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Lazarus – Cronache di un Alieno Italiano @ Teatro Mercadante NAPOLI (NA) 06/05/23

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Il teatro è una creatura che per sua natura divora metamorfosi, reclama nuove visioni, pretende interpretazioni nel segno della contemporaneità, rompendo gli argini e invitando a mischiare le carte oltre le regole. Bowie voleva questo per Lazarus. Agnelli si cala in una grandissima prova da protagonista.
Cosa deve regalare un’esperienza teatrale per colpire lo spettatore del 2023? Certamente un viaggio emozionale travolgente fuori dagli schemi classici della fruizione, in grado di catturare e sorprendere lo spettatore a 360°. Un tale effetto immersivo ed avvolgente può avvenire solo grazie al potere della musica e di una multimedialità simbolica. Ecco perchè Lazarus di David Bowie ed Enda Walsh si presta perfettamente a rispondere a questa esigenza di innovazione del teatro contemporaneo. In particolare è proprio la regia del direttore di ERT Valter Malosti che esalta l’aspetto rock della pièce di Bowie, liberandola dai manierismi classici del musical, che erano stati tipici della sua prima messa in scena quel 7 dicembre 2015 nel circuito Off-Broadway al New York Theatre Workshop. Tutto questo è determinato dal semplice fatto che i brani di Bowie non sono cantati da attori prestati al canto, ma nei suoi protagonisti principali da cantanti-musicisti prestati alla recitazione, come lo era appunto David Bowie nel suo oscillare tra il mondo della musica e del cinema. Quale perfetto interprete italiano del migrante interstellare Thomas Jerome Newton se non il versatile Manuel Agnelli, unico artista italiano capace di una dizione e interpretazione del cantato inglese degna del Duca Bianco. Manuel Agnelli è perfattamente accompagnato da una band di straordinari musicisti (Laura Agnusdei, Jacopo Battaglia, Ramon Moro, Amedeo Perri, Giacomo “ROST” Rossetti, Stefano Pilia, Paolo Spaccamonti, sostituito in alcune repliche per difficoltà personali) che offrono arrangiamenti più dinamici di quelli dell’originaria versione inglese, amplificando ed esaltando la drammaturgia rock dello spettacolo. Notevole è anche la performance di Casadilego, nei panni di una ragazza misteriosa dai capelli verdi che appare nei fantasmi di Newton. La scenografia dello spettacolo sarebbe piaciuta sicuramente a Bertolt Brecht perché la scena non deve incarnare un avvenimento ma lo deve narrare, stimolando azioni decisionali nello spettatore. In tal senso ogni scena ha valore in sé, senza che il suo significato sia correlato alla scena seguente. Non esiste una linea retta che collega gli avvenimenti, ma solo delle linee curve e salti tra una sequenza e l’altra. In questa chiave vanno letti tutti i segmenti teatrali di Lazarus, una frammentarietà indotta dal flusso di coscienza del protagonista che impersonifica proprio il punto d’incontro tra Newton l’alieno di Nicolas Roeg e Baal ovvero l’antieroe alcolizzato proprio di Brecht (due opere note al Duca Bianco, attore protagonista del film The man who fell to earth nel 1976 e del teledramma serie Baal di Alan Clarke trasmesso sulla BBC nel 1982). Resta memorabile la piattaforma circolare che ruota su se stessa, uno splendido richiamo all’instabilità mentale acuita da alcol e morfina e così meravigliosamente rappresentata da un Agnelli barcollante e decadente, attanagliato dal tormento del ricordo e della fuga verso un altrove lontano. Allegorici e magnetici sono anche gli schermi disseminati sullo sfondo a rappresentare la psicosi indotta dai media, tema tanto caro a Bowie. Parte essenziale dello spettacolo è una stanza che pare sospesa, minimalista simbolica, dove si alternano le vicende più torbide dell’inconscio come occasioni per veicolare con lo strategemma dello sdoppiamento una serie di temi costanti della musica bowiana: l’invecchiamento, il dolore, l’isolamento, la perdita dell’amore e l’orrore del mondo. Figure come l’assistente Elly (straordinaria Michela Lucenti) e Valentine (incredibile Dario Battaglia), l’alterego sadico warelliano dell’alieno, si muovono in quella stanza ricordando gli uomini-coniglio di Inland Empire di David Lynch, altro incontro artistico fondamentale di Bowie. Geniale è il ruolo della stanza sospesa quando consente la doppia presenza scenica di Netwon:  il vero Manuel Agnelli è nella stanza mentre un finto Newton  (un attore con la maschera) ruota sul palco. Il Lazarus italiano è ricco di sorprese, di simbolismi che coinvolgono lo spettatore in una tempesta quasi sinestetica, rappresentando un’opera rock del subconscio, presentando l’affresco autobiografico contemporaneo di uno degli artisti più completi che abbiamo avuto nel secolo scorso, l’unico capace di interpretare e sentire i nostri tempi malati in ogni decennio che ha attraversato nella sua vita da alieno caduto sulla terra, così audace da osservarci e forse compiangerci in una pantomima rock.

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