenti anche i Westerlies, un bravissimo quartetto d’ottoni.
Il disco comincia con quella malinconica prima traccia Bad Feeling, che è senza dubbio il manifesto del suono della band (We all just need a little kindness To reach back from those mistakes before they can find us). Una dietro l’altra scorrono immagini, storie, più o meno tangibili, a volte non totalmente comprensibili, tra realtà e introspezione.
Il tema principale del contenuto lirico è la salute mentale in generale e l’impatto che può avere su una vita. Può manifestarsi in modi diversi e in misura diversa, e il disco tocca il filo dell’autoanalisi. Ma non è mai chiaro e per niente deprimente. Anzi, inconsciamente, riconoscendoci, troviamo la cura.
Via via con Evergreen e la bellissima Red Western Sky, che sembra una collisione tra Interpol e The National (del resto Kaufman ha partecipato alla registrazione di Boxer dei National e ha collaborato in diverse occasioni con il gruppo, e Barrick ha suonato nel materiale solista in uscita di Matt Berninger) e ci regala immagini cinematografiche. Everything Like It Used To Be, dal ritmo incalzante. Broken Tambourine, una ballata impreziosita dalla registrazione del canto degli uccelli, a doppiare il paradisiaco del testo. Knuckleduster travolge coi suoi muri di chitarre e piani riverberanti. Ancora Chubby Checker e brani psichedelici come Patchouli e Summer Love. How Many Days e All Is Dead To Me per i puri e i forti di cuore. Si chiude con la dolcissima Trinidad.
La voce suadente di Banks, la classe di Barrick, con la sua batteria ora dalle raffinate fioriture jazz ora incisiva, e l’eclettismo di Kaufman, in grado di creare ambienti in cui gli altri musicisti possono brillare, ci regalano pezzi carichi di suggestioni, eleganti e senza tempo, in grado di emozionarci e farci perdere nel loro mondo.
I tre si comprendono e si completano a vicenda e tutto funziona. L’etichetta di super band va quasi stretta ad un gruppo che è riuscito a creare un suono personalissimo e ad avere un’identità precisa.
Quello dei Muzz è un disco cosmico che non facciamo fatica a fare nostro, d’altro canto We all got our reasons to blend.
Credits
Label: Matador Records – 2020
Line-up: Paul Banks (voce) – Josh Kaufman (chitarra) – Matt Barrick (batteria)
Tracklist:
- Bad Feeling
- Evergreen
- Red Western Sky
- Patchouli
- Everything Like It Used To Be
- Broken Tambourine
- Knuckleduster
- Chubby Checker
- How Many Days
- Summer Love
- All Is Dead To Me
- Trinidad