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Dominion – Zopp

ZoppÈ possibile suonare progressive alla “vecchia maniera”, conservando intatto lo spirito pionieristico della stagione d’oro del genere, nonché il livello tecnico necessario per essere all’altezza di siffatta ambizione, senza finire nella stucchevole magniloquenza, nella copia anastatica, nel vuoto tecnicismo? La risposta dei britannici Zopp, creatura del polistrumentista Ryan W Stevenson (che fa quasi tutto da solo), alla seconda prova dopo l’omonimo esordio strumentale del 2020, è confortevolmente affermativa. Lo dimostra sin dall’inizio la breve Amor Fati coi suoi vocalismi che rimandano ad Atom heart mother dei Pink Floyd (1970), l’organo vintage, lo sviluppo sghembo che prende le mosse da Generale della PFM, il dinamismo finale che introduce l’ossessione di You , il senso d’attesa terrificante come nel primo Dario Argento, la piacevolezza delle strofe cantate sulle orme dei recenti Motorpsycho, con tanto di epici ritornelli, cambi di tempo e atmosfera, l’inserimento dei fiati secondo le lezioni di jazz impartite dalla scuola di Canterbury, come pure gli assoli distorti delle tastiere, coralità degne del miglior Jon Anderson. Ed è proprio il jazz, magari anche sintonizzato sulle fredde latitudini di un Jan Garbarek, unito alla ritmica dei nostri Perigeo e Napoli Centrale, a reggere l’ariosità di Bushnell Keeler, le sue lineari progressioni all’unisono di organi e fiati, energiche ma senza esibizioni muscolari. Lo riprova la paludosa calma di Uppmärksamhet, lento passaggio del guado prima che il sole si levi da un orizzonte nero di pece, dal quale balenano tenui raggi di corde acustiche, poche drammatiche note d’elettrica, che si addensano man mano nell’aria rarefatta scaldandola. Le costruzioni più acide e bizzarre dei Gentle Giant s’insinuano nelle orditure vorticose di Reality Tunnels, scontrandosi con la patafisica dei Soft Machine in una battaglia senza esclusione di colpi, con continui capovolgimenti di fronte. Ne scaturisce il frullato psichedelico di Wetiko Approaching, conciso bozzetto astratto che sarebbe piaciuto a Syd Barrett. Infine, la carica rock di Rush e Marillion determina le traiettorie allungate di Toxicity, episodio più lungo dell’album, che in un quarto d’ora procede spedito lungo i confini di una forma canzone in bilico tra gli intrecci di tasti dell’album Third e la vocalità ipnotica degi Elbow, giocando su un canovaccio di ciclica ritmicità che torna nuovo ad ogni passaggio, aprendo porte prima invisibili, ossimoro di un virtuosismo minimalista che tiene incollati in ascolto fino a una fine che vorremmo non arrivasse.

Credits

Label: Flat Circle – 2023

Line-up: Ryan W Stevenson (Hammond organ, mellotron, Hohner pianet, piano, electric pianos, acoustic and electric guitars, bass guitar, vocals, Korg ms20, synthesizers, percussion, flute, field recordings, sound design) – Andrea Moneta (Drums and cymbals) – Sally Minnear (Voice) – Caroline Joy Clarke (Voice) – Jørgen Munkeby “Shining NO” (Tenor sax and flute) – Mike Benson (Tenor sax) – Rob Milne (Tenor sax and flute) – Tomás Figueiredo (French horn) – Joe Burns (Gong and additional cymbals)

Tracklist:

    1. Amor Fati
    2. You
    3. Bushnell Keeler
    4. Uppmärksamhet
    5. Reality Tunnels
    6. Wetiko Approaching
    7. Toxicity


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