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Il nuovo viaggio interiore di Boosta: intervista a Davide Dileo (Subsonica)

Boosta1_in22Ci sono artisti che hanno anche un senso fuori dalla band che li ha fatti scoprire al grande pubblico, anzi proprio nei loro percorsi solisti si evidenzia la loro cifra distintiva che poi ha contribuito a fornire una certa originalità di suono a quella band. Uno di questi artisti è Davide Dileo aka Boosta, il tastierista dei Subsonica che in questi mesi sta pubblicando un nuovo lavoro solista: Post Piano Session in 6 capitoli (EPs/Tapes). Un progetto discografico ambizioso e riuscito dove albergano elettronica e pianoforte al servizio di un viaggio interiore della libertà compositiva e della pura suggestione evocativa e romantica.

Iniziamo dal titolo di questo tuo nuovo lavoro solista composto in 6 capitoli (EPs/Tapes). Perché Post Piano session?
Io amo la musica, e amo il suono. Credo nell’assunto che sia la forma d’arte più fondamentale nella vita dell’uomo. É uno stato naturale, quello del compositore, tirare fuori idee in forma grezza e poi cominciare a dar loro una forma. POST PIANO SESSION possiamo definirlo la mia calligrafia attuale. Tutti cambiamo pelle per conseguenza del fatto che cresciamo, cambiamo interessi, modifichiamo il pensiero e il ragionamento, evolviamo. Questo concept album (perché di questo si tratta) è la mia mappa per guidarmi attraverso un viaggio che amo: il suono, il pianoforte e l’elettronica, le mie grandi passioni.Un disco solo sarebbe stato come visitare luoghi dal finestrino di un treno, senza permettersi il tempo di scendere e provare a vivere un po’ meglio i luoghi. Per fare la musica, e per ascoltarla, serve più tempo.

Sembra che questi 6 EP siano stati composti durante la pandemia e sembra di poter intuire che ruotino dietro al concept della libertà negata di quel periodo… quasi a rimarcare che nella musica c’è sempre una possibilità di “fuga”. Approfondiamo questo concept?
É inevitabile che il tempo vissuto abbia un fattore di incidenza alto nell’opera di un artista. Niente può essere completamente spurio rispetto al quotidiano. Con onestà credo però che questa drammatica finestra, al netto delle considerazioni, abbia avuto l’unico, e ripeto, unico merito di mettere a disposizione del tempo per approfondire. Lo studio, le relazioni, i desideri, qualunque cosa avessimo in pancia.

Quali sono state per te le principali differenze dal punto di vista della ricerca del suono rispetto ai tuoi precedenti lavori solisti?
C’è un’esplorazione del suono che comincia a essere più approfondita e libera. In piccolissimo, è come quando nel novecento, tutta un’ondata di artisti ha sentito l’esigenza di infrangere il canone e scrivere pagine nuove. Io ho iniziato un percorso a cui mi sto velocemente attaccando. Sto diventando avido e dipendente dall’evoluzione. Forse è urgenza di essere sempre vicino alla musica, che è quello amo, forse è un processo naturale. Ma finché sento la necessità di questo credo che sia tutto a posto.

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Sembrano trasparire gli echi di Aphex Twins, Burial, Jon Hopkins, Hans Zimmer, Tunng e Thom Yorke… puoi confermare o allargare le potenziali influenze nel tuo approccio creativo?
Sono tutti artisti meravigliosi che amo e ascolto con piacere. Ognuno con le sue diverse sfumature. Il mio viaggio inizia prima, all’inizio del novecento con il minimalismo, di Mompou ad esempio, corre per il secolo attraverso la scoperta di artisti come Bernand Parmegiani e Luc Ferreri, passa dalle parti di Aarvo Part, si immerge nella soundwave del dancefloor degli anni ‘90 (penso agli Orbital ad esempio)… insomma, non è un percorso lineare perché gli steccati sono inutili. Sono felicemente derivativo rispetto a quello che amo. Nelle prime uscite digitali emergono tracce con titoli evocativi del passato come Walkman Pt1 e 1974… e considerando anche le cover dei primi due EPs, dove sono in prima vista le vecchie AudioCassette, sembra esserci un certo mood nostalgico per un mondo analogico del suono.

Come mai quei titoli di brani e cosa pensi della rivoluzione del digitale nell’approccio al sound recording e al processo compositivo?
Sono affezionato ai supporti fisici, lo confesso, colleziono registratori a nastro e compro minidisc, lettori, televisori a tubo catodico. Li amo per quello che sono. Il mio passato perché attraverso loro sono cresciuto e sono cresciute le mie esperienze, e sono strumenti capaci ancora di sorprendere l’orecchio. Lo stesso vale per il digital recording. Nel 900 l’avvento della tecnologia ha significato una paletta di colori sonori più ampia. E la possibilità di sperimentare. É tutto al servizio di chi compone e, in seconda battuta, dell’ascoltatore che ne beneficia.

Cosa puoi raccontarmi della neonata etichetta TORINO RECORDING CLUB?
É un’etichetta discografica ma anche un progetto più ampio. É piccolo, sartoriale. Uno spazio di cura per il suono che poi può essere declinato in un disco o in una installazione, o in  una sessione di ascolto. Avere un proprio spazio, uno spazio che senti come casa, è quasi imprescindibile per potersi sentire liberi di esprimere quello che hai in animo.

Info Tour e Album

Il primo e il secondo dei sei EP “POST PIANO SESSION – Tape 1” e “POST PIANO SESSION – Tape 2” sono già disponibili in digitale (https://bfan.link/PPStape1 | https://bfan.link/post-piano-session-tape-2).

I biglietti per le prime date del tour prodotto da Kashmir sono disponibili in prevendita su www.kashmirmusic.it/tour/boosta-postpianosession.

Questo il calendario, in continuo aggiornamento:

– 14 ottobre – Teatro Juvarra – TORINO

– 6 novembre – Biko – MILANO

– 8 novembre – Locomotiv Club – BOLOGNA

– 18 novembre – Capitol – PORDENONE

– 20 novembre – Monk – ROMA

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