“La nostra progettualità si basa sull’assoluta non progettualità”, parola di Marco Caligiuri, batterista del combo partenopeo, che riassume in questo efficace aforisma alla Oscar Wilde la poetica e l’approccio scanzonato alla musica dei The Collettivo, giunti finalmente alla pubblicazione della loro terza fatica, pronta dal lontano 2018 e rinviata più volte, dopo aver snocciolato alcune tracce lungo la strada, fino a modificare con grande autoironia il titolo in Do you like fish? Vol. 2, saltando a piè pari un fantomatico o dimenticato primo episodio destinato a rimanere inedito (ma chissà che la band non torni sui propri, imprevedibili, passi). Resta immutato rispetto ai primi due album il solco di anarchico punk, per la gioia di Sollo e le sue radici musicali, entro cui sguazzare allegramente seminando ritmiche solari come nelle strofe ska di Queen of Bagnoli, una One step beyond che si rilassa con strafottenza sotto il sole del Golfo, aperta dai power chords del dinamico refrain. La radiocronaca del secondo scudetto del Napoli (1990), messa nella giocosa coda strumentale sembra il pretesto colto dalla band per pubblicare l’album tenuto nel cassetto tanto a lungo proprio ora che la gioia compressa di trentennale attesa è esplosa travolgente in ogni angolo della città. Con in mente le chitarre pulite e dinamiche dei Cure di Boys don’t cry e degli Smiths di This charming man, la sua ritmica spensierata in netto contrasto col testo di gioventù disperata e squattrinata cantato dal timbro scuro di Morrisey, principale riferimento vocale di Sollo, Kill me tonight aggiorna con leggerezza contagiosa il sound della new wave. Territorio esplorato anche dalla seguente Chlorophyll, che trasporta quelle linee vocali e quelle strutture armoniche in pieno mediterraneo, al ritmo di percussioni africane, affilate corde mediorientali, fiati e cori esotici che svaporano tra le sabbie del crepuscolo. Vampire accende una macina rotante che ruota forsennata colpendo violenta tutto il set di batteria e percussioni della band, spinta da un basso pulsante come le pale di un elicottero in picchiata, terrificante suono di una angosciosa notte di caccia metropolitana, affamati del sangue caldo dell’amore. E con amore irriverente Believe porta in una dimensione elettro punk la drammatica God di John Lennon, che rinnegava con nichilismo solo apparente ogni possibile credo ad esclusione di quello nella propria capacità di andare avanti dopo lo scioglimento dei Beatles. La canzone è dissacrata al punto da divagare con parodie di spot pubblicitari affidate alla follia di Gino Fastidio, mentre Sollo canta sopra le righe scimmiottando Elvis, salvo ruggire con foga brutale nel ritornello urlante. Introdotta da flanger trasognati e bagliori allucinogeni, I walk the line è quanto di più lontano si potesse immaginare dal celebre omonimo brano di Johnny Cash, che pure deve aver avuto un’influenza significativa nella formazione vocale di Sollo, la sua trascinante ritmica anni ’80 trasforma il ritornello in un ballo di gruppo scalmanato, che pare una coreografia d’ultraviolenza kubrickiana. La tagliente rotta di collo di Talk show schiaccia l’acceleratore a tavoletta con sfrenati ritornelli surf degni dei Beach Boys su chitarre punk che arrivano direttamente dal ’77 londinese, da cui salta fuori una coda da urlare a squarciagola correndo di notte per strada. Perfect suicide, recuperata dalle sessioni della prima ciurma di Capitan Capitone dov’era succulenta ghost-track, porta nel cuore della casbah partenopea i Cure di Doubt, con sassofoni furiosi, urla indemoniate, percussioni strappaviscere, danze tribali, duelli all’arma bianca e ferite mortali. Cambia tutto nel finale, che suona come l’ultimo omaggio a Morrisey declinato in soffuso mood introspettivo, da giorno di pioggia e malinconico calore domestico, grazie alla produzione misurata di Michele Signore che dona ad Outside my window una malinconica magia acustica. La nostra recensione dell’album d’esordio dei The Collettivo si concludeva dicendo “Live sono incendiari!” E non vediamo l’ora che appicchino il fuoco.
PS a riprova della non progettualità anarchica del gruppo, pubblichiamo così come li abbiamo ricevuti da Caligiuri i credits dell’album, a suo dire “attendibili al 65%”.
Credits
Label: Materia Principale – 2023
Line-up:
Michele Signore: Violino e strumenti di ogni tipo, voce
Daniele Sepe: Sassofono di qualche tipo, Flauto anch’esso di qualche tipo, voce
Maurizio Capone: percussioni e voci
Piero Gallo: mandolina
Daniele Rossi: pianoforte, tastiere ed altro
Fredy Malfi: batteria
Enrico Del Gaudio: batteria
Enzo Pinelli: batteria
Dario Sansone: voci
Claudia Domestico: voci
Gino Fastidio: overture vocale
Andrea Tartaglia: voci e qualcos’altro di certo, regista
Alfonso D’Auria: regista, cantante, attore ed altro
Roberto Colella: sicuro voci
Giovanni Schiattarella: batteria e voci da qualche parte
Ennio Frongillo: Guitar Hero
Giuliano Falcone: voci
Francesco Di Palme: chitarra acustica
Enzo Metalli: voci
Diego Abbate: registrazione e voci, chitarre quasi sicuramente
Adriano Caligiuri: magnate e regista
Gianluca De Majo: regista, attore, cantante e bell’uomo
Careca: oracolo
Pino Ciccarelli: Sassofono, clarinetto e qualcos’altro ma che sicuro doveva somigliare ad un trombone ma che non lo era
Fabrizio Fedele: registrazioni 100 100 di Pino Ciccarelli
Salvio La Rocca: percussioni
Claudia Petino: voci
Sarà Sgueglia: voci
Diego Spasari: registrazioni di tante cose
Carmen Camerlingo: voci ed aiuto alle registrazioni
Federico Vezzo: voci
Matteo Cantaluppi, Giuseppe Innaro, Carlo di Gennaro, Stefano Formato: fenomeno nell’arte della miscelazione
Alessio Saiia, Gianluca Capurro, Alessio Sollo, Raffale Vitiello, Luca Caligiuri, Marco Caligiuri: gli altri
Tracklist:
- Queen of Bagnoli
- Kill me tonight
- Chlorophyll
- Vampire
- Believe
- I walk the line
- Talk show
- Perfect suicide
- Outside my window
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