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Un talento estremo: intervista a Gnut (Claudio Domestico)

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Esce oggi Nun te ne fa’ (Beating Drum), il nuovo disco di Gnut. Per chi ha avuto la possibilità di ascoltarlo in anteprima è una gioia poterlo finalmente raccontare. Il titolo è un invito a superare il dolore, onorando la vita che da figli abbiamo ricevuto e da genitori abbiamo donato. Ricorda la perdita e la sua accettazione tenendo saldo l’amore immenso che rimane, ricorda il tormento e l’approdo alla serenità quando qualcuno arriva e ci sblocca il cuore, finito in una gabbia di autoprotezione. Ricorda i Nirvana e l’attitudine ad andare altrove, fuori dalle mode e dai compromessi, perché essere diversi è un valore, ancora oggi. Ricorda Napoli e la forza di una tradizione che passa per un’energia espressiva furente e gioiosa, malinconica e appassionata. Claudio Domestico sceglie ancora una volta il napoletano (in otto brani accanto a due in italiano) per la sua musica e lo nutre alla fonte dei grandi maestri della sua terra mischiandoli alle lezioni di Nick Drake ed Ellioth Smith, con uno spirito blues che gli si muove dentro dando un colore unico alla sua voce. Nun te ne fa’ è opera di un talento estremo che si manifesta con una grazia e una naturalezza fuori dal comune, avvalendosi dell’importante collaborazione con Alessio Sollo e della delicata e sapiente produzione di Piers Faccini. Claudio brilla, oggi più che mai, con una libertà di sentimenti e di intenti commovente. (Foto di Alessandra Finelli)

Per il tuo nuovo disco hai scelto un titolo che è subito una dichiarazione d’amore per le radici. Il dialetto racconta senza alcuna mediazione il senso di appartenenza alla propria terra, con tutte le tradizioni e la storia che custodisce. Quello che mi ha colpito è l’uso di un’espressione diretta che svela il senso che serpeggia nel disco e l’approdo del tuo girovagare interiore. Me ne parli?
Diversi motivi mi hanno portato a questa scelta. Proverò ad elencarli.
Trovo il suono della frase Nun te ne fa’ molto affascinante anche per chi non conosce il napoletano.  È un suono  quasi onomatopeico.
È il titolo di una della mia canzoni preferite dell’album, una canzone che mi ha emozionato molto scrivere. Ero con Sollo e come al solito siamo partiti da una sua poesia. Arrivati al primo ritornello, i suoi versi erano finiti quindi ci siamo fermati e abbiamo iniziato a scrivere la seconda strofa insieme. Quando ci sono usciti i versi “Nun te ne ‘ncaricà si me coce /‘o sango quanno scorre dint’ ‘e vvene / è ‘a freva ca me saglie doce doce / si penzo ca te voglio ancora bbene”, ci siamo guardati come se avessimo trovato una miniera di diamanti. L’ho registrata velocemente e riascoltandola, quando è arrivata questa frase, preso dall’emozione ho guardato Alessio. Piangeva come un bambino ed ho iniziato a piangere con lui. Abbiamo passato il resto del pomeriggio ad ascoltarla e a piangere insieme.
Solo dopo ho riflettuto su i diversi significati anche filosofici che poteva racchiudere una frase così semplice. Per me è anche un po’ come dire “lascia scorrere”, “lasciati andare”…”non aver paura di vivere la tua vita”.
Ultimo motivo è l’aver scoperto che è un’ottima traduzione a senso di “never mind”, quindi non potevo perdere l’occasione di omaggiare in modo subliminale la mia band preferita da adolescente.

La prima traccia del disco è un po’ una dichiarazione dì intenti, mi sbaglio? Mi riferisco al tipo di racconto, così personale, e al sound, in primis penso alle influenze di Murolo.
È una canzone che amo cantare. L’idea melodica è nata rallentando tantissimo il tema strumentale della famosissima tarantella di Luigi Ricci, ma l’ispirazione principale credo provenga dai canti gospel.
Per quanto riguarda Murolo, in realtà sento che la sua delicatezza si nasconde dietro tutto quello che faccio in napoletano.
Il testo è un manifesto della poesia racchiusa nella sconfitta. La gioia di confessare i propri sentimenti, senza sentirsi in colpa, nonostante la consapevolezza di non essere ricambiati. Se non la si legge in chiave strettamente sentimentale può essere una metafora di tantissime cose che fanno parte della vita di tutti i giorni.
Come dice il mio amico Alessio “se la storia la scrivono i vincitori, la poesia è decisamente dei perdenti”.
Ci sento qualcosa di spirituale in questo brano.

I brani in dialetto sono otto. A questi hai aggiunto due in italiano. Perché?
I brani in italiano sono nati qualche anno prima rispetto a tutti gli altri. Sono canzoni che raccontano momenti importanti della mia vita e alle quali sono particolarmente legato. Quindi in realtà è come se avessi aggiunto le altre otto canzoni a queste due.
Per fare questo disco ho messo da parte, in questi otto anni, le canzoni che mi emozionavano di più. La lingua utilizzata e la coerenza stilistica in fase di scrittura non sono state una priorità per me.

Facendo un discorso sulla fruizione e sulla diffusione della musica, restituisce di più l’italiano o il napoletano?
Credo che la cosa che restituisce di più sia l’emozione e la sincerità.
Molti mi dicono che scrivere in italiano ti rende più accessibile, ma in realtà, negli ultimi anni, tra le canzoni che ho pubblicato, e tra quelle che hanno fatto più “strada” ci sono due canzoni in napoletano L’ammore ‘o vero e Nu poco e bene.
Amo scrivere in entrambe le lingue.
Diciamo anche che la fruizione e la diffusione della musica sono uno dei miei ultimi pensieri quando inizio a scrivere una canzone.

Il sodalizio con Alessio Sollo continua anche in questo disco. Sono sicura che hai qualche aneddoto da svelare su Duje Vicchiarielli
Duje Vicchiarielli è una delle ultime canzoni scritte per questo disco. Il suo arrivo ha sicuramente tolto spazio a qualcos’altro che ora non ricordo.
È una canzone nata come ballad, molto lenta. L’idea di renderla più ritmata è stata di Piers che ha svoltato il pezzo.
Prima di registrare le voci definitive abbiamo fatto insieme delle correzioni sui testi di tutte le canzoni. Ricordo di aver cambiato solo una frase della seconda strofa e ad Alessio questo cambio è piaciuto tantissimo.
Spesso lui racconta che gli arrivano dei complimenti per alcune frasi delle canzoni che abbiamo scritto insieme e spesso sono le uniche che ho inserito io.
La cosa ogni volta ci fa molto ridere ma quello che dico sempre è che è molto facile mettere la ciliegina sulla torta quando il pasticciere ha fatto tutto il resto.

L’amicizia segna questo disco che ha avuto una lunga gestazione. Tu sei così, uno che lega la sua musica alle persone. Lo trovo molto poetico in un’era in cui la musica viene consumata così velocemente, da chi la fa e da chi la ascolta… Raccontami gli amici di Claudio in queste nuove canzoni…
Non so come sia possibile, ma io credo di sentire ogni volta il “carattere” e l’anima della persona nel modo di suonare il suo strumento.
È una cosa che mi affascina molto e che mi lega umanamente tantissimo ai musicisti con i quali collaboro.
In questo disco siamo in pochi. Ci sono Alessio e Piers che per me sono due fratelli d’anima; Michele Signore (della Nccp) con il quale collaboro da qualche anno che è una persona meravigliosa ed un talento straordinario; Simone Prattico alla batteria che è un fenomeno ed una persona fantastica; Ilaria Graziano, mia sorellina e mia cantante preferita in assoluto dopo Etta James.
Gli ospiti sono Luca Rossi alla tammorra con il quale ho un feeling umano incredibile, ci conosciamo poco ma ci vogliamo un gran bene; poi Fausta Vetere della Nuova Compagnia di canto popolare, non so descrivere l’emozione che provo ascoltando la sua voce su una mia canzone, per me lei è la voce della mia terra e del mio popolo, un pezzo importantissimo della storia della musica popolare napoletana, una donna di una forza e di una dolcezza fuori dal tempo.

Parliamo di Piers Faccini, della delicatezza con cui si prende cura della tua poesia. Riesce ad esaltarla senza invadenze, lasciandone inalterata la purezza…
È complicato parlare di Piers. Ci conosciamo ormai da vent’anni. Ricordo ancora quando l’ho conosciuto a Londra nel 2002. Eravamo a casa sua e presi la sua chitarra per strimpellare un po’. Gli chiesi di suonare qualcosa. Mi lasciò senza parole. Forse il talento più grande che io abbia mai incontrato.
Gli chiesi quanti dischi avesse pubblicato e lui mi rispose “nessuno”. Non ci potevo credere. Non era possibile che un fenomeno di quella portata non avesse ancora una carriera internazionale. Per fortuna pochi anni dopo ha iniziato a girare il mondo con le sue canzoni.
Il tempo mi ha dato ragione. Sono stato dal primo momento un suo grandissimo fan. Per me è un grandissimo onore collaborare con uno dei miei riferimenti musicali.
Per fortuna, la stima è reciproca ed ogni volta che la mia musica incontra Piers succede sempre qualcosa di magico.
La sua produzione ha dato al disco un suono internazionale ed era tutta una vita che sognavo di raggiungere un sound così potente.
Un’altra cosa per la quale gli sarò sempre grato è quella di avermi passato dei dischi meravigliosi in questi anni. Abbiamo gusti molto vicini, ci emozionano le stesse cose e questo ovviamente si sente anche nella nostra musica.

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Ho citato prima Murolo, ma potrei tirare in ballo Pino Daniele, Sergio Bruni, Nino Taranto e in qualche modo il sorriso timido di Massimo Troisi. Parlami un po’ di queste meravigliose storie che non sono solo i tuoi referenti, ma fanno parte di certa napoletanità, quasi come un dna dell’anima…
La grandezza dei personaggi che hai citato sta proprio nell’aver creato o interpretato un linguaggio che appartiene a tutto il popolo napoletano.
Capita a tutti i napoletani di sentirsi dire “hai fatto una battuta alla Totò”, oppure “quando hai detto quella cosa mi hai ricordato Massimo Troisi”, o ancora “questo pezzo ha qualcosa di Pino Daniele o di Murolo”.
La verità, secondo me, è che l’opera di questi grandi artisti è così enorme da racchiudere e rappresentare delle caratteristiche che sono di tutti i napoletani.
Provo un grande affetto per tutti loro.

La magia della tua musica sta in un’attitudine blues dove si incontra tradizione classica napoletana e modernità, penso ad Elliot Smith e a Nick Drake. Quando hai incontrato questi due grandi artisti e cosa ami in particolare delle loro produzioni?
Da ragazzino le mie prime band avevano un’attitudine molto vicina al grunge e al sound pesante dell’epoca. Solo che odiavo la mia voce soprattutto quando urlavo.
Ricordo che è arrivato un momento in cui, stanco di questo stress che mi autoinfliggevo, ho iniziato a scrivere canzoni più morbide passando dalla chitarra elettrica all’acustica. Non avevo un riferimento vero e proprio. All’epoca amavo i Soundgarden, gli Alice in chains e Jeff Buckley.
Qualcuno mi parlò di Nick Drake e dopo poco trovai in un grande centro commerciale un suo “best of” in offerta.Tornato a casa, ero con Piero Battiniello ovvero il bassista della mia band (erano da poco nati gli Gnut). Ricordo che al primo pezzo ci guardammo e lui mi disse: “Madonna! Questo sei tu a settant’anni!”. Avevo finalmente trovato un riferimento vicino al mio modo di utilizzare la voce e di sentire la musica.
Per Elliott Smith invece devo ringraziare Piers che mi regalò dopo un viaggio negli Stati Uniti Figure 8. Parlavano di lui come del nuovo Nick Drake ma al primo ascolto non mi prese molto e passai il disco al mio amico Piero. Dopo qualche giorno, in sala prove lui iniziò a suonare un pezzo di Roman candle e io gli chiesi di chi fosse quella canzone bellissima. Lui mi rispose che era del tizio del disco che gli avevo prestato. Suonammo quella canzone tutta la notte. È stata la chiave per entrare nel suo mondo. Dopo vent’anni ancora oggi ogni ascolto di Elliott Smith mi rivela cose che non ho mai notato prima. Credo che sia uno dei più grandi di tutti i tempi e mi dispiace no abbia avuto tanto seguito, anche se egoisticamente un po’ mi fa piacere che non sia arrivato a tutti.
Di entrambi amo la dolcezza e la capacità di riuscire ad emozionare senza fare i salti mortali, anche se poi entrambi erano due chitarristi stratosferici.
Quando li ascolto o li studio mi piace sentire il loro desiderio costante di non voler assecondare nessuno se non la propria ispirazione. Mi hanno insegnato moltissimo.

Rispetto ai tuoi lavori precedenti, quest’ultimo spinge molto di più, estremizzando la volontà di andare in una direzione assolutamente contraria alle mode. Lo trovo il più estremo dei tuoi dischi, una dichiarazione di identità assoluta. È così?
Sono Felice che lo trovi estremo! È un bellissimo complimento.
Credo che in questi vent’anni di musica la cosa più preziosa che io abbia guadagnato sia l’assoluta libertà di seguire le mie emozioni. Appena appoggio la penna su un foglio per scrivere una canzone so già che nessuna radio commerciale la passerà e che nessun grande discografico si interesserà a questa cosa. Nonostante questo, l’aver costruito in tanti anni un piccolo seguito che mi dà modo di vivere con la mia musica mi ha fatto raggiungere una grande serenità. Poi con la crisi della discografia e del mercato musicale in generale quale periodo migliore di questo stiamo aspettando per sperimentare e fare musica in libertà?
Non riesco proprio a capire l’omologazione nei suoni e la ricerca estenuante del singolo radiofonico che “funzioni”. È un approccio che non mi è mai appartenuto ed oggi ancora di meno.

Se ti chiedessi di scegliere la canzone cuore di Nun te ne fa? Quella che riassume tutto, nel senso e nel sound…
Credo che nessuna delle canzoni sia realmente rappresentativa di tutto l’album.
Però la canzone alla quale sono più legato è Anche per te.
Per scriverla ho immaginato un dialogo impossibile con mia madre che da qualche anno ci aveva lasciato.
Non credo nel paradiso e non ho idea di cosa possa esserci dopo la morte, ma in questo ipotetico dialogo la cosa che più tenevo a dirle è che ormai ero tornato a stare bene.
L’obiettivo di tutta la sua vita è stato quello di rendere felici i suoi figli.
Non potevo più lasciarmi distruggere dalla sua perdita, non sarebbe stata contenta di questo.
Scrivere questa canzone mi ha fatto “guarire” e mi ha fatto capire che dovevo cercare con tutte le mie forze di essere felice e lo dovevo fare per lei.

Cosa auguri a Nun te ne fa’?
Di arrivare a chi in qualche modo ne ha bisogno.

Nun te ne fa’ – Streaming

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